Tra le tante belle cose che l'Illuminismo ha dato al mondo, e anche agli ebrei, c'è l'idea di
Uomo universale. Funziona più o meno così: gli esseri umani sono dotati universalmente di
Ragione, quindi una società costruita su basi razionali dovrà essere nel contempo universale, cioé trascendere, superare (= annullare) le identità nazionali e religiose che per ora dividono artificialmente gli esseri umani e causano guerre, oppressione e sfruttamento.
In realtà, gli eredi dell'Illuminismo hanno speso moltissime energie per indicare i difetti delle loro nazioni: Francia, America, Russia... Ma nessuno si è sognato in mettere in questione il diritto di francesi, americani e russi a sentirsi tali. L'unico popolo la cui identità "nazionale" è stata delegittimata sono gli ebrei.
E' abbastanza noto quando e come questa faccenda è iniziata: il celebre discorso di Clermont-Tonnere del 1789, che chiedeva ai rivoluzionari francesi di concedere agli ebrei
"tutto come individui, niente come nazione". Sta di fatto che essere ebrei vuol dire
anche appartenere a una comunità basata su lingua e "tradizioni" e definita dalla halachà, ovvero da un sistema giuridico (cioé, nei termini dell'Illuminista francese, una "nazione"): non equivale semplicemente a professare una religione. Chiedere agli ebrei di distaccarsi dalla loro "nazione" significa chiedere di
smettere di essere ebrei.
Come buona parte delle Chiese cristiane prendeva di mira gli ebrei perché rifiutavano il messaggio universale di Cristo e rimanevano attaccati al loro "particolarismo", così fece una certa parte dell'Illuminismo, nei confronti di quegli ebrei che non accettavano di venire "emancipati". Dico
parte dell'Illuminismo perché è ovvio che l'Illuminismo inglese, di derivazione empirista o scettica, aveva tutt'altro approccio e tutt'altro sbocco.
E probabilmente è in questo Illuminismo "emancipazionista" che si trovano le radici dell'
antisemitismo di sinistra che, al fondo, non accetta il diritto degli ebrei di definirsi collettività e di emanciparsi in quanto ebrei - questo, e non altro, è il sionismo. Agli ebrei, e in maniera del tutto coerente con i propri presupposti teorici, i leader e pensatori del movimento comunista (Marx in primo luogo) risposero, come è noto, che dovevano emanciparsi come esseri umani, ovvero abbandonare l'Ebraismo. Il livore con cui molta sinistra italiana (ma non solo) si rivolge al mondo ebraico, accusando questo o quell'esponente in qualche misura critico, di aver nientepopodimenoche
tradito la Resistenza e l'antifascismo, echeggia proprio queste accuse: state rifiutando il nostro progetto di emancipazione. Che se poi il progetto di emancipazione consiste nel votare la Binetti... Vabbé, soprassediamo. E' una questione seria, comunque.
Una questione che comunque non dovrebbe farci dimenticare un altro tipo di antisemitismo, molto diverso - ma solo nelle premesse. Ovvero l'
antisemitismo clericale, che ebbe un tornante decisivo nell'Inquisizione spagnola, che al repertorio antisemita medievale aggiunse un paio di temi: il concetto "razziale" di ebrei (i discendenti di ebrei convertiti al cristianesimo venivano ancora considerati ebrei e pertanto sospettati) e il complotto ebraico universale contro la civiltà cristiana.
L'antisemitismo clericale è ancora ben vivo nel cuore e nella pancia dell'Europa cristiana ed è una delle molte ragioni per cui le derive clericali e confessionali dovrebbero preoccupare noi ebrei. E' vero che gli italiani sono sempre meno cattolici nella loro vita privata; - basta guardare i tassi di natalità e l'età media al matrimonio, davvero credete che tanta gente segue la dottrina della Chiesa anche in camera da letto?
Ma questo non significa che siano scomparsi dalla coscienza collettiva altri elementi della "dottrina della Chiesa" magari meno esplicitamente enunciati e ribaditi dal Vaticano. Tipo che gli ebrei sarebbero la religione della Legge e che solo un messaggio di Amore universale li può
"liberare" dal loro particolarismo. Il quale è, per definizione, sospetto.