sabato, marzo 29, 2008

a proposito di profughi

giovedì, marzo 27, 2008

politica e religione

Lo studente ha tra le mani un libro di Israel Eldad, intellettuale guida del sionismo nazionalista. Il professore, rabbino Reform, è un habitué delle manifestazioni contro il muro di separazione e negli ultimi mesi ha iniziato a definire Israele "uno Stato avviato sulla strada dell'apartheid".
Professore: Cosa è quella roba?
Studente (con aria colpevole): E' per un paper che starei scrivendo...
- Su cosa?
- Nazionalismo, la banda Stern...
- Dal solito punto di vista liberal che è di moda da queste parti, suppongo. (professore sbuffa)
- Beh sì, l'autore del paper sono io, credo si vedrà il mio punto di vista. Anche se le biografie di questi pazzi sono comunque interessanti, come testimoni della loro epoca, voglio dire, non certo dal punto di vista ideologico...
- Sai che noia.
- Prego?
- Io e te non abbiamo mai parlato di politica e quando ti ho visto con quel libro in mano mi ero fatto l'idea che tu fossi uno di destra. E che la tua presenza in questa scuola significasse che noi Reform iniziavamo ad interessare anche alla gente di destra, quelli che qui chiamiamo "i prìincipi" del Lehi, poi Likud... Che sarebbe interessante. Magari si potrebbe persino imparare da questa gente. Ideologicamente hanno vinto loro. Israele di oggi assomiglia molto di più a quel che immaginava Jabotinsky che a quel che sognava Ben Gurion.
- Veramente qualche nome di quel "giro" io qua lo ho sentito, e ne ho pure incontrati. Per esempio la rabbina X è la nipote di [nome di importante intellettuale sionista revisionista]; e poi il presidente della congregazione Z è imparentato, mi dicono, con [nome di politico di destra noto per la sua verve contro gli ortodossi].
- Ah già. Il nuovo presidente di Z. Beh, magari sta già succedendo. E' una buona notizia. Quando riconsegni il libro in biblioteca fammi sapere, vorrei dargli una occhiata anche io. Credo che noi Reform dovremmo essere capaci di farsi ascoltare anche da certi circoli, in questo Paese. Potrebbe essere un modo per crescere.

Roba che succede solo qui.

mercoledì, marzo 26, 2008

at the Fiera dell'Est

Passato Purim si pensa a Pesach.

martedì, marzo 25, 2008

ma anche

Finii la tesi di laurea in una estate degli anni Novanta e il calendario accademico era quel che era, così la dovetti discutere in novembre. Mi presi un po' di tempo e venni a fare un (altro) giro in Israele. Mi accompagnava l'idea di trovare "lo specifico ebraico", che peraltro mi aveva inseguito anche durante la tesi di laurea - esiste uno specifico ebraico nella storia degli ebrei? O è solo storia di vittime, nel mio caso dell'Inquisizione? Così ho passato un po' di tempo con gente che aveva chiarissime idee sulla distinzione tra occidentale ed ebraico e la democrazia, secondo loro, entrava a far parte della prima categoria. Avevo idee diverse, e ora le ho un po' approfondite, per esmepio credo che l'ebraismo abbia contribuito non poco al sorgere della democrazia e mi accompagno a persone convinte che ebraismo e modernità non siano due pianeti diversi.
Però voglio spiegare come mai ero finito in così strane compagnie. Era finito il mio servizio civile, che è andato come ho già raccontato, e mi ero imbattuto in un atteggiamento intllettuale molto comune, quello del Ma anche. La conversazione di solito inizia quando qualcuno ti pone domande su cosa fanno gli ebrei in una data cosa, poniamo il Sabato, tu rispondi con una spiegazione piuttosto cortese e l'interlocutore Ma anche noi cristiani, o i pigmei, o gli indigeni della Papuasia, fanno così. E il sottinteso è: perchè darvi tanta pena di distinguervi da noi, perché vi ostinate con il vostro bizzarro Sabato e non festeggiate la domenica come tutti? Poteva essere lo Shabbat, la circoncisione, il monoteismo, la cucina senza cibo lievitato dieci giorni all'anno, costruire la sukkah, digiunare a Kippur, era tutto un Ma anche.
Che poi non è mica limitato alla mia amara esperienza della gente che ho conosciuto durante il servizio civile: mi è capitato di raccontare come la penso sui matrimoni interconfessionali, per sentirmi dire che ma anche i sardi preferiscono sposarsi tra di loro. O di spiegare come funziona la carriera di rabbino e, per tutta risposta, mi è stato detto che ma anche i cattolici mandano i figli in seminario. Ci sarebbe la piccola differenza che un prete non è un modello per tutti, perché non ha una vita sessuale, al contrario delle persone comuni, ma questa evidentemente sfugge. Come sfugge il fatto che gli ebrei non hanno una Chiesa, con gerarchia e papa. L'episodio più impagabile è stato quando una vicina di casa ha suonato, dice lei per sbaglio (slikha), si è attardata a chiaccherare di figli con mia moglie, è dovuta correre a prendere della roba e ha chiesto a mia moglie di dare un occhio al bambino per dieci minuti. Ed è da allora che abbiamo delle ottime relazioni con questa signora e i suoi nipotini, relazioni fatte di slikha, di porte sempre aperte, di ebraico con diversi accenti (latino il nostro, irakeno il loro) e di bambini che si conoscono. Tu vai a raccontare queste roba a un amico via ICQ e quello ti commenta che ma anche i napoletani ed i portoricani.
Ecco, io di questo Ma anche, che ora come ora mi causa solo una lieve irritazione, ero davvero un po' stufo, perchè dietro c'era attaccato molto malanimo, molto "ma cosa rompete i coglioni a fare, non vi basta che vi abbiamo regalato uno Stato". Per questo ero finito a cercare qualcosa di autenticamente ebraico: mica lo ho trovato, ovviamente; però ho imparato molte cose, pure in quella compagnia bizzarra. E nel frattempo ho notato che tutti quelli che commentano il poco di ebraismo con cui vengono a conoscenza, con uno dei loro antropologici Ma anche non stanno affatto indicando un fondo di umanità comune che travalica tutte le differenze culturali, perché a un sardo, a un cinese, a un napoletano o a un portoricano non direbbero mai che Ma anche gli ebrei. Figurarsi a un palestinese.

domenica, marzo 23, 2008

דב דניאל בן נחום ושרה

Signore e signori, ecco a voi la ragione principale di festeggiamenti. Lo aspettavamo a fine marzo, ma evidentemente ci teneva moltissimo a farci felici, così il 23 di febbraio è nato il primo sabra della nostra famiglia.
Siamo riusciti a dargli un adeguato benvenuto nella settimana di Purim, una festa che da adesso in poi sarà per noi ancora più bella. Possa egli fiorire insieme a noi, e possiamo noi tutti ballare al suo matrimonio.
















Qua vedete foto scattate la scorsa settimana. Ce ne è una della משמרה (avete indovinato, è stata la prima Reform della storia) assieme ad amici e compagni di scuola che, a Dio piacendo, verranno tutti al bar mitzvah del signore che hanno conosciuto nell'occasione. E una foto della מילה (che non è stata la prima eccetera), assieme al מוהל e al סנדק -il mio amico Yona.

venerdì, marzo 21, 2008

פורים

Ringrazio il mio amico F. Levi M. per il bel biglietto di auguri, da cui ho piratato l'immagine che vedete sopra.

Si avvicinano le elezioni e (ma come abbiamo fatto a vivere senza) si è scatenata la solita, prevedibile polemica: la destra è amica degli ebrei anche se candida dei fascisti? La sinistra ha davvero chiuso con l'antisionismo? E se al centro c'è Casini, siamo sicuri che non preghi per la conversione degli ebrei? Particolarmente noiosa è la cagnara attorno a Fiamma Nirenstein, che ha pensato bene di candidarsi con la destra -e io, tra uno sbadiglio e l'altro, tiro un sospiro di sollievo: si chiariscono un po' di cose sul suo percorso personale. A sinistra c'è chi ha pensato di sfruttare elettoralmente la faccenda, per due ragioni: la prima è che un ebreo che si candida con chi puzza di fascismo è oggettivamente un piatto succulento - sì, è vero, Ciarrapico puzza di fascismo: peraltro aveva anche pubblicato la traduzione in italiano dell'autobiografia di Begin, quindi non è esattamente un nemico di Israele. E la seconda, che a me fa particolarmente ridere, è l'idea, neanche tanto sottintesa, che gli ebrei abbiano il potere di decretare la vittoria dell'uno o dell'altro schieramento: "sdoganando" gli (ex?) fascisti oppure chiamando alla mobilitazione contro il nazifascismo -anzi, c'è pure chi di questa roba vorrebbe addirittura fare un obbligo morale. Per tutti costoro io ho una notizia terribile: il Dio degli ebrei non è quello delle vignette di Guareschi degli anni Cinquanta, Nel segreto della cabina Dio (o la Memoria) ti vede, Stalin no. Il nostro Dio ha smesso di occuparsi di politica un paio di millenni fa e noi votiamo un po' per chi c** ci pare - proprio come voi, strano, vero?
Sta di fatto che Fiamma Nirenstein è stata raffigurata da Vauro in una vignetta che NON mette insieme la "stella di David" (scusate, lo chiamo così, perché il suo nome originario, Maghen David, sembra sprecato in questa polemica da cortile, così come ogni richiamo all'ebraismo) con la svastica ma con il fascio littorio - che a ben guadare non ci sarebbe niente di strano, visto che la dirigenza dell'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane appoggiò il fascismo in maniera entusiastica, all'epoca. E che l'antifascismo fu impegno di pochissimi - lo riconosce persino Ha Kehillah, che una volta voleva farne una bandiera, di questa identificazione tra antifascismo ed ebraismo italiano.
La Nirenstein, come da copione, se la è presa un sacco. Vauro è uno che gioca in maniera oscena con l'immaginario antisemita: vedi i suoi Gesù bambini avvolti in kefya, o la vignetta sull'autobus esploso a Tel Aviv in cui era difficile distinguere tra ragioni e torti. Non deve essergli sembrata vera la possibilità di querelare chiunque gli dia dell'antisemita, per sperare di potersi presentare, del tutto mondato del terribile stigma (che -si sa- fa peredere le elezioni) certificato da una sentenza in nome del popolo italiano; che poi la stessa magistratura chiuda gli occhi davanti ai berlusconiani conflitti di interessi o a più orridi slogan negli stadi, si sa, è un dettaglio. Improvvisamente la magistratura è diventata, per Vauro e i suoi noiosissimi sostenitori, la fonte autorevole che permette di distinguere tra le vignette degli anni 2000 (in cui si vedono ebrei che uccidono Gesù) da quelle degli anni Trenta (in cui idem).
Scusate: che palle. Che rotonde, sferiche, immense, noiosissime, insostenibili palle. Quanto è lontana tutta questa roba dalla vita concreta degli ebrei reali, dai missili che piovono su Sderot, dalle trattative per il futuro di Gerusalemme, dalle sinagoghe sempre più vuote e dai musei sempre più costosi.
Io ci avrei anche un suggerimento, per quelli che sono interessati. Siamo a Purim, giusto? Ma facciamoci una festa in maschera. A Purim leggiamo la storia del perfido Haman, del suo tentativo di sterminare gli ebrei e della sua miseranda fine, impiccato o impalato (io preferisco pensare che sia la seconda) alle stesse forche che aveva fatto alzare per uccidere gli ebrei, popolo che ai suoi occhi aveva la colpa di "stare sempre per conto suo". Ma travestiamoci da Haman, che diamine! Qualcuno vuol venire con la kefyah (made in China) attorno alla capoccia, e ben venga! Qualcun altro vuol venire vestito da Vauro, da Dacia Valent, da Oliviero Diliberto, con il distintivo di Hezbollah (partito-perfettamente-legale)? E che faccia pure, voglio vederli i compagni che ci querelano perché noi ci si diverte, e poi vanno in tribunale a spiegare che secondo loro gli ebrei possono tenere i festeggiamenti per Purim solo se non offendono quella che secondo loro è la Memoria della Resistenza. Io per l'occasione mi travestirei da D'Alema, con indosso una urna elettorale e pitturato fuori il simbolo di Hamas e la scritta: "Hanno vinto le elezioni... loro".
Davvero non capisco perché e quando abbiamo perso la capacità di ridere dei nostri nemici; ooops, pardòn, degli equidistanti tra lo Stato degli ebrei e quelli che lo vogliono spianare e che vanno a braccetto con terroristi islamici e nazifascisti. Trovo anzi che questa incapacità di ricorrere a una bellissima parte della nostra tradizione sia un pericoloso sintomo di assimilazione.
E ora beccatevi questo video, assieme ai miei auguri. Che qui a Gerusalemme Purim quest'anno dura tre giorni, a me gira ancora la testa per la bevuta di ieri, e stasera si ricomincia.



Per le persone serie, invece, qui trovate un bellissimo pyut per Purim. Viene dal repertorio della comunità ebraica sefardita siriana di Gerusalemme, che sta qui da più di un paio di secoli E ovviamente Purim sameakh a tutti, pure a Fiamma Nirenstein. A Vauro no, non è ebreo e non sa che significa.

mercoledì, marzo 19, 2008

globalizescion


Interrompo la settimana di festeggiamenti per darvi una notizia. La Cina è attualmente il maggior produttore mondiale di kefieh. Con l'apertura delle relazioni commerciali tra Israele e Cina, i produttori tessili palestinesi hanno fatto come tutti i loro colleghi di ogni parte del mondo: hanno delocalizzato. Per qualcuno che sta in Italia deve essere un brutto colpo scoprire che in questo lager-a-cielo-aperto-che-è-diventata-la-Palestina-dopo-sessanta-anni-di-occupazione-nazisionista ci sono imprenditori ed operai (una volta c'erano pure gli schiavi negri, poi il sionismo ha fatto finire l'antica usanza). Fatto sta che, da una decina di anni, le kefie che adornano il collo degli antisionisti sono prodotte in Cina e non nelle città palestinesi, dove vengono spacciate ai nostrani pollastri solidali & resistenti. Notizia completa qui.
Girando per Meah Shearim in questi giorni si vedono in vetrina un sacco di kefieh rosse, perché evidentemente ai haredim piace travestirsi da palestinese per Purim (Haman in kefyah, uhm...), e mi chiedevo se non ci fosse dietro qualche altra fantasiosa alleanza, tipo quando un rabbino integralista faceva il ministro della religione per il governo di Arafat.
E invece la politica e il sionismo non c'entrano niente. זה שוק, è il mercato, bellezze - bellezze, poi, per modo di dire, io in Italia non ho mai visto una kefyah attorno al collo di una bella donna, deve essere un modo per mimetizzare tratti genetici imbarazzanti.

sabato, marzo 15, 2008

שבוע תוב

Ho un rapporto tutto particolare con Purim. Il primo lavoro che ho pubblicato riguardava un processo dell'Inquisizione in cui gli imputati parlavano di Purim. Il primo libro che mi è capitato di recensire trattava, appunto, di Purim. Per Purim, nel 2004-5764, abbiamo fatto tornare a vivere, per la prima volta dopo quasi un secolo, una antica sinagoga emiliana, assieme a ragazzi di tutta Europa. E in questa settimana di Purim succederanno cose bellissime per me e mia moglie.
So che devo ancora finire di raccontare la brutta storia della moderazione di un gruppo di discussione ebraico affidata a un fascista; so che devo una risposta ad Ale, che mi ha scritto tempo fa per riprendere una discussione su Francia e laicità, e come se non bastasse ho trovato un bel saggio a proposito del Betar nel ghetto di Varsavia (eh sì, c'erano anche loro) che merita assolutamente di essere conosciuto.
Di tutto questo parlerò quando questa settimana sarà finita. Stay tuned, Purim sameakh e Shavua tov.

lunedì, marzo 10, 2008

loro ridevano



Mi ero imbattuto in queste fotografie tempo fa, mi ero scordato di bookmarkarle, perché uno ha sempre il desiderio di rimuovere certa roba. Adesso ne ha parlato anche il New Yorker (qui) le ho ritrovate. Questa è gente che ride, è felice, fa delle belle gite e si rilassa. Ad Auschwitz.

domenica, marzo 09, 2008

appartenenze

Non lo nascondo: la yeshivat Mercaz ha Rav è sideralmente lontana dalla mia concezione di Ebraismo, per una serie innumerevole di ragioni. Ma non nascondo nemmeno che ho degli amici che studiano lì. Che ci sono persone che mi sono vicine che hanno il cuore pesante, perché qualcuno dei loro cari è in pericolo di vita - o anche non c'è più.
Come può succedere una cosa del genere, legami tanto profondi tra persone tanto diverse? Succede che le famiglie ebraiche che vivono a Gerusalemme sono molto ramificate, e i rami attraversano anche le enclaves sociali di cui è composta la società israeliana. Che è una società in cui i sefarditi frequentano prevalentemente sefarditi, i secolari (hilonim) frequentano i loro simili, i sionisti religiosi pure. Però i legami familiari fanno sì che almeno una volta alla settimana (di solito di venerdì sera) ci si segga, letteralmente, attorno allo stesso tavolo. E da queste occasioni nascono amicizie e legami. Oppure capita di studiare/lavorare assieme, e anche da queste frequentazioni escono legami. Questa, piaccia o meno, è una società ebraica e pluralista e i due aggettivi sono sempre andati insieme, da che mondo è mondo.
Lo so che è difficile da capire. Il sogno di molti "pacifisti" è di rompere questi legami, di aggravare i conflitti, di tirare su barriere, fatte anche di boicottaggi dei prodotti che provengono da certe aree geografiche - di solito questi pacifisti sono gente che non è quasi mai uscita da Manhattan e sinceramente non capiscono per quale diavolo di ragione un ebreo nato in Marocco abbia lasciato la meravigliosa convivenza di laggiù per venire a vivere qui.
Lasciatemi dire che non ci credo. Che credo alla forza del pluralismo e dello scambio, alla capacità della parola e del dialogo, alla disponibilità a cambiare idea. Tutte cose che sono possibili se questi legami vengono mantenuti.
Con i miei amici per i quali sono preoccupato ho passato lunghe serate a discutere di Torah e di ebraismo. Uno di loro divide in maniera netta tra ebraismo e umanesimo, e ovviamente io per lui sono un seguace del secondo, pretendo di misurare l'ebraismo con un metro che gli è estraneo. Io invece ritengo che quel metro venga proprio dalla nostra tradizione, la quale conosce momenti in cui una mitzwa, o addirittura un princìpio, ne annulla un'altra. Abbiamo discusso di matrimonio. Di matrimoni gay, materia su cui dissentiamo in toto; e di matrimoni tra ebrei e non ebrei; dissentiamo anche su questo, ma eravamo sul punto di trovare un compromesso, per poi buttare all'aria tutto e ricominciare daccapo. Dissentiamo su tutto. L'ebraismo progredisce (dico io) o si mantiene in vita (direbbe lui) per questo genere di discussioni. Sarebbe una tragedia se dovessimo finire.
Quello di cui mi sto rendendo conto, abitando qui, è quel sottile legame che mi unisce a persone diversissime da me, che rende impossibile superare i "test" così comuni in Italia: ti senti più ebreo o più italiano? Ma come, sei di sinistra e non prendi le distanze dal cugino della moglie di uno che ha un fratello che è un colono? La prima risposta è che prendo le distanze e voglio il diritto di dirlo al colono senza coivolgere suo fratello e il resto della famiglia e voglio anche concedere al colono il diritto di cambiare idea e progetto di vita e magari anche lo spazio per essere ascoltato. La seconda risposta è che si tratta di una roba tra ebrei e tra persone che condividono l'appartenenza allo stesso movimento politico, il sionismo. E che mi risulta sempre più difficile capire come mai persone che non sono ebrei e manco sionisti, fremano dal desiderio di prendere parte in un dibattito interno a un movimento di cui non condividono gli obiettivi.

sabato, marzo 08, 2008

nostalgie

Alzi la mano chi non ha mai, ma proprio mai, nemmeno una volta, avuto nostalgia degli anni Ottanta.


venerdì, marzo 07, 2008

6 marzo 2008 - כט אדר א 5768

Io ho poco da dire, perché a questo punto credo che sappiate tutto. L'attentato è avvenuto al di qua della linea verde, si dice che i terroristi usassero armi in dotazione alla polizia palestinese; deve essere il modo in cui il moderato Abu Mazen sta trattando sul futuro di questa città.
A Gaza si sono viste le prevedibili scene di giubilo. Per favore, qualunque sia la vostra opinione su questo conflitto, cercate di ricordare che gli israeliani non festeggiano mai, nemmeno quando il nostro esercito riesce ad essere preciso e uccide solo terroristi e nessuno dei civili in mezzo a cui i terroristi si nascondono.
Noi stiamo bene. "Il Mercaz haRav non è il genere di scuola in cui studiano i Reform" ha commentato una mia compagna, all'ennesima telefonata dall'Europa - telefonate e mail per cui vi siamo grati, sia chiaro.

Invito tutti i lettori che possono raggiungere Gerusalemme, soprattutto gli israeliani, a farsi vivi entro breve, ho da invitarvi a un giorno speciale. Anzi due.

Vorrei che leggeste alcuni dei messaggi che sono stati postati alla mia attenzione in forum pubblico, nelle ore immediatamente successive all'attentato di ieri sera.
- "Tu preferisci cantare la solita stonata litania su Israele minacciato e negato nel diritto di esistere che deve difendersi dai palestinesi. Sei un falso, quindi, con priorità nazionalistiche da far paura; che affidi alla potenza militare della nazione un ruolo fondamentale" (elettore DS, con il pallino delle analisi sul potere religioso ebraico che impedirebbe la pace nel mondo intero)
- "E' inutile trattare con voi, visto come state riducendo i loro fratelli di Gaza (...) non vi bastano i 54 civili della settimana scorsa? Ah già, sono goym...." (elettore di Rifondazione)
- "Comunque un bel colpo e troppo poco in confronto a quello che sion ha fatto a gaza" (frequentatore anonimo, con il pallino del razzismo ebraico peggiore del nazisti)
- "Anche gli assassini sono uomini (...) Mica si muore solo a Gerusalemme." (ricercatore universitario di area DS, sempre molto vigile contro il razzismo antislamico)
- "Se l'esercito ebraico non avesse occupato territori non israeliani, se l'esercito ebraico non avvesse e continua a compiere strage di civilicompiesse stargi di civili in proporzioni ben maggior e molto piu' frequenti, se non avesse costretto un popolo a vivere in una enorme prigione a cielo aperto molto probabilmente questa strage e altre stragi sarebbero state evitate. Chi di spada ferisce di spada perisce" (neofascista italiano residente in Nuova Zelanda)
- "C'è solo un rapporto di 100 a 1 di palestinesi civili uccisi" (militante dei Comunisti Italiani)
- " Ma allora è vero! Chi di spada ferisce, di spada perisce... Ogni tanto assaporate quello che provano le famiglie delle vittime palelstinesi" (nickname che spesso posta gli scritti della ex parlamentare comunista Dacia Valent).

Una mia amica ha scritto un bellissimo messaggio sul suo blog, che ora vi traduco:
"Non posso evitare di ricordare la sparatoria di Seattle. E, siamo sinceri, i due eventi sono collegati tra loro. Giusto per rinfrescarvi la memoria: la scorsa estate un uomo di religione islamica è entrato nell'edificio della Comunità ebraica di Seattle, ha urlato qualcosa come: "Sono musulmano e odio Israele!" e poi ha aperto il fuoco, uccidendo una persona e ferendone tre.
Ho passato gli ultimi mesi, forse gli ultimi anni, cercando di convincere amici e parenti che Israele è un luogo sicuro. Che non è lo scenario di guerra che state vedendo -adesso- alla CNN. Spegnete la TV, per favore. I mass media hanno le loro conclusioni pronte da tempo e stanno solo preparando la scena per esibirle. Sto divagando, scusate... Dicevo che ho passato mesi e forse anni, cercando di rassicurare tutti a proposito di Gerusalemme: "i problemi sono al Sud", dicevo durante l'evacuazione da Gaza. Oppure: "il casino è su, al Nord", durante la guerra in Libano. Gerusalemme è sicura, Gerusalemme è protetta. Bhé, come mi dice lo SMS di una amica: sicura è un termine relativo.
Non so bene cosa voglio dire questa sera, solo che sono profondamente triste. Io amo questo Paese. Io adoro questa città. Questa città che rende pazzi. Sono una donna che studia per diventare rabbina e qui, questo, può essere alienante. Mentirei se dicessi che vivere a Gerusalemme mi ha reso più comprensiva verso le motivazioni degli ortodossi o le condizioni in cui vivono gli ultra-ortodossi. E' successo l'esatto opposto, invece. Ero giunta alla conclusione che le cose che dividono noi ebrei sono più di quelle che ci uniscono: un pregiudizio, lo so, ma mi ci trovavo bene, o quasi. Poi succede che uno uccide qualcuno di loro, di quella gente, la mia gente, nella mia città, nel mio Paese, in casa mia. Che queste vittime mi includano nello Am Israel, nel popolo di Israele, non mi importa. Per me, questo attentato contro di loro è, essenzialmente, un attentato contro ognuno di noi.
Ho acceso la radio, sintonizzata su Galgalatz, la radio dell'esercito. Galgalatz di solito trasmette un mix piuttosto eclettico di musica - ma questa sera ho capito cosa significa quando la radio trasmette la tristezza di una intera nazione. Insieme a tante melodie tristi, ho riconosciuto Blowin in the wind di Bob Dylan. Questo non è un paese di gente che vuole la guerra, non è nemmeno un paese di gente che odia il proprio vicino. Questo è un Paese abitato da due popoli che vogliono vivere. Da gente che è stanca di veder morire i propri figli. (...)
Qui trovate la preghiera per la pace di Israele, che mi balla in testa da ore. Grazie per aver letto fin qui. Arrabbiatevi. Siate tristi. Siate furibondi. Solo, non siate indifferenti e non state a credere troppo ai media: la situazione non è in bianco e nero.
אבינו שבשמים צור ישראל וגואלו. ברך את מדינת ישראל ראשית צמיחת גאלתנו
"Nostro Divino Custode, Roccia e Redenzione di Israele, benedici lo Stato di Israele, che rappresenta il principio della nostra liberazione. Proteggilo con il Tuo immutabile amore, e stendi su di esso la protezione dalla pace.
Illumina della Tua luce e della Tua verità i governanti e i consiglieri, ispirali ai migliori consigli, affinché comprendano la giustizia del nostro retaggio. Rafforza la mano di chi costruisce e protegge la terra a Te sacra. Fa crescere in mezzo a noi libertà e giustizia, tolleranza e compassione; leva da noi odio e avversità. Sii vicino a tutto il popolo di Israele nelle terre in cui vive. Sia dato a tutti noi di unirci per testimoniare la Tua verità e la Tua volontà, di vivere in pace con i vicini e di tradurre in realtà l’antica visione: Nazione non alzerà più la mano contro altra nazione, né si insegnerà più la guerra ai bambini".

martedì, marzo 04, 2008

bombe? niente di nuovo

Il 22 febbraio 1948, alle 6.30 di mattina una auto carica di esplosivo saltava in aria a Gerusalemme, all'incrocio tra rehov Ben Yehuda e rehov Hillel (come si sarà capito, nella parte ebraica della città). Gli attentatori erano due disertori dell'esercito britannico e un palestinese. Erano stati addestrati da Fawzi el Kuttub, che aveva ricevuto la sua formazione assieme alle SS musulmane, nei Balcani. Scopo dell'attentato era causare panico nella popolazione ebraica e far fuggire gli ebrei da Gerusalemme. Morirono più di cinquanta persone. Ali attentatori il Muftì aveva promesso una ricompensa di mille sterline.
Vi ricorda qualcosa? Maggiori informazioni qui.


domenica, marzo 02, 2008

Ein Kelohenu

lacerazioni

La notizia rischia di passare inosservata in Italia: un gruppo di rabbini ortodossi americani ha deciso di organizzare propri tribunali rabbinici, per decidere questioni come la conversione e la kasherut. E' una aperta rottura nei confronti del Rabbinic Council of America, l'organizzazione rabbinica ortodossa USA, che i fondatori di questo gruppo (Marc Angel, tra gli altri) reputano in preda a una haredizzazione non più tollerabile. Si fa quindi più concreta la possibilità di avere prodotti che sono considerati kasher da alcune autorità rabbiniche e non da altre, con le inevitabili conseguenze economiche; e anche quindi conversioni ortodosse che non sono riconosciute da altri rabbini ortodossi. Di tutto questo avevo già parlato. Qualcosa già succede, vedi ad esempio la storia di una cittadina italiana, convertita in Italia dai rabbini Laras, Richetti e Bahbout, che si sta vedendo rifiutata la cittadinanza israeliana, perché probabilmente la sua conversione non è ritenuta valida dai rabbini israeliani. Ne parla la rivista Jerusalem Report, nel numero del 18 marzo, sfortunatemente non on line.
La lacerazione in atto nel mondo ortodosso riguarda non solo dettagli (che poi tanto dettagli non sono) come la kasherut e i criteri in base ai quali riconoscere la serietà degli aspiranti alla conversione. Più in generale è in gioco l'atteggiamento verso la modernità: i haredim, cercano le occasioni di scontro in cui possono mostrare sia un atteggiamento intransigente (rendere impossibile la conversione) sia una autosufficienza economica (riguardo al mercato dei prodotti kasher, per esempio). Il loro grido di battaglia è: "ogni innovazione è proibita dalla Torà", l'icastico e aggressivo manifesto ideologico del Chatam Sofer. E per innovazione si intende qualsiasi variazione dello stile di vita e dell'ordine di valori caratteristico dell'Europa Orientale pre-Illuminismo.
Sì, certo, sono quelli che piacciono molto al pubblico italiano, che se li immagina miti suonatori di klezmer o sognatori comunisti. Che è un articolo di gran moda, presso gente che non ha mai conosciuto un ebreo in vita sua: il venditore è un sefardita mica per niente. Il fatto è che la aggressiva crescita di questo fondamentalismo contrario alla modernità e al sionismo sta infastidendo non poco i settori liberali dell'ortodossia che, appunto, si organizzano fino a sfiorare la scissione dalle istituzioni più rappresentative.