mercoledì, novembre 15, 2006

sono affari di famiglia

Apprendo da Hazman veHaiaron che a Roma per Kippur “ci si è incontrati” in una casa privata. È stato condotto un rito di Kippur leggendo da Siddur ortodossi e Reform (non dal Machazor?), arricchito dalle personali riflessioni dell’officiante e da brani di vari autori. In conclusione, si è “confluiti, secondo il programma, nelle sinagoghe di Roma”. L’articolo è pubblicato nella rubrica “Vita dell’ebraismo progressivo in Italia”. Per come ricordo io, noi progressivi italiani eravamo fieri di poter dare la possibilità alle famiglie di riunirsi sotto il talled proprio in questo momento. Di mantenere l’antichissimo uso, che i rabbini ortodossi vogliono definitivamente proibire (affezionati come sono alla segregazione delle donne).
Forse a Roma esiste in Italia un gruppo di ebrei progressivi che ambisce a celebrare in una sinagoga ortodossa il momento più solenne dell’anno ebraico, la berakhà di Kippur. Ma che gruppo è? Ne fanno parte, apprendo dall’articolo, “giovani, in parte ebrei romani, in parte correligionari americani che vivono o soggiornano nella capitale, in parte correligionari e aspiranti proseliti venuti da altre città, in parte ancora amici cristiani a noi vicini”. Davvero interessante, ma a chi corrisponde questo “noi”? E’ un gruppo progressivo o ortodosso? Come è stato stabilito questo “programma” - patchwork, che prevede di concludere Kippur tenendo le donne separate dagli uomini? Con una votazione democratica? Quale è la vita interna di questo gruppo romano che sta sotto la rubrica progressiva ma che frequenta sinagoghe ortodosse? (Pare che anche a Milano Lev Chadash soffra di una certa allergia nei confronti delle procedure democratiche)
L’ultimo congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha raccomandato al Consiglio “l’avvio di una indagine conoscitiva che possa portare ad un tavolo di confronto” con le “realtà ebraiche non ortodosse” e Lev Chadash ha plaudito, sostenendo che così l’UCEI “viene incontro alla nostra volontà di esser parte, con le nostre caratteristiche, della compagine unitaria dell’Ebraismo italiano”. Quali sono queste caratteristiche? Concludere Kippur facendo numero nelle sinagoghe ortodosse?
Viene da chiedersi se la “compagine unitaria” di cui si vuole far parte sia tout court l'Ebraismo ortodosso - vale a dire: quei signori che santificano lo Shabbat incendiando i cassonetti contro i diritti dei gay. A ben vedere, a Roma molto sembra lasciato all’iniziativa di una singola persona, certamente benintenzionata e di buone letture: è da un po’ di tempo che pare aver scoperto Mordechai Kaplan. Questi conduce (da solo!) tutto un rito, con elementi progressivi, liberali, ricostruzionisti ed ortodossi e per la conclusione si fa accompagnare da correligionari e aspiranti proseliti in una sinagoga ortodossa, estendendo a loro la “commossa benedizione” riservata i membri della sua famiglia. Più che una havurah, sembra un gruppo dedito al culto del Vero Ebreo: un modello carismatico ha poco a che vedere con la democrazia.

P.S. Una nota a parte andrebbe riservata per questi “aspiranti proseliti”, che chissà a cosa aspirano; e chissà in qual modo si pensa di andare incontro alle loro aspirazioni…

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