giovedì, maggio 29, 2008

כל העולם כולו

C'è un meraviglioso nigun che dice: "Tutto il mondo è un ponte, un ponte stretto, ciò che importa è non aver paura."



Qui è diventato anche l'inno di una tifoseria.



Herzl sognava un Paese in cui si sarebbe chiesto il biglietto dell'autobus in ebraico. Una melodia hassidica cantata negli stadi credo fosse al di là persino dei suoi sogni.

mercoledì, maggio 28, 2008

Adi Ran - Atah Kadosh

Sì, è la sigla di Ushpizin. E mi piace molto.

ushpizin

Ushpizin è uno dei film più belli che ho visto. Qui la trama. E questo è il trailer.

a ferri cortissimi

Una delle confusioni più frequenti, dall'Italia, è quella tra sionisti religiosi e haredim, o ultraortodossi. Qui in Israele è più semplice: i secondi sono quelli vestiti di nero, i primi portano la kippah fatta all'uncinetto e la camicia a quadri. In realtà ci sono differenze teologiche e filosofiche - per i sionisti religiosi, che sono gente che ha letto Hegel, Dio interviene nella storia, per i haredim Dio interviene nelle vite dei singoli. Quando in Italia si pensa al rapporto tra religione e politica si è abituati alla Democrazia Cristiana e alle gerarchie ecclesiastiche - che sono il potere. Ribellarsi contro il potere significa ribellarsi contro la religione e collocarsi a sinistra (dove magari ti trovi accanto a qualche prete ribelle). Qui le cose sono un poco più complicate, perché sia haredim che sionisti religiosi non stanno necessariamente a destra o a sinistra.
Sono differenze sulle quali magari tornerò, per ora voglio solo informarvi che i rapporti tra i due gruppi sono in vorticoso peggioramento. Haim Druckman è una figura prestiosa nel mondo dei sionisti religiosi, anche e soprattutto in quello "spicchio" del sionismo religioso che sono i coloni. Non è, per dire, un personaggio di sinistra, o incline al dialogo: credo che la sua idea di società ideale assomigli molto ad una teocrazia, con tanto di ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e sacrifici quotidiani. Per molto tempo Druckman ha fatto parte del Rabbinato Centrale di Israele, i cui membri -come in tutte le democrazie proporzionali- vengono nominati dal Parlamento, in base a liste presentate da consigli rabbinici. All'interno di questi consigli rabbinici negli ultimi tempi è crescita la presenza dei haredim, che si vantano di avere criteri più stringenti in un sacco di questioni, compresa quella delle conversioni. E, per farla breve: le conversioni operate da Druckman (migliaia) sono state dichiare nulle dal Rabbinato centrale, che dopo un paio di settimane lo ha anche destituito dalla sua carica. Questo comporta conseguenze non da poco, perché rischia di annullare la cittadinanza non solo di molte persone, ma anche dei loro figli. Anche se il rabbino capo sefardita ha subito trovato un escamotage per limitare i danni e nessuno perderà la cittadinanza, il segnale di irrigidimento è abbastanza chiaro, e adesso c'è gente che non riesce a sposarsi perché è in attesa di certificati di ebraicità kasher.
So che in Italia queste cose non ve le raccontano, perché in Italia si ama immaginare di essere Modern Orthodox. Ma sta di fatto che la haredizzazione del mondo ortodosso ha già portato alla spaccatura negli USA. Accanto all' "ufficiale" Rabbinic Council of America, che distribuisce i marchi di kasherut della Orthodox Union (e ha piegato la testa alla svolta retriva in corso in Israele) esiste ora una organizzazione rabbinica alternativa, guidata da due personaggi molto carismatici del mondo Modern Orthodox: Avi Weiss e Marc Angel. Questa organizzazione considera obbligatorio per i rabbini anche una formazione psicologica (o, come dicono loro, di pastoral counseling) e -tenetevi forte- sembra avere in programma aperture verso le donne, se è vero come è vero che Avi Weiss ha tra le proprie allieve una delle prime Soferet ortodosse. Siamo quindi alla rottura, difficilmente ricucibile a questo punto, tra Haredim e il movimento Modern Orthodox, di cui i sionisti religiosi sono parte. Avremo sempre più gente che è cosiderata ebrea ortodossa, che è sionista religiosa e che viene osteggiata dall'establishment rabbinico in Israele.
Anche perché sul piatto c'è altro, ovvero i diritti delle donne. Forse avete sentito parlare degli autobus mehadrin, in cui le donne ultraortodosse sono (a dirla tutta) segregate e relegate sul fondo. Non molto tempo fa è stata avviata una campagna di stampa per segalare questa faccenda, ed attivissima in questo senso è stata Naomi Ragen. La Ragen non è esattamente un personaggio di sinistra (leggetevi qui le sue opinioni sulle prossime elezioni israeliane) e non è nemmeno una femminista Reform - è una Modern Orthodox che nella sua battaglia contro la haredizzazione della società israeliana sta trovando appoggi -è il caso di dire- a sinistra come a destra.
Forse in Italia tutta questa commistione tra religione e politica vi fa venire voglia di stare con gli ascetici, apolitici, antisionisti haredim, come fa Moni Ovadia. Effetti del malgoverno democristiano, mi viene da dire. Io vedo le cose in maniera diversa.
Un consiglio pratico a chi sta contemplando la conversione all'Ebraismo: esistono sinagoghe non ortodosse e se vi convertite con loro sarete comunque cittadini di Israele. Se vi convertite con gli ortodossi rischiate di vedervi annullata la conversione al prossimo restringimento rabbinico. I rabbini europei plaudono alla umiliazione di Druckman e ovviamente dichiarano pure loro nulle le conversioni effettuate da lui.

venerdì, maggio 23, 2008

לייג בעומר

A Lag ba'Omer, secondo la tradizione ebraica, è stato completato il libro dello Zohar. Per festeggiare si accendono fuochi la sera.




giovedì, maggio 22, 2008

Yehoshua sull'antisemitismo

Azure è una delle riviste più stimolanti edite qua in Israele. Ha anche un sito web in cui vengoni pubblicati i saggi più interessanti. Come questo di A.B. Yehoshua, per esempio, che è apparso un paio di anni fa in ebraico e ora viene tradotto in inglese.
In sintesi -ma leggetevi il saggio da voi- ABY sostiene che l'odio antisemita è una manifestazione di debolezza. Lungo la storia gli ebrei sono stati prima di tutto temuti (ed in nome della paura, per difendersi, che ci si legittima a compiere gesti violenti); e l'odio è una conseguenza di questa paura. Cosa fa paura, essenzialmente, degli ebrei? Yehoshua sostiene che è la loro identità, quella fusione di appartenenza nazionale e religiosa, che i non-ebrei percepiscono come pericolosa in un senso o nell'altro; perché secondo loro impedisce di abbracciare fino in fondo la nazionalità sovietica, tedesca, francese... L'antisemita, di solito una persona dall'identità debole o vacillante, proietta le sue debolezze sull'ebreo immaginario cercando una compensazione reale.
Si può così vedere quali genere di terrori ancestrali ha suscitato l'ingresso degli ebrei nella storia, il fatto che degli ebrei, in quanto ebrei, hanno delle responsabilità nazionali o, in altri termini, del potere. Pensate a Massimo D'Alema e alla sua fortunata espressione sulla "spoporzione" di Israele (come se esistesse uno Stato dal potere "proporzionato").
Io devo riflettere un po' su questo nuovo saggio di Yehoshua, che mi sembra decisamente più sofisticato -ed interessante- dei precedenti articoli sullo stesso argomento che sono apparsi in Italia. Mi viene in mente che tra gli antisemiti più lividi nei quali mi sono imbattuto ultimamente ce ne è uno che non riesce a scrivere una cosa compiuta senza prendere a prestito qualcosa da qualcun altro; gli dici pirla e lui ti risponde, letteralmente, pirla! Non esattamente una personalità molto forte. E ce ne è un altro che si vantava di avere posizioni importantissime nel PDS (partito dalla identità politica non molto compiuta) e che ora lamenta di essere finito a contare un cazzo. Che sia il concetto che la forma fallica dell'espressione indicano davvero qualcuno con non pochi problemi (italiano immigrato in Svizzera, insomma: sappiamo che è dura, e che con qualcuno bisogna pur prendersela).

giovedì, maggio 15, 2008

artisti anni 70

mercoledì, maggio 14, 2008

sono troppi

L'ineffabile presidente della Provincia di Milano, esattamente come il neoeetto sindaco di Roma, ha le idee chiare sui Rom. Ce ne sono troppi. Ora io qui non racconterò per la millesima volta che la Cecoslovacchia comunista, la Svezia socialdemocratica e la Svizzera capitalista hanno affrontato la questione Rom con gli stessi identici strumenti (sterilizzazione forzata delle donne, rapimento dei figli). Non racconterò nemmeno per quale ragione io devo molto a amici Sinti. Dico solo che la stragrande maggioranza dei Rom che vivono in Provincia di Milano o nel Comune di Roma hanno passaporto italiano, perché si diventa italiani se si è nati in Italia e i Rom fanno, come si dice, un sacco di figli e questo Penati e Alemanno lo sanno benissimo.
La cosa più atrocemente imbecille sta nel nome. Nell'invenzione di un addirittura Commissario con poteri straordinari per risolvere il problema Rom, problema iniziato per una panzana clamorosa, quella della zingara che avrebbe cercato di rapire un bambino a Napoli. Roba non verificata e sulla quale la polizia getta inutilmente acqua sul fuoco e che viene, sai che novità, data per scontata. Per venire incontro al famoso bisogno di sicurezza della stracazzo di famosissima ggggente, non si pensa a istituire un commissariato, una autorità alla sicureza, un comitato ordine pubblico, no. Si indica da subito, nel nome il colpevole e il capro espiatorio. E Penati, da sinistra, si accoda. Adesso ditemi, se voi foste un rom abruzzese, un sinto mantovano, uno di quelli che vivono nelle case, insomma, li mandereste le figlie a scuola? Domani? A stare accanto a compagni di scuola che a casa hanno detto ai genitori Sai che ho una zingara in classe?


martedì, maggio 13, 2008

tsunami

I capelli non ce li ho quasi più, ma mi ci tirano. Insomma, vogliono da me un commento a questo post di Rosa, che quasi tutti trovano intelligente e che a me ha fatto sbadigliare.
Rosa inizia spiegando che accostare, o paragonare, due atti criminali è una cazzata strumentale. Ora, se c'è qualcosa che posso aver imparato in un anno di studio intensivo delle fonti ebraiche, è che in un qualsiasi dibattito vince chi impone le regole. L'accostamento imbecille e strumentale tra omicidio razzista a Verona e rogo di bandiere israeliane, è un accostamento, appunto, imbecille e strumentale (sì, anche se lo fanno Gianfranco Fini o Bruno Vespa - davvero curioso pensare che Fini o Vespa dicano delle robe imbecilli e strumentali?) e mi domando perché dare retta (= dedicare spazio, tempo e bytes) a un accostamento imbecille. Perché farsi dettare le regole del discorso da qualcun altro.
Una volta accettate le regole del discorso, Rosa passa a parlare non di bandiere e skinheads, ma di ebrei e fascisti. Cioé, no: prima fa una specie di scoperta dell'acqua calda, ovvero che per la piccola borghesia italiana quando c'era Lui i treni arrivavano in orario. E che, da un po' di tempo, ha preso piede una visione rosea del Fascismo, appena oscurata dalla piccola ombra delle leggi razziali, che se non ci fossero state sai che figata. Ragazzi, che scoperta interessante. Ricordo di aver sentito una decina di anni fa Andreotti dire con la sua solita voce sorniona: "penso che il consenso al fascismo sia finito con le leggi razziali". Ma ricordo che prima ancora, quando il Comune socialista di Milano organizzò una mostra dedicata agli anni Trenta, di leggi razziali manco si parlava. E nella mia Università (quella di Chabod) il solo sfiorare l'argomento causava degli imbarazzati silenzi, con la solita docente di destra che si premurava di spiegare, cambiando discorso, che lei era appena stata all'Unversità EBBraica di Gerusalemme (sì, raddoppiava le B, la signora).
In altre parole, io sono molto più pessimista di Rosa, penso che l'antifascismo organizzato e consapevole sia stato in Italia scelta ideale di una minoranza, la quale minoranza ha creduto di trovare consenso solo quando qualcuno brontolava che piove governo ladro. Il consenso al fascismo c'è stato, si è interrotto quando piatti e pentole erano vuote, si è trasformato in nostalgia rassicurante ad ogni avvisaglia di conflitto sociale e si è esteso fino a coprire di oblio le leggi razziali. Che oggi vengono ricordate solo per dire che gli italiani hanno salvato gli ebrei.
Ma seguiamo il ragionamento di Rosa. C'è stata la premessa maggiore, basata sulla accettazione di un paragone imbecille. Ne è seguita la parentesi storica, in guisa di premessa minore. E ora vediamo la conclusione del sillogismo. Ci sono ebrei che si prestano al gioco, che ringraziano Fini per aver baciato la bandiera di Israele. E se Rosa può capire Fini e la sua disperata (?) ricerca di legittimazione, quello che non riesce a tollerare sono gli ebrei che cercano di andare d'accordo con il governo in carica. E viene da chiedersi che cavolo d'altro dovrebbero fare, gli ebrei, per ottenere la approvazione di Rosa.
Passare il tempo a confrontarsi con fascisti alla Martinez, convinto che sia il Mossad ad aver ordinato ad Alemanno di cacciare i Rom dal territorio della capitale? Invitare Israele a scatenare una guerra contro il governo italiano, democraticamente eletto, e che per ora non minaccia affatto la popolazione ebraica? C'è stato un periodo in cui ero intrigato da tutta questa cagnara sul web, in cui gli ebrei diventavano la raffigurazione disincarnata dell'eterno antifascista o del sempiterno oppressore. Mi chiedevo come fosse possibile che persone in carne ed ossa venissero così rapidamente trasformate in simboli. Trasformare le persone in simboli è una operazione complicata -e alcuni poeti, mai tradotti in italiano, qua in Israele lo fanno con esiti letterari molto superiori a Celine ed Ezra Pound e Drieu La Rochelle e tutta la robaccia fascistoide che è stata rispolverata nei fetenti anni Ottanta.
Ma sul web, quando ci sono di mezzo gli ebrei, le cose diventano molto più facili e immediate. Per qualcuno l'Ebreo è il simbolo del capitale globalizzatore, che distrugge foreste vergini e costruisce villette e centri commerciali. E per qualcun altro l'Ebreo è diventato l'oppositore sempiterno del Fascista, ovunque e comunque. Peggio: ci si ricorda che gli ebrei esistono solo quando e se c'è un nostalgico fascista che va zittito. Che la storia sia maledettamente più complicata ce lo si dimentica. Si stende un velo neanche tanto pietoso sulle vicissitudini degli ebrei fascisti, di chi si è fatto abbindolare, come la maggioranza assoluta della borghesia italiana, dalla retorica risorgimentale e in qualche caso persino anticlericale con la quale Mussolini conquistò il consenso degli italiani.
E prima che una ondata di noia mi tramortisca definitivamente, faccio in tempo a intravvedere la vetta lirica di Rosa: le persecuzioni antiebraiche sono sempre l'inizio della fine, l'incipit di uno "tsunami" che prima o poi travolge tutti. Uh. Vai a spiegarlo agli ebrei russi e polacchi, egiziani o siriani: negli anni Sessanta del secolo scorso, ovvero quando io e Rosa siamo nati, le persecuzioni antisemite (Posso chiamarle così? Posso, davvero? Anche se lo fa Gianfranco Fini?) prendevano di mira gli ebrei e solo gli ebrei e quando e se sono finite, ricominciavano contro gli ebrei e morta lì. Altro che tsunami. C'è qualcosa di morboso, secondo me, in questa raffigurazione degli ebrei come agnelli sacrificali, vittime predestinate di ogni dittatura, primi a morire sempre e comunque. Per Rosa, a quanto pare, è una specie di pietra angolare della sua visione del mondo, della politica e dell'ebraismo intero. Fonda quella eterna opposizione tra ebrei e fascisti che sta, secondo lei, nel mondo delle idee e ogni tanto si incarna su questa terra, il fascista con le vesti di Silvio Berlusconi e l'ebreo, boh - forse con quelle di Bertinotti, soprattutto quando visita il Salone del Libro. O di Marco Travaglio, anche egli perseguitato, se ci fate caso.
E (bis) questi sarebbero gli strumenti concettuali con cui la sinistra italiana si appresta ad attraversare il deserto berlusconiano. Che per me sarà davvero un deserto, sia chiaro, magari anche costellato di miraggi identitari. Auguri, ripeto.

sabato, maggio 10, 2008

ci sono ancora

Tranquilli, non sono sparito. E' che è iniziato il rush finale del primo anno, e sono immerso nei ripassi per gli esami. In più c'è questa faccenda che alcuni esami sono basati su papers e ricerche che vanno presentati anche loro entro un paio di settimane. Così passo dagli stupri nel libro dei Giudici a statistiche elettorali israeliane, fino all'immagine degli ebrei nella sinistra italiana. E scrivo un sacco, ma non qui. Dove, prima o poi, ritorno. Stay tuned.

martedì, maggio 06, 2008

yom ha zikaron

Dopodomani sarà Yom ha Atzmaut, il giorno dell'indipendenza. Ebraicamente, la festa ha anche una nota triste. Il giorno prima di Yom ha Atzmaut si chiama Yom ha Zikharon, ed è il giorno del ricordo dei caduti per Israele. Prima di entrare nell'atmosfera festiva ci si ferma per ricordare chi a quella festa non può partecipare, e chi è morto per difendere e fodare questo Stato.
Si diceva che per essere sionisti occorreva essere pazzi. Pazzi, forse no. Ma molto avventati, certamente, come ogni rivoluzionario. Il sionismo è stato, anche, la ribellione a una tradizione secolare di sottomissione. Di qualcuno di questi ribelli sta parlando, adesso, la televisione. Trasmettono queste interviste, che io ho trovato su You Tube.
Sono storie di ebrei che dopo la Shoa scelsero di combattere per dare al loro popolo un rifugio, perché non succedesse mai più. E in quel mai più c'è anche il riscatto per tutta l'umanità, finita nel buco nero di Auschwitz. Finita la guerra, e dopo la nascita dello Stato, non hanno fatto incetta di riconoscimenti e di medaglie.



Qui c'è il libro scritto da Yehuda Lapidot, uno di questi signori. E' stato anche un personaggio importante nel grande movimento che ha portato verso Israele gli ebrei sovietici.

lunedì, maggio 05, 2008

il quarantotto

Non so se sia già uscita la traduzione italiana dell'ultimo libro di Benny Morris, 1948. A History of the First Arab-Israeli War (Yale Univ. Press). C'è da dire che sembra molto noioso. Anche se qualcuna delle, diciamo, sviste, che ha procurato fama all'autore sembra essere stata corretta - come segnala Efraim Karsh, direttore dell'Istituto di studi mediorientali nel prestigioso King's College di Londra. Benny Morris sembra essersi finalmente convinto che l'ostilità a Israele è religiosa, cioé che è essenzialmente contro gli ebrei, e questo è vero da molto prima che nascesse l'integralismo islamico che conosciamo noi. La favola di un nazionalismo palestinese estraneo al fondamentalismo ne esce piuttosto malconcia. Vedi anche questa approfondita discussione.

domenica, maggio 04, 2008

italia, 2008

Per il 42% degli italiani gli ebrei sono "simpatici", il 32% ritiene invece il contrario e un 26% non si pronuncia. Un italiano su tre è dunque - rivela il sondaggio - 'ostile' agli Ebrei: il picco è tra i maschi, tra le persone tra i 50 e i 60 anni, tra i lavoratori autonomi, tra i residenti al centro specie nei comuni medio-grandi. Ma le più accentuate variazioni dell"antipatià verso gli Ebrei - sottolinea il sondaggio - si rilevano in relazione all'orientamento politico: i più esplicitamente sfavorevoli sono tra coloro che si dichiarano di sinistra e laici. Un dato piuttosto "allarmante" del sondaggio è quello che indica un 23% di popolazione nazionale d'accordo con l'affermazione che "gli Ebrei non sono Italiani fino in fondo", di fronte ad un 33% che invece non concorda e ad un'ampia percentuale di neutrali (44%). Infine il sondaggio rileva che solo l'11% della popolazione riesce a stimare con relativa precisione il numero degli ebrei in Italia, il 56% invece non riesce a dare una risposta. Per Mannheimer sulla base della più recenti studi, si possono distinguere almeno tre "tipi" di antisemitismo: quello "classico" (10%), di natura più religiosa, quello "moderno" (11%), di carattere più xenofobo e quello "contingente" (11%), spesso connesso al giudizio su Israele. (ANSA)
Tutto questo sarà inevitabile fino a quando gli ebrei della Diaspora continueranno a stare al gioco di Israele, a confondere religione e politica attirandosi la simpatia degli integralisti di ogni risma (commentatrice noiosa di questo blog, 2008).

Gli ebrei nel mondo si distinguono per motivi culturali e/o religiosi, e sono da secoli integrati socialmente (le persecuzioni sono delle aberranti eccezioni della società nella quale si trovavano ovviamente, non degli ebrei). Sono i sionisti che hanno creato un grosso branco di nazionalisti con le funeste conseguenze che vediamo in Medio Oriente ed i riflessi in tutto il mondo. I nazionalsionisti saranno pure ebrei in maggioranza, ma non sono l'ebraismo che ha attraversato i millenni. Purtroppo anche nelle statistiche i termini vengono "miratamente" confusi, ma per gli ebrei in quanto tali non esiste antisemitismo, c'è sicuramente un diffuso antisionismo dovuto al nazionalismo coloniale dei sionisti che hanno invaso la Palestina (militante di sinistra, dal forum it.politica.internazionale)

[Lo scopo degli ebrei] dovrebbe essere di fondersi sempre meglio con gli altri italiani; procurando di cancellare quella distinzione e divisione nella quale hanno persistito nei secoli e che, come ha dato occasione e pretesto in passato alle persecuzioni, è da temere ne dia ancora in avvenire. (Benedetto Croce, 1946)

Paragonare Rosa Luxemburg con Vladimir Jabotinsky? Beh, bisogna distinguere, come insegna Benedetto Croce, tra religione, ideologia e contesto storico (dotto commentatore di questo blog, 2008)


sabato, maggio 03, 2008

risposta ai commenti

Un giorno, lo prometto, pubblicherò una antologia di commenti cretini. E tutti potranno ammirare la raffica di post con cui mi si viene a spiegare la incomparabile superiorità morale di Rosa Luxemburg, e della sua indifferenza verso il dolore degli ebrei, a meno che per medicarlo non si riscattino i proletari di tutti i Paesi. Gli autori di questi post non sono ebrei, non sono mai stati in Israele e nemmeno in Palestina, ma soprattutto non tollerano il particolarismo di Jabotinsky. Per particolarismo si intende l'aver inteso prima di molti cosa aspettava gli ebrei che fossero rimasti in Europa, magari fidandosi di quel patto Ribbentrop-Molotov. Che doveva essere, immagino, la salvezza dei proletari di tutto il mondo. Ebrei inclusi, purché -ovviamente- smettessero con il loro particolarismo.
Ci sono poi quelli che rompono, è il caso di dire, l'anima, con il florilegio di citazioni profetiche - dimenticando che l'orizzonte, diciamo, ideologico dei profeti era una entità politica di cui gli ebrei avevano responsabilità in quanto ebrei, non in quanto generici "esseri umani" che anelano ad uno "Stato per tutti i cittadini" con gli ebrei, guarda che novità, in minoranza.
Insomma: un po' del vecchio album di famiglia (come diceva Vittorio Foa: non la bandiera rossa, ma il sogno della piazza piena di bandiere rosse); l'eterna presunzione di saper sempre giudicare cosa è buono e cosa no in base al metro dello stalinismo - il che si traduce in una insofferenza per gli ebrei che vogliono salvarsi da soli- e una spruzzatina di cattolicesimo paternalista anni Cinquanta. Questo è l'apparato ideologico con cui la Sinistra Arcobaleno si appresta a traversare il deserto berlusconiano. Auguri.

venerdì, maggio 02, 2008

appartenenze due

Sono cresciuto con l'idea che ci fosse un qualche apparentamento tra aspettativa messianica e socialismo, o tra gli ideali del movimento operaio e i valori dell'Ebraismo. O forse tra essere ebrei e la difesa dei più deboli. Beh, in questo Stato gli ebrei non sono più tanto deboli, e qui per gli antisemiti sta il problema. Per me, no. Per questo mi suona ridicolo, datato, chi collega la lotta all'antisemitismo a qualche generica lotta nel nome di qualcosa di altro. Per me la lotta contro l'antisemitismo significa difesa, non promessa di un mondo migliore conforme agli ideali internazionalisti, come sognava Rosa Luxemburg, qualche anno prima di venire uccisa perché ebrea. E lo so che a chi non è ebreo le sue parole sembrano nobili, molto più nobili di quelle di Jabotinsky a cui le ho accostate qualche giorno fa, nel post che mi ha attirato una quantità di insulti da record.
Sono stato tentato dall'approvarne qualcuno, di quegli insulti, tanto erano stupidi. I più divertenti mi segnalavano che in quel modo facevo vincere Berlusconi, ovvero la Nirenstein, e che i fascisti, tornati al governo, avrebbero perseguitato tutte le minoranze (ebrei inclusi, ovviamente) - sensazionale che i lettori non si siano accorti che tra l'epoca di Rosa Luxemburg e quella di Vladimir Jabotinsly c'è stata di mezzo la Shoah, che nel mio post era rappresentata dai cancelli di Auschwitz - un dettaglio che sembra sfuggire agli antifascisti antisionisti miltantisti. Per dire quanto glie ne importa della difesa degli ebrei in carne ed ossa.
La Luxemburg sembra più nobile perché nel suo modello di ebraismo non ci sono responsabilità politiche. Perché corrisponde all'ebreo debole, che si compiace di rimanere tale. E più penso alla sua sterilità, più mi sento vicino a un sionismo più minimale, lontano da progetti di palingenesi universale. Forse meno messianico, ma la Torah non sta al di là degli oceani e dei cieli.
E insomma, pigliatevi questa citazione: No one yet knows what awaits the Jews in the twenty-first century, but we must make every effort to ensure that it is better than what befell them in the twentieth, the century of the Holocaust. Lo ha detto Bibi Netaniahu, sì, lui.
E io sono d'accordo.

appartenenze uno

Mi dice una signora, di quelle che forse siamo parenti: "Sono arrivata qui nel 1950, assieme alla mia mamma, ero così piccola, sette anni, sono cresciuta qui e non sono mai salita su un aereo perché sono pahadosa [paurosa, in dialetto giudeo-livornese], non ho più visto l'Italia ma mi sento italiana, non c'è niente da fare, ma ala'assot".
Quando faccio la spesa provo il mio ebraico. Devo avere un accento sudamericano, mi prendono per argentino o brasiliano. Ultimamente anche per americano, sarà per via dei miei compagni di scuola che mi hanno passato qualche erre arrotolata. Tocca sempre a me dire: lo, anì meItalia, no, vengo dall'Italia. Non ci sono molti italiani qui.
Arabi o ebrei, che in questa città a volte distingui solo perché i secondi portano la kippà, ti scodellano allora i soliti luoghi comuni: calcio, pasta. Qualcuno ride e dice Berlusconi, proprio come in Grecia ridevano e dicevano Andreotti - era il periodo che Andreotti era sotto processo e la Grecia aveava cercato di uscire da una sua Tangentopoli con un governo composto da conservatori e comunisti. Chi è cresciuto in Russia ride aggiungendo che il nostro Partito Comunista non era niente di serio, comunisti che amavano il vino e rispettavano le chiese.
Anche se i quotidiani raccontano di bandiere bruciate, c'è l'idea che l'Italia sia un Paese genericamente amichevole, al limite, mi dice un amico impegnato per i diritti dei gay, "un po' conservatore". Io non ho mai sentito un conflitto tra i due passaporti che adesso ho in tasca. Anche se non sono affatto sicuro che l'Italia sia un Paese amichevole con gli ebrei. Imbecilli antisemiti ce ne sono, là - anche se non tutti arrivano a bruciare bandiere.
Ieri Gerusalemme si è fermata per due lunghissimi minuti - nell'elenco dei nomi che abbiamo letto c'era anche qualche nome italiano. E la cerimonia è finita cantando Ha Tikwa, l'inno di Israele. Una specie di cenno a Yom ha Atzmaut, il Giorno dell'Indipendenza, che nel calendario di Israele segue Yom ha Shoa. Israele come risposta ebraica alla catastrofe, rifugio dalla persecuzioni, in una parola -appunto- Tikwa, speranza.
Il che comporta qualche problema. Cito la mia amica Dena: Israele, il sionismo, mira ad annullare la Diaspora. Un israeliano dovrebbe guardare alla civiltà della Diaspora nello stesso modo in cui gli egiziani di oggi, musulmani, guardano alle piramidi. Relitti di un passato splendido e chiuso.
Però non è andata così: ebrei e israeliani hanno in comune una stessa religione, un calendario e un linguaggio - il che non vuol dire che tutti gli ebrei sappiano leggere un quotidiano israeliano, ma riconoscere la data, quello sì. E riconoscere una data vuol dire collocare sé stessi nel tempo, sincronizzarsi.
Insomma: il sionismo non è riuscito a sostituirsi, come religione civica, con i propri riti e il proprio calendario, alla religione ebraica. Ha solo creata un altra interpretazione degli stessi testi, a volte un po' più povera e divenuta rapidamente datata, come le haggadot filo-sovietiche della Hashomer Hatzair, sulle quali i miei amici russi si fanno della gran risate, ormai più nemmeno tanto amare.