Ultimo contributo, in ordine di tempo, è quello della mia amica
Rosa. Si sta discutendo dell'anziana che si è fatta esplodere qualche giorno fa, Sulla base di una intervista rilasciata a
Repubblica dai parenti -che a Gaza ci devono pur vivere, c'è chi si è
convinto che si tratti di una incarnazione della sempiterna figura del Combattente e accusa altri di volerla vedere troppo simile alla Vittima.
Questo modo di raccontare, attraverso le categorie della Vittima e del Combattente, ricorda gli spettacoli di ombre cinesi, quando lo spettatore vede due profili che si affrontano su uno schermo bianco. Ma, per rimanere nella metafora, la luce che ne proietta le sagome sullo schermo è filtrata dalla percezione di cosa succede in Medio Oriente da sessanta anni in qua.
Gli affezionati al culto del sangue e delle radici, della comunità organica che viene prima dell'arido individuo - e decide al suo posto, vedono in quel conflitto l'attacco alla civiltà idilliaca e primigenia, portato dalle forze dissolutrici della modernità. Tanto per cambiare queste forze sono ebraiche - il sionismo è, infatti, il movimento risorgimentale del popolo ebraico. E, siccome sono ebraiche, sono onnipotenti, hanno creato tutto loro, anche i propri nemici; c'è infatti chi
sostiene che l'antisemitismo gioverebbe alla causa di Israele.
Sotto la retorica terzomondista, è facile vedere lo stesso universo di pensiero dei franchisti spagnoli, dei Codreanu e del nazismo. C'è la stessa nostalgia per quello che Engels chiamava l' "idiotismo della vita rurale", scandita dal tempo della religione, che ti ricordava quanto eri transitorio e quanto fosse eterna quella gerarchia sociale che prevedeva per te il ruolo più basso -e per gli ebrei quello del paria. C'è l'esaltazione del legame tra la Madre e la Terra, c'è anche lo stesso culto dell'azione risolutiva, del gesto eroico e, soprattutto, la stessa mistica della morte. I portatori di questa retorica sono stati sconfitti, ma chi coltiva la mistica della morte si nutre, appunto, di sconfitte.
Il problema è che tutto questo grumo di pulsioni nostalgiche -e ansie narcisistiche ben riconoscibili- viene proiettato su vicende reali, su una guerra vera. Ma la guerra non è il teatro dello scontro tra le incarnazioni del Bene e del Male, tra vecchie contadine e ragazzi pasciuti "di famiglia bene" (e, che caso, ebrei).
Chi scrive è nipote di partigiani e sa benissimo che la Resistenza ha riguardato persone concrete; che ci sono state scelte di campo tardive, ripensamenti, doppiogiochisti, partigiani-spia le cui responsabilità non sono mai state chiarite, camicie nere che il 24 aprile se la sono data a gambe, lasciando i ragazzini a prendersi gli sputi o peggio, bandiere bianche sventolate per cammuffarsi o, per dire, profittatori di borsa nera rivelatisi capaci di gesti eroici. Eroi nel senso moderno:
uomini qualunque come Rick di
Casablanca che rischiano,
senza venirne trasformati, per ristabilire un diritto -quello dei deportati a vivere, per esempio.
Invece gli eroi delle favole sono
prìncipi, che il bacio della principessa riporta alla loro vera natura, superiore a quella degli uomini ordinari, e che
ristabiliscono una gerarchia. Per le proprie favole identitarie e sacrali, l'estrema destra ha bisogno di eroi: da un po' di tempo crede di averne trovati in Palestina, dove il diritto degli esseri umani a vivere viene sacrificato sull'altare della Nazione Islamica. Di più: credono di aver trovato in questa anziana donna, il cui necrologio è stato scritto da Hamas, la principessa che, baciandoli, rivelerà il prìncipe nascosto in loro. Ma la principessa, è morta, uccisa dalle Forze del Male, dalla Globalizzazione, dai Cattivi, insomma: dal Sionismo. Niente principessa, niente bacio. Però: che sfiga, camerati.