giovedì, gennaio 11, 2007

quando i mulini erano bianchi

"Gli arabi anche se di condizione servile, vanno sempre a cavallo mentre gli ebrei, anche se ministri, vanno a piedi come gli schiavi. Gli ebrei non sono autorizzati a cavalcare se non quando viaggiano da una città a un'altra. Possono perciò montare a cavallo quando escono di città e smontano quando vi entrano."

"Il sabato un drappello di guardie arabe del sultano si riversarono in sinagoga come un'orda devastatrice, portandosi via colla forza tutti gli artigiani e tutti i facchini, nel mezzo di un gran tumulto, per impiegarli al servizio del re nei loro mestieri. Altrettanto fecero con le donne, esperte tappezziere e ricamatrici. costringendole a lavorare gratuitamente. Gli aguzzini li incalzavano a furia di bastonate, di sassi o di pugni, afferrandoli per il vestito al petto e trascinandoli senza pietà. Guai a chi avesse pensato di fuggire! Gli ebrei che avevano ancora sulle labbra le benedizioni della Torah ed erano immersi nella preghiera, lasciarono la Torah e i suoi comandamenti e come un gregge condotto al mattatoio, si misero a un duro lavoro sino a notte fonda. Persino mentre fuggivano dall'Egitto gli ebrei non subirono tali sopraffazioni ! Oh Dio come puoi restare indifferente di fronte a un simile trattamento? Queste occorrenze si ripetono in ogni città e in ogni distretto del Marocco."

Samuele Romanelli, ebreo mantovano, visse in Marocco tra 1786 e 1790. I seguaci di quell'uomo di pessime compagnie noto con il nome di Edward Said, possono astenersi dal loro -ismo preferito. Il diario di viaggio di Romanelli, da cui sono tratte queste citazioni (pag 120 e 142), che descrivono piuttosto bene le condizioni degli ebrei nel Marocco del Settecento, non è un documento orientalista - qualunque cosa significhi questa espressione. Romanelli non era un turista e nemmeno un colono.

Sinagoga di Tangeri, primi del Novecento

Fu traduttore, predicatore, maestro e addetto d'affari, sempre ben inserito presso la corte e presso le comunità ebraiche locali. Era, certo, un illuminista, ben in contatto con gli ambienti della Haskalah, l'Illuminismo antenato dei Reform, e nutriva una fede commovente nella dignità umana e nella libertà di pensiero, venata di un senso dell'ironia molto ebraico. Vedi, per esempio, a pagina 104:

"I mussulmani non amano lanciarsi in discussioni di carattere religioso, ne fra di loro ne con lo straniero, per non rischiare di essere sconfitti e umiliali riguardo alle loro credenze. Non incitano nessuno a convenirsi alla loro religione, ma basta che un infedele pronunci queste parole, anche solo per scherzo o per sbaglio Sidi Muhammad rasul Allah, cioe Il signore Mohamed e un profeta di Dio per essere costretto, senza altre alternative, o ad abbracciare l'Islam o a essere buttato sul rogo, in quanto reputano che chiunque pronunci questa formula è come se fosse stato ispirato dal ciclo. È quindi impossibile ritrattarsi. Forse i mussulmani hanno imparato questo modo di fare dai cattolici. Ma mentre i cristiani, che cercano di sedurre i miscredenti con ogni sorta di ricompense, sono facilmente messi a ridicolo, i mussulmani usano la loro potenza per proibire a tutti di pronunciare il nome del loro profeta invano. Entrambi sono comunque d'accordo nel deviare dalla via del senno, poiché una vera religione non ha bisogno ne di sedurre ne di ricorrere alla violenza. Solo l'intelligenza e il cuore devono essere sovrani nella scelta e nel discernimento."

Probabilmente Romanelli era un sionista intenzionato a rovinare la secolare e pacifica convivenza tra ebrei ed arabi. Ecco qua cosa scrive, a pagina 120:

"Di grazia, tu profeta, vai dagli ebrei europei, governati da monarchi giusti, e proclama loro: Abbiate cura della felicità delle città, dove vi feci emigrare, e pregate il Signore in loro favore, perocché la loro felicità produrrà la vostra. Agli ebrei del Marocco però grida: Alzatevi, uscite di questo paese!".

Lo Stato di Israele sarebbe sorto solo un secolo e mezzo dopo, ma il seme del malvagio Occidente era già stato piantato. I mulini bianchi stavano per sporcarsi e trasformarsi in centri commerciali.

Nella foto: Alyah dal Marocco, 1950

"Nella cena pasquale ogni ebreo ha le sue tradizioni, diverse praticamente in ogni famiglia. Le montagne potranno essere spostate e le colline crolleranno prima che un ebreo abbandoni le usanze ancestrali. Ma un giorno verrà in cui scompariranno tutte queste divergenze e si saprà finalmente quali saranno quelle destinate a restare in permanenza" (pag. 139).

Accidenti, un pericoloso fanatico neocon, un inquietante nemico delle tradizioni. C'è pure l'allusione al bombardamento delle montagne dell'Afghanistan. Scommetterei che pure Romanelli evava studiato con l'enigmatico Leo Strauss. Che certo, è vissuto più di un secolo dopo di lui ma, sapete, questa storia della memoria con cui gli ebrei sono così fissati...

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