venerdì, novembre 24, 2006

melodrammi

Due bloggers che parlano della stessa notizia, attingendo alle stesse fonti e guardando la stessa fotografia. Questo è MMAX. E questo è Miguel Martinez.
E la notizia è questa: l'ultima (per ora) terrorista suicida è una donna di 57 anni, 9 figli, 40 nipoti. MMAX, sconfortato, scrive che la signora, nella foto, tiene il fucile in mano con delicatezza, che ha lo sguardo perso e confuso, che ha deciso di morire dopo aver vissuto in un luogo terribile e conclude dicendo che, forse non solo in Medio Oriente, nessuno è innocente.
Martinez ha i toni del guerriero. Prende a prestito il linguaggio con cui vengono raccontate i pogrom o le espulsioni degli ebrei nordafricani - profughi mediorientali di cui in Italia si parla poco: fuggiti dalle loro case di Libia e di Algeria, portandosi dietro stracci, giocattoli e una chiave. Lui sa molto bene chi sono gli innocenti. Parla di invasione, si fa portavoce, a nome dell'intero sud del mondo, del desiderio di vendetta contro i soldati sionisti.
Il primo è un attivista di Sinistra per Israele, il secondo del c.d. Campo Antimperialista, bizzarro appuntamento umbro annuale, in cui si incontrano settori dei centri sociali, attivisti dell'integralismo islamico e estremisti di destra.
Io trovo che ci sia una impressionante differenza di stile. Per MMAX la morte della donna è una tragedia: perché ogni morire è terribile. Per Martinez è la logica conseguenza del suo passato. Per MMAX gli esseri umani hanno la possibilità di scegliere, e quelle della donna, come quella dei soldati, sono scelte. Per Martinez la decisione di farsi esplodere è invece ineluttabile: gli uomini, e soprattutto le donne, agiscono guidati da dinamiche storiche che tolgono loro ogni posisbilità di scelta. Dove MMAX vede degli esseri umani, Martinez vede delle forze che si contrappongono: come in un melodramma.
Molto è stato scritto sulle fantasie collettive che hanno accompagnato il nazismo, un sogno di regressione nell'utero-Volk, l'utopia di un mondo esente da conflitti e libero dal divenire storico. Martinez è convinto che più si è determinati a cancellare il Male (cioé lo Stato sionista), più si è certi di stare dalla parte del Bene. Il Bene che lui sogna altro non è che l'utero materno in cui fare ritorno, un mondo finalmente libero dalla presenza pervertitrice delle forze del Male. Un radicalismo che gli viene probabilmente dal suo passato di estremista di destra - come la sua concezione del ruolo degli ebrei nella storia.
Arthur Koestler era uno che vide molto da vicino cosa significavano queste utopie collettive, quando le si provava a trasformare in realtà. Conosceva bene il nazismo e i fascismi quando si arruolò tra i repubblicani spagnoli. Nel suo Dialogo con la morte (tr. it., Mulino, Bologna, 1993) c'è uno scambio di battute con un miliziano franchista: "Io non ho mai avuto paura della morte; ho avuto solo paura del morire", dice Koestler, che era già stato sionista e comunista - e a morire ci era già andato vicino. Ed il franchista, il cui motto era Viva la Muerte! risponde: "Per me, è esattamente il contrario". Due pagine più in là, dopo la descrizione degli orrori della guerra civile spagnola, Koestler annota che morire è una faccenda maledettamente seria, e proprio per questo non bisognerebbe farne un melodramma.

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