sabato, novembre 25, 2006

conformismi

[prima parte qui]

Ci sono diversi modi per riconoscere il cibo kasher. Si possono cercare sulle confezioni gli appositi marchi, si può controllare che il negozio di alimentari sia provvisto di certificazione, oppure ricorrere agli elenchi distribuiti dalle Comunità.
Le certificazioni di kasherut costituiscono una delle maggiori fonti di reddito per i rabbini ortodossi, che spesso svolgono un lavoro ammirevole. Trovàtelo voi un qualsiasi libero professionista che si alza ad ore antelucane per visitare un macello o una fabbrica di biscotti. Si trovano invece abbastanza facilmente aziende disposte a pagare i suddetti rabbini per assicurarsi la fetta di mercato degli ebrei ortodossi.
Chi mangia kasher in questo modo si lega ad una precisa comunità, quella degli ebrei ortodossi. I quali, il più delle volte non prevedono di riconoscere lo status di ebrei ai non ortodossi, rifiutano di riconoscere il diritto delle donne a diventare rabbine o a essere contate a minyan e considerano l'omosessualità, più o meno, una malattia. I valori in base a cui si compie la scelta di mangiare kasher sono, in questo caso, piuttosto chiari. Ci si uniforma, appunto, per conformismo.
Ma anche nelle comunità liberali si può scegliere di seguire la kasherut per conformismo. Avviene quando la scelta della kasherut è compiuta sulla base di motivazioni del tipo: anche gli altri fanno così. In questo caso gli "altri" sono le comunità liberali inglesi che, sostenendo la priorità dell'ethics rispetto alla efficiency, raccomandano i prodotti del mercato equo e solidale. Un percorso che lega la kasherut alla dimensione etica: chi mangia kasher e, contemporaneamente, Fair Trade si unisce alla comunità di chi, con gesti concreti e quotidiani, opera per una più equa ripartizione delle risorse. Compie cioé un gesto di Tikkun Olam.
Questi aspetti però mancano nelle indicazioni che provengono dall'Italia. Probabilmente perché il mercato equo e solidale, in Italia, è occupato anche da prodotti provenienti dalla Palestina.

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