giovedì, agosto 30, 2007

mali di stagione

Puntuale all'arrivo delle feste ebraiche, Raed Salah è di nuovo alla carica con le sue teorie cospiratorie: la spianata delle moscheee e tutto quello c'è intorno appartiene a lui ed è bene che tutti se lo ricordino, adesso che c'è l'ennesimo vertice e se non ce lo si ricorda lui pesta i piedi, fa i capricci e urla al complotto. Ecco qua la notizia.
Non state a scrivermi che in Italia c'è qualcuno che ci crede, lo so già. Voilà una dedica.
Sono i Teapacks, da Sderot.


Push the button (english translation)

The world is full of terror
If someone makes an error
He's gonna blow us up to biddy biddy kingdom come
There are some crazy rulers
They hide and try to fool us
With demonic, technologic willingness to harm

They're gonna push the button, push the button
Push the bu... push the bu... push the button
Push the button, push the button
Push the bu... push the bu... push the button

There's a lot of suffering
In the streets there's too much violence
And we stand a good chance of staying alive, even unscathed
Tactical advancement of a fanatical regime
A tragic situation that brings tears to my eyes

And I don't wanna die
I wanna see the flowers bloom
Don't wanna go kaput kaboom
And I don't wanna cry
I wanna have a lot of fun just sitting in the sun
But nevertheless

He's gonna push the button, push the button
Push the bu... push the bu... push the button
Push the button, push the button
Push the bu... push the bu... push the button

Messages are exploding on me
Missiles are flying are also landing on me
Cops and robbers are running all over me
And they're jumping me, getting on my case
Alas, alas, answer me, my God, hi
This nightmare is too long
When I'm barely alive and everyone is aiming at me
Maybe it's too late to sing that I gave her my life

Police, rescue team
It made it to the Kdam, a song with no peace
Red is not just a colour, it's more like blood
Again I'm stopping the breathing in my heart
So I won't drop dead
First it's a war, now it's resuscitation

Boom boom, that's what is happening now
In between a rocket and a machete, a viewer and a reporter
Underhanded opportunism and a kidnapee, rain and a heatwave
An escalation in the levels is setting up camp

Nothing, nothing, that's what everyone is doing
Hardliners become more extreme and officers more serious
The naive become more moderate, waiting for the data
And reply (that everyone is helpless)

A world full of demons where we are nothing but pawns
And champions with gambling chips decide the outcome
Sluggish management, a ship filled with water
And everyone is drinking to good health, and drowning

Maybe it's too sharp
We should sing palm tree songs, desert songs with no flags
I'm still alive, alive, alive
And if it keeps on being scary, only then will I say:

I'm gonna push the button, push the button
Push the bu... push the bu... push the button
Push the button, push the button
Push the bu... push the bu... push the button

martedì, agosto 28, 2007

davening at night

A grande richiesta, ecco a voi le Sephardi selichot FAQ

Come funziona?
Le selichot sefardite durano quaranta giorni, o per meglio dire: notti (quelle ashenazite meno, di solito una settimana). Si inizia il primo di Elul e si va avanti fino a Kippur. Il numero di quaranta giorni rimanda al numero di anni passati da Mosé nel deserto. Le uniche notti in cui non ci sono le selichot sono quelle di Shabbat.

In pratica?
In pratica mi alzo alle 3.50, mi cambio, scendo le scale, entro nella sinagoga sefardita (kurdi-iracheni-persiani) alle 4.00 circa, saluto i signori coi baffi e faccio davening (slang americano per preghiera ebraica) con loro fino alle 5.00, poi me ne torno a letto. Di solito mi offrono un té. Qualcuno fa come me, altri restano per Shachrit.

C'è tanta gente?
C'è il minyan, e anzi più del minyan, tutte le notti. L'età media è sui 45-50 ma ci sono anche persone più giovani.

E le donne?
C'è una ezrat nashim, che è praticamente una stanza sul lato ovest della sinagoga, con una grande finestra. E' una sinagoga ortodossa, ma non c'è la grata che impedisce alle donne di vedere e di partecipare. Devo effettivamente dire che le donne vedono gli uomini, noi non vediamo loro. E' indubbiamente una discriminazione, ma attutita dallo stile sefardita, che non è severo.

Ma non ci sono sinagoghe reform che fanno le selichot?
I reform di solito seguono il rito ashkenazi.

Perché?
Perché cosa?

Perché lo fai?
La domanda corretta sarebbe: perché lo facciamo, io e mia moglie. La risposta è che le selichot sono un modo di prepararsi ai Moadim e questo è il primo anno che per i Moadim siamo a Gerusalemme.

Hai mai fatto le selichot prima?
Sì, una sola volta. Non è stata una bella esperienza. Eravamo due o tre giovani, in un periodo della mia vita (e delle nostre vite) in cui cercavamo di decidere cosa farcene dell'Ebraismo e passavamo un sacco di tempo a discutere di Benjamin e di Primo Levi. Intellettualini un poco spocchiosi, quindi decisamente degli outsiders rispetto alle persone della comunità, in massima parte anziani ospiti di una casa di riposo, che si sentivano imbarazzati per la nostra presenza e hanno continuato a parlare di pensione e di malanni. Sospetto che se li avessimo sentiti parlare di politica ci saremmo sentiti imbarazzati noi.

Che si dice?
La struttura del servizio è la seguente:
  • Salmi intoduttivi
  • Recitazione dei Tredici attributi di Dio (Esodo 5:6-7), preceduta da pyutim (3 volte)
  • Confessioni dei peccati, p. es. Anenan; o altre in ordine alfabetico e in prima persona plurale. ashamnu, bagadnu... Come a Kippur, esatto. E per la stessa ragione: dichiariamo di essere tutti colpevoli, per levare dall'imbarazzo chi lo è davvero, che così può dichiararsi colpevole lui pure.
  • Litanie conclusive (p. es. Avinu malkenu)
  • Kaddish
  • Suono dello Shofar
Ecco una delle melodie:



Chi lo dice?
Il cantore o singoli fedeli dicono o, più spesso, cantano, una frase alla volta, e di solito l'assemblea dice quella successiva e poi di nuovo il cantore o uno dei fedeli. Per i primi dieci minuti è soprattutto il cantore. Più ci si avvicina al momento del suono dello shofar, più aumenta la parte cantata dall'assemblea. Il ritmo si fa serrato ed è quasi una marcia. La melodia è generalmente quella di un lamento - c'è anche chi scoppia a piangere. La scala cromatica è quella araba (dice uno che ci capisce) e l'effetto è che tra tappeti e suoni a volte ti chiedi se qualcuno, là fuori, pensa che è una moschea

Sembra una roba tristissima.
Non è vero. Perché il tono generale delle selichot è la certezza che il perdono c'è. E anche perché, come avevo già notato il rapporto degli abitanti di Gerusalemme con la religione è questione di tempi e non di spazio (e se c'è un tempo per la tristezza, ce ne è anche uno per tutto il resto). Qui i riti religiosi fanno parte della vita sociale. La ritualità ebraica ha sempre un che di anarchico, non c'è mai un officiante perpetuo ed ha molto in comune con la socialità mediterranea. Fuori dall'antropologia, le cose funzionano così: uno si vede con gli amici, va a fare minian -uniformandosi ai sentimenti d'obbligo- e poi riprende a chiaccherare con gli amici. Vale anche, e soprattutto, per gli adolescenti, la cui educazione ebraica prevede di avere amici ebrei e di incontrarli nei tempi stabiliti dalla religione ebraica.

OK, ma perché lo fai?

Succede una cosa strana: svegliarsi nel cuore della notte per ripetere assieme ad altri uomini le stesse parole, le rende più forti. Senti che quelle parole hanno un suono interiore. Ci si confronta con una Alterità, impossibile da rinchiudere nel pensiero umano, impossibile da definire con le parole. Ti passano davanti i volti, i pensieri, le impressioni, persino gli odori degli ultimi mesi, hai la sensazione che non sei il solo ad averlo vissuto e che se qualcosa hai sbagliato lo puoi riconsiderare.
Non sempre succede, a volte il pensiero vaga in quella zona indefinita compresa tra la politica mediorientale e il tuo conto in banca. Ma la coralità ti riconduce a te stesso e ti spinge ad uscirne, alla ricerca dell'Altro. Alla ricerca di Dio? Forse. Io ancora devo capire se ci credo; o devo credere che ci capisco abbastanza per prendere una posizione sulle Sue responsabilità. Certo alla ricerca degli altri esseri umani, creati a Sua immagine - e quindi meritevoli dello stesso rispetto, come insegna la nostra Tradizione.
E in quella sinagoga, poco prima dell'alba, assieme a quegli ebrei orientali in preghiera, sento davvero nostra, anche mia, quella Tradizione. Melodie e parole che stavano da qualche parte nel cervello e, non so come, mi sembra di aver conosciuto da sempre.

lunedì, agosto 27, 2007

e se Timna

Rav Elihau Guttmacher di Posen (1796-1874) è stato uno dei grandi precursori del sionismo religioso, autore di diversi commenti a passi talmudici che poi sono finiti nella edizione di Vilna del Talmud. Altri suoi scritti sul tema della redenzione e dell'esilio sono stati pubblicati negli anni Settanta. Nella collezione dei suoi responsa ce ne è uno molto interessante.
Timna, la figlia di Lotan, chiese a Abramo, a Isacco e a Giacobbe di essere convertita all'Ebraismo. Ma tutti e tre la rifiutarono, sicché lei finì per diventare la concubina di Elifaz, figlio di Esaù e dalla loro unione nacque Amalek, il nemico imperituro del popolo ebraico (Genesi 36:12). Guttmacher ne conclude che i patriarchi avrebbero dovuto accogliere Timna "sotto le ali della Shechinah".
Il responso è citato in un recente articolo di rav David Ellenson, rettore dello Hebrew Union College (il più importante collegio rabbinico americano), in cui chiarisce che il requisito ortodosso per la conversione (l'accettazione di tutte le 613 mitzwot) non è LA posizione ebraica, ma UNA delle posizioni possibili. Mi è capitato un paio di volte di sentire una lezione di Rav Ellenson: un uomo eccezionale per mitezza, erudizione e statura morale. Sta anche lavorando a un libro sulle conversioni, le cui fonti sono i responsa degli ultimi due secoli.
Io prenoto il libro da subito e credo che anche in Italia convenga pensarci.

incendi

Apro i giornali italiani e scopro che la Grecia è in fiamme, che ci sono decine di morti, che le fiamme sono arrivate a lambire la zona archeologica di Olimpia, che fortunatamente nessun italiano tra le vittime. Israele ha spedito venticinque aerei per combattere l'incendio. Chissà se qualche quotidiano italiano lo ha scritto (ah, fortunatamente nessun israeliano tra le vittime, finora). Notizia qui.

domenica, agosto 26, 2007

faccia da ebreo

La prima cosa di cui ci si rende conto quando si sbarca all'aereoporto di Tel Aviv è che non esistono caratteri somatici (o fisici) comuni tra gli ebrei. Per chi abbia dei dubbi, questi sono smentiti dalle (belle) foto di Rachel Papo alle soldatesse di Zahal. Bionde, more, rosse; magre, robuste; chiappone e senza culo; piatte e prosperose; alte e basse; con nasi "alla francese" o con orridi becchi - e tutte ebree. Quando ero studente bisognava aprire le prime pagine di un qualsiasi manuale di antropologia, i volti degli israeliani vi venivano di solito accostati (tipicamente: uno di un kibbutz, un baffuto sefardita, una yemenita -senza baffi- e un haredi) a dimostrare che a "tenere insieme" una cultura non sono certo i tratti somatici degli appartenenti. Adesso ci sono pure le foto a colori.
Ma la favola dell'esistenza di una "razza ebraica" tenuta assieme da vincoli di sangue, oltre che da qualche ancestrale solidarietà tribale, è talmente forte e radicata che, per smentirla, persino la prima edizione italiana della celebre Storia dell'antisemitismo di Leon Poliakov, portava in appendice delle tabelle comparative. Queste mostravano come il gruppo sanguigno più diffuso tra gli ebrei tedeschi è lo stesso di quello diffuso tra i tedeschi non ebrei e che non è lo stesso di quello più diffuso tra gli ebrei algerini che hanno (guardacaso) la stessa percentuale di gruppi sanguigni degli algerini non ebrei. Che all'indomani della Shoah un grande storico come Poliakov si sia sentito costretto a ricorrere all'anatomia la dice lunga sulla profondità e la persistenza del pregiudizio che lo storico stesso intendeva ridimensionare.
Quando una frottola viene creduta da tanta gente e per così tanto tempo, nonostante sia palesemente una frottola, conviene conoscerla un po' meglio.
I tratti somatici che la tradizione antisemita attribuisce agli ebrei (il naso acquilino, le labbra sporgenti, le dita adunche) sono le stesse che, nell'iconografia medievale, erano caratteristiche del diavolo.
Esiste una letteratura storiografica piuttosto cospicua (da Joshua Trachtenberg a
Bernhard Blumenkranz) che spiega bene in che modo si è creato questo passaggio, dall'ebreo al diavolo e viceversa. Per la cristianità medievale il diavolo è il nemico del Bene, è il creatore di discordia, è la carnalità opposta alla spiritualità e, soprattutto, è potente, troppo potente.
E queste sono le caratteristiche che l'immaginario antisemita moderno attribuisce agli ebrei. Malvagi (o strumento del Male, di volta in volta gli USA o il Comunismo), avidi (versione moderna della carnalità), responsabili di ogni guerra e sopattutto troppo potenti - sproporzionatamente potenti.
Un immaginario così stratificato e auto-referenziale non scompare dall'oggi al domani, solo perché siamo usciti dal medioevo o ci siamo lasciati il nazismo alle spalle o perché siamo postmoderni - epoca nella quale, al limite, tutte le entità che abitano l'immaginario simbolico dei tempi precedenti anziché annullarsi a vicenda si trovano a riemergere, senza alcuna congruenza.


L'ebreo che scrive i discorsi di Bush - caricatura araba.
Notare i tratti somatici.

Anzi: senza troppa fatica si potrebbe mettere insieme un elenco di scrittori (pure ebrei) che tirano in ballo quell'immaginario -di solito come metafora- pur essendo consapevoli delle sue implicazioni e della sua genesi. E così ecco che, nei luoghi e nei momenti più impensati, capita di imbattersi in chi ritiene che gli ebrei abbiano "tratti somatici comuni" dovuti (si capisce) all'endogamia lunga, prolungata e irragionevole. Ché noi siamo tutti un po' razzisti e rifiutiamo di confonderci con gli altri, in quell'allegro imbastardimento che per la Rossanda è la vera soluzione della questione ebraica. E questo nostro ostinato rifiutare le gioie dell'assimilazione è in qualche modo collegato al nostro rifiutare la pace - o il dialogo con Hamas.
Per chi si fosse dimenticato, ecco un estratto dello statuto di Hamas, che spiega le vedute del movimento islamista a proposito degli ebrei. Mi sembra doveroso doversi sedere a dun tavolo con questa gente, se davvero si vuole la pace.

Il nemico ha programmato per lungo tempo quanto è poi effettivamente riuscito a compiere, tenendo conto di tutti gli elementi che hanno storicamente determinato il corso degli eventi. Ha accumulato una enorme ricchezza materiale, fonte di influenza che ha consacrato a realizzare il suo sogno. Con questo denaro ha preso il controllo dei mezzi di comunicazione del mondo, per esempio le agenzie di stampa, i grandi giornali, le case editrici e le catene radio-televisive. Con questo denaro, ha fatto scoppiare rivoluzioni in diverse parti del mondo con lo scopo di soddisfare i suoi interessi e trarre altre forme di profitto. Questi nostri nemici erano dietro la Rivoluzione francese e la Rivoluzione russa, e molte delle rivoluzioni di cui abbiamo sentito parlare, qua e là nel mondo. È con il denaro che hanno formato organizzazioni segrete nel mondo, per distruggere la società e promuovere gli interessi sionisti. Queste organizzazioni sono la massoneria, il Rotary Club, i Lions Club, il B’nai B’rith, e altre. Sono tutte organizzazioni distruttive dedite allo spionaggio. Con il denaro, il nemico ha preso il controllo degli Stati imperialisti e li ha persuasi a colonizzare molti paesi per sfruttare le loro risorse e diffondervi la corruzione. A proposito delle guerre locali e mondiali, ormai tutti sanno che i nostri nemici hanno organizzato la Prima guerra mondiale per distruggere il Califfato islamico. Il nemico ne ha approfittato finanziariamente e ha preso il controllo di molte fonti di ricchezza; ha ottenuto la Dichiarazione Balfour e ha fondato la Società delle Nazioni come strumento per dominare il mondo. Gli stessi nemici hanno organizzato la Seconda guerra mondiale, nella quale sono diventati favolosamente ricchi grazie al commercio delle armi e del materiale bellico, e si sono preparati a fondare il loro Stato. Hanno ordinato che fosse formata l’Organizzazione delle Nazioni Unite, con il Consiglio di Sicurezza all’interno di tale Organizzazione, per mezzo della quale dominano il mondo. Nessuna guerra è mai scoppiata senza che si trovassero le loro impronte digitali.

Sarà una mia sfortuna. Ogni volta che incontro un critico della politica di Israele viene fuori che non si scandalizza affatto per la diffusione di simili deliri tra i palestinesi. Perché considera i palestinesi vittime di una ingiustizia storica, perpetrata nel 1948 (quindi il problema non è cosa fa Israele, ma il fatto che c'è). E tale ingiustizia proseguirebbe con la Legge del Ritorno, che non è un provvedimento di uno Stato sovrano, che assicura la cittadinanza a chi cavolo gli pare, ma un progetto di discriminazione su base religiosa (nientemeno). In breve: "gli arabi si fanno saltare con le bombe perche' gli israeliani gli hanno occupato casa loro" (vedi qui). La grammatica è un po' incerta, ma la cronologia è ferrea.
Sarò sfortunato, che volete che vi dica: tutti i "critici della politica di Israele" nei quali mi sono imbattuto, non sono mai stati da queste parti ma hanno le idee chiarissime su chi sono gli aggrediti (tutti, tranne Israele) e chi sono gli aggressori (Israele, ovvero la longa manus degli USA cioé del diavolo) e soprattutto di chi è la colpa (di Israele, che non vule fare la pace perché è scemo e cattivo e prepotente). E hanno anche le idee molto chiare su chi sono gli ebrei. Sentite un po' (qui, l'originale):

La religione ebraica nasce e si diffonde presso popolazioni dell'area semitica. Queste popolazioni poi vivono la diaspora e si diffondono in altre aree.
Ora, le razze non esistono, ma determinati caratteri somatici comuni ai gruppi umani si'. Per quanto la cosa sia palese ed evidente (prendi un gruppo di 10 greci ed un gruppo di 10 scandinavi, verdai che forse capisci quali sono quelli del nord europa) c'e' qualcuno che lo nega. Vabbe'...
Non risulta affatto strano che gli ebrei (che in molti casi si sono scarsamente mescolati con le popolazioni dei luoghi dove sono immigrati) si siano distinti dagli abitanti autoctoni per determinate caratteristiche somatiche (tieni anche conto che non parliamo della realta' odierna, oggi siamo tutti "mischiati", una volta le stesse famiglie abitavano una stessa zona per decine e decine di generazioni). Indovina quale, fra le varie caratteristiche somatiche, e' stata maggiormente notata? Caratteristica somatica che, tra l'altro, non era certo condivisa da tutti gli ebrei, e che, ad oggi (mischia che ti mischia) risulta pure notevolmente diffusa fra i non ebrei.
Pero' tanto e' bastato per farsi appiccicare il nomignolo di "nasi camusi" e per fare arrivare il nomignolo fino ai nostri giorni. Inutile che ti dica che tale nomignolo non e' certo stato utilizzato a mo' di vezzeggiativo.
Resta il fatto che se mi guardo allo specchio una certa qual traccia della mia discendenza ebraica la noto.

Tutto questo, beninteso, da uno di quelli convinti che sia un dovere morale criticare Israele, ma che non una sola volta ha lamentato cosa succede ai bambini di Sderot (kassam arrivati anche oggi, per chi non legge i giornali). Gli ebrei -che, notare, sono sempre degli "immigrati"- rifiutano di mischiarsi con le popolazioni autoctone e quindi hanno il naso lungo e brutto, poi è arrivato il momento che ci si mischia, tipo adesso, ed ecco che il naso ebraico è spuntato un po' a tutti. Ho letto papiri interi sull'economia agricola medievale: del tutto inutile, l'ideologia che vuole il contadino ancorato alla terra è, in Italia, resistente ai dati di fatto. Tanto siamo affezionati al mito del Mulino Bianco (e dell'ebreo estraneo).
Ma l'individuo ha un altro tratto caratteristico, oltre alla poderosa ignoranza storica e alla spocchia: è convinto di avere chissà quale remota discendenza ebraica. E qui la questione si fa antropologicamente interessante. Perché un vero tratto comune degli antisemiti, oops, degli antisionisti, oops dei critici di Israele è che hanno anche loro un amico ebreo. Se non hanno un amico ebreo hanno a disposizione un esempio di ebreo simpatico, diciamo: moralmente pulito. Non che ne manchino, soprattutto sul mercato editoriale italiano, che mi dicono essere pullulante di autobiografie di ebrei non sionisti, di ebrei convertiti al cristianesimo (Israel Shamir, per esempio) e di deliranti apologie di quei signori vestiti di nero che per pregare devono stare lontani dalle donne, che nemmeno hanno la radio (ma il loro capo possiede cospicue azioni di compagnie radiotelevisive che, guardacaso, trasmettono nel mondo arabo) e che esprimono il loro dissenso nei confronti della cremazione con metodi, diciamo, rumorosi. Questa è la tempra morale degli ebrei antisionisti, altrimenti detti tradizional-masochisti.
Ma non tutti hanno un amico del genere. Il nostro interlocutore fisionomista allora fa come Alice: va nello specchio per trovarselo. I suoi tratti somatici lo aiutano a trovare l'ebreo. E quali sarebbero questi tratti somatici? Ma quelli di Arafat, naturalmente. Il vero abitatore dell'area mediorientale. Mica come noi ebrei, che siamo i cattivi che hanno privato gli arabi delle terre abitate da secoli - a me questa storia del legame tra sangue e suolo suona vagamente inquietante, soprattutto se accompagnata a una robusta dose di antisemitismo (ooops, di critica di Israele, anzi delle sue politiche). Così, a proposito di memoria.

Mi rendo conto di dare alla parola memoria dei significati diversi da quando sono qui. Confronto con i miei scritti di tempo fa. Ci sono stati momenti piuttosto amari: un sindacalista scriveva in luogo pubblico che la pace in medio oriente si otterrà quando Israele verrà trasferito in Germania -perché si sa, gli arabi sono tutti innocenti- e se ci deve essere qualcuno che paga quelli devono essere i tedeschi. Poi, privatamente, mi chiedeva consulenze per capire se e quanto antisemitismo c'era in non so quale sito web. Mi ci incazzai, ovviamente. Potersi presentare come il guardiano rispetto alle derive antisemite (che nella CGIL sono più di un rischio virtuale - o nessuno si ricorda della bara depositata davanti alla sinagoga di Roma prima della morte di Stefano Taché) ha i suoi effetti sulla carriera politica e sindacale. Avete presente il bravo padre di famiglia che fa una fiaccolata contro la prostituzione e poi si fa fare i pompini dalla nigeriana (che è più economica) ? Ma mi incazzai soprattutto perché, inizialmente, avevo creduto alla buona fede del sindacalista in questione - recentemente ho pure cercato inutilmente il suo nome nella petizione contro i negazionisti all'Università di Teramo. E ci avevo creduto perché tutti e due davamo lo stesso significato alla stessa parola, memoria; che non era una parola da poco. Era il periodo in cui AN, cioé i fascisti, andavano al governo in Italia. E ci si preoccupava in nome, appunto, della memoria.
C'era chi temeva che il governo avrebbe ridimensionato i diritti sanciti dalla Costituzione, che per i fascisti non rappresenta quello che rappresenta per tutti gli altri. La memoria era memoria, appunto, della Costituzione, nata dalla lotta antifascista. Ma con il tempo è invalso un altro significato; memoria è diventato una specie di imperativo morale a schierarsi contro i cattivi. In sé, in questo ragionamento non ci sarebbe niente di male, a parte un certo senso di astrazione (le vittime di Auschwitz cessano di essere persone e diventano simbolo di tutte le vittime del mondo). Ma è quando si inizia a tracciare la linea che separa i buoni dai cattivi che iniziano i problemi.
Nella sinistra italiana si è infatti sviluppata una bizzarra teologia della sostituzione, parallela a quella cristiana. Il cristianesimo ritiene
a) che gli ebrei siano stati il popolo eletto (gli ebrei danno a questo concetto dell'elezione tutto un altro significato, prima o poi lo spiego).
b) che il nuovo popolo eletto sono i cristiani.
Ugualmente nella sinistra italiana si è diffusa l'idea che
a) gli ebrei in passato sono stati soprattutto quelli perseguitati dagli altri (riduzione degli ebrei da soggetto a oggetto).
b) adesso invece il ruolo dei perseguitati con cui solidarizzare è passato ad altri. Soprattutto agli islamici - tutti, compresi quelli che frustano le adultere, istigano al pogrom, lapidano gli omosessuali: che se tutto questo succede è colpa di Israele e degli USA. Cioé del diavolo, che è corruttore e che è anche proprietario dei mezzi di comunicazione, che poi infatti bisognerebbe vedere veramente come vanno le cose, ci sono donne che nello chador ci stanno bene, perché dobbiamo togliere la loro cultura? Che siamo: colonialisti, sionisti, nazisti?
Se i cattivi sono gli USA, quindi Israele, ecco che memoria significa anche chiudere gli occhi davanti alle porcate di Hamas o di Fatah. Al progetto (di matrice nazista, cosa che tutti continuano a dimenticare) di distruggere Israele e rimpiazzarlo con uno statarello islamico e/o uno "Stato-di-tutti-i-cittadini-palestinesi" con gli ebrei, di nuovo, in minoranza, alla portata della prossima ondata di odio.
Chiarisco: sono contrario alla storia immaginata alla Goldhagen - con l'antisemitismo nei panni del diavolo, che si sveglia ogni tanto senza una specifica ragione. E ho dedicato diversi anni della mia vita a studiare la convivenza tra ebrei e cristiani. Ma, detto questo, ogni ricerca delle "cause dell'antisemitismo" che atterra su determinismi economici, continua ad assomigliare a "l'antisemitismo c'è perché gli ebrei -non per colpa loro, eh- hanno uno speciale rapporto con il denaro". Oppure, ogni spiegazione che atterra sulla politica internazionale assomiglia -in maniera preoccupante- a: "è colpa dei sionisti se c'è antisemitismo". Cioé: "i sionisti diffondono antisemitismo per le loro bieche manovre" (e qui siamo al delirio puro: è colpa degli ebrei stessi se sono perseguitati). Oppure: "bisogna essere comprensivi verso chi reagisce alle folle pretesa degli ebrei di decidere da soli del proprio futuro".
Perché, vedete, qui -dove gli ebrei decidono del proprio futuro- la parola memoria non significa solo solidarietà verso tutti gli sfigati. Ogni caserma ha un proprio memoriale della Shoah. E lo so che la caserma è pagata (anche) dallo zio Sam. Sarei molto contento se ci fosse qualcun altro che pagasse (chessò, la mamma Europa, il babbo ONU). Perché qui memoria significa innanzitutto il mai più e, conseguentemente, il diritto di noi ebrei ad avere uno Stato -ed un esercito- per difenderci dai rischi di sterminio, senza aspettare che la buona coscienza del mondo si accorga di noi - ché l'ultima volta questa buona cosicenza ha rifiutato di bombardare Auschwitz per fermare lo sterminio anche solo per un giorno.
Guardo fuori dalla finestra e no, i famosi tratti somatici comuni non li vedo proprio. Vedo un sacco di gente in una città che non è mai stata così sicura e -persino- ricca, i cui abitanti (sì, anche arabi; e soprattutto donne) godono di un livello di occupazione e di un tenore di vita senza precedenti. Ma quel tizio -che mi dicono insegnare in una Università e la cosa, se vera, mi mette un po' di paura- non vuole venire quai a vedere da vicino. Chissà perché. Dice pure di essere di sinistra. E che ci sono (stati?) tratti somatici comuni tra gli ebrei. Che non è mica come dire che i negri puzzano (quello sì, che è razzismo). Perché ci sono bambini a cui è stato insegnato che, e allora mica li si può condannare, Sono mica come i bambini di Sderot, che se crepano ci sarà una ragione. Nei loro tratti somatici, probabilmente, che potete vedere qui. Sono evidentemente gli stessi di quegli ebrei che "sono sempre lì a pensare agli anni Venti". A proposito di memoria.

venerdì, agosto 24, 2007

נסיעה טובה

Il mo amico Erin -che ebraicamente si chiama Nahum come me e che prima o poi aprirà un blog- mi ha raccontato come è finito in questa faccenda del diventare rabbino. La sua era l'unica famiglia ebraica in una piccola città della Georgia -e io ho pensato quante famiglie di questo tipo sono sparse nelle città italiane. Un giorno, a scuola (scuola pubblica, per gli ebrei americani è imperativo contrastare la privatizzazione del sistema scolastico), l'insegnante -che non era ebreo- ha pensato bene di chiedere a lui di spiegare la Shoah e la Seconda Guerra Mondiale ai suoi compagni di classe. Erin sapeva molto poco, perché aveva solo sette anni e perché anche nella sua famiglia non si usava spiegare ai bambini sai, ci volevano uccidere tutti quanti.
Così Erin, dopo una mattina difficile, di quelle che ti fanno diventare grande, ha deciso che doveva saperne di più. Ha iniziato a studiare, ci ha preso gusto e negli scorsi anni ha insegnato storia ai bambini della sua sinagoga. E così io ho scoperto come mai gli ebrei americani conoscono bene la storia del popolo ebraico: perché da loro la si studia, come parte della preparazione al bar mitzwah o alla confirmation, un bar mitzwah che si fa a diciotto anni. Probabilmente per questo sono così restii a dividere Gerusalemme (ci sarebbe poi il fatto che, come americani, hanno presente cosa è successo ai Sioux quando hanno accettato la proposta di terra in cambio di pace).
Sono passati più di venti anni ed Erin è in Israele con la sua famiglia: una moglie e una bella bambina di due anni, una delle jewish american princess più adorabili che ho mai visto. Hanno deciso di visitare la Polonia, nella pausa estiva che inizia oggi. Sono partiti stamattina, è la prima volta che vedono l'Europa, che per gli ebrei americani è una specie di cimitero di famiglia. Mi mette davvero i brividi pensare che sono davvero pochi i miei compagni di scuola che hanno potuto parlare con dei nonni. Erin e sua moglie, vedranno anche Auschwitz, in giorni diversi. Qualcuno deve restare con la bimba: per lei è troppo presto.
Nessiah tovah, haverim.

אליהו הנביא - בראשית

Moshav Band

giovedì, agosto 23, 2007

narrative a confronto

Allora, partiamo dalla Shoah. Il punto più basso della storia umana -l'unico momento in cui la logica del capitale e quella del colonialismo si sono dimostrate meno forti dell'odio. E' vero che nella storia dell'umanità sono esistiti altri stermini, magari realizzati con innovazioni tecnologiche ad hoc, ma solo il Terzo Reich ha fermato la produzione industriale per dirottare le energie sullo sterminio. Mentre stava perdendo la guerra, Hitler ha deciso comunque che lo sterminio andava proseguito. I treni che portavano gli ebrei a morire avevano la precedenza su quelli che portavano i soldati al fronte o su quelli che portavano le merci verso il mercato.
Questo sistema di terrore è stato costruito a partire dal pregiudizio antisemita. Che sta nei bassifondi della cultura europea da un tempo lunghissimo: Crociate, Inquisizione spagnola, reclusione nei ghetti, pogrom, sono momenti che fanno parte della storia d'Europa, e pure libri come i Protocolli dei savi di Sion o La France Juive. Hitler ha potuto prendersela con gli ebrei solo perché erano i più deboli (e non è certo un merito degli ebrei aver questo posto d'onore tra le vittime) vulgo, perché non avevano uno Stato e un esercito che li difendesse. Ora questo Stato e questo esercito esistono.
Diciamola tutta: quando si parla di memoria della Shoah, dell'imperativo di non dimenticare, io penso immediatamente a questo esercito di popolo. A queste divise poco ordinate, a questi soldati e soldatesse che danno del tu ai superiori, a momenti come ieri sera, in cui l'eserito dà il benvenuto alle reclute con un concerto e le famiglie festeggiano l'arruolamento con l'ennesima grigliata.


Invece, quando in Europa si parla di memoria della Shoah e dell'imperativo di non dimenticare, si pensa a qualcosa di altro, che più o meno suona così: proprio perché la Shoah è avvenuta in Europa, noi europei abbiamo imparato che non deve succedere più. Non si capisce quando esattamente sarebbe stata imparata questa lezione dalla maggioranza degli europei. Nel 1946, quando a Kielce -Polonia- la popolazione locale uccise una quarantina di sopravvissuti ai campi di sterminio? Nel 1982, quando un corteo della CGIL depositò una bara sulla scala della sinagoga di Roma?
Ci sono poi quelli che, a partire da Auschwitz, cercano di costruirsi carriere politiche o -più spesso- di usare la Memoria come randello contro questo o quell'avversario politico, accusato (il più delle volte solo per foga retorica) di essere fascista. Ora, come ho già spiegato, non riesco a capire perché si debba ricordare a ogni pié sospinto il passato equivoco di questo o quell'esponente di AN e non la tesi di dottorato di Abbas. Davvero, non lo capisco: affermare che Auschwitz è stato un gigantesco imbroglio architettato dai sionisti per avere mano libera nello sterminio dei palestinesi, pianificato durante una riunione del Bené Berith, è una porcheria in sé, non perché lo dice uno di AN (partito -e coalizione- che di porcherie ne dice già tante di suo, mi pare di ricordare).
A partire dalla Shoah sono quindi possibili due narrative (ce ne sono sicuramente molte di più, ma qui mi importa mettere a confronto queste due). La prima costruisce intorno a Zahal un ethos collettivo che parte dalla risposta all'antisemitismo. La seconda costruisce una rappresentazione della storia d'Europa come un eterno conflitto tra fascismo e antifascismo, tra cattivi e buoni, con l'antisemitismo come tratto peggiore (o peggiorativo) del campo dei cattivi. La prima narrativa ha con sé l'imperativo categorico della continuità del popolo ebraico. La memoria della Shoah, qui significa che Israele deve sapersi difendere e gli ebrei devono poter continuare a praticare l'Ebraismo, incluso il primo comandamento: crescere i figli come ebrei. La seconda, invece, mette in scena uno scontro continuo, in cui le parti in campo si definiscono per negazione; non sei dei nostri - quindi sei un fascista o un berlusconiano, cioé sei antisemita - anche se difendi Israele, che è il luogo dove questa educazione ebraica è più possibile e meno costosa.
La più convincente delle due narrative, ovviamente, è quella degli ebrei in carne ed ossa e non è costruita intorno a una figura disincarnata di ebreo, prototipo e somma di tutte le persecuzioni possibili, incapace di produrre una propria cultura ed identità che non sia la pezza di appoggio della prossima demonizzazione.

l'amore, la guerra e quel che c'è nel mezzo

Arabs surf Israeli porn sites
Owners of Israeli sex sites report high percentage of entries from Jordan, Egypt and Saudi Arabia. The hit: Clips starring female soldiers and Mossad women

The Israeli-Palestinian conflict apparently does not disturb and even encourages Arab internet users from consuming kosher Hebrew porn. Operators of a number of porn sites report that between two and 10% of their users arrive from Muslim countries like Saudi Arabia, Tunisia, Jordan, Egypt, and the Palestinian Authority. Some websites even go as far as offering services in Arabic.
Nir Shahar, who manages the Israeli porn website, 'Ratuv' (wet), said that his company produced porn movies that have typical Israeli themes featuring female soldiers, female Mossad agents and policewomen.
It turns out there is a high demand for such content even in countries that are defined as "enemy sates." The most popular video clip among Arabs, "Code name: Deep investigation," is described as "a parody dealing with the Vanunu affair with agents investigating the affair using erotic means."
In the past several months we see an increase in traffic from countries that have no diplomatic ties with Israel including Iran, Iraq, Saudi Arabia, Kuwait and Egypt," Shahar said.
Due to the demand, Shahar added an Arabic version of the site. "We received many thank you messages from Arab surfers. Many of whom asked if the female soldiers really serve in the IDF," he said.

Looking at photos
"We get hundreds of hits from surfers that live in countries where porn is prohibited," said Gil Naftali owner and operator of another Hebrew sex site, SexV. "We don't have an Arabic version because users log in to watch photos and video clips that require no explanations."
According to site statistics, last month there were over 2,000 hits from Riad, the capital of Saudi Arabia. The average time a Saudi surfer spends on SexV is 17:23 minutes.
Data also shows that 10 percent of the visitors to the most popular sex site in Israel, Domina, are Arabic speakers. "That is because we offer content in their language," said Tzahi who operates the site.
Nothing seems to stop the porn-consuming Saudi, not even technical difficulties: "In many places Israel is blocked, at times the entire suffix ".co.il" is blocked. Users connect through proxy servers and reach us that way," he said.
The motive behind these initiatives is purely economical, and by means the desire to connect people through the international language of porn.
"Israeli and Arab surfers do not communicate on the website. Ideology? No, it's purely business," Tzahi laughed. "Porn will not bring about peace but at least we get some money out of our enemies' pockets."

Adar Shalev
http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3440271,00.html

mercoledì, agosto 22, 2007

lo ha ripubblicato

Uriel ha ripubblicato il meraviglioso post sull'amico ebreo. Valga come risposta ai commenti che devo ancora moderare, che ho già letto e che stanno lì a dirmi: se ci pubblichi facciamo un flame, se non ci pubblichi sei uno stronzo, allora hai deciso? Leggetevelo tutto.

domenica, agosto 19, 2007

senti tu

Era da un po' che non si facevano vivi. I saputelli che -senza aver messo piede qui una sola volta- sono pronti a dare lezioni sulle cose di cui mi dovrei occupare (Ebraismo) e quelle che dovrei evitare (Israele). Come e quando distinguere le due questioni, resta un mistero; fioccano raccomandazioni dal sapore paternalistico, inviti a mantenere un punto di vista distaccato e neutrale anche se (bontà loro) le condizioni ambientali eccetera - "quel che ti sembra uno stronzo antisemita visto da lì, se vieni qui capisci che è una brava persona
Vorrei spiegare a questi signori che SE il nazionalismo palestinese, in qualsiasi forma, la avesse avuta vinta nel 1948 e anni seguenti, non ci sarebbe la casa in cui abito, la sinagoga in cui mi reco per le selichot e -assai probabilmente- il simpatico e correttissimo proprietario di questo appartamento starebbe facendo la fame in qualche ghetto. E anche se c'è qualcosa di pornografico nell'esibizione della sofferenza, guardatevi questa foto.


Sono i cittadini ebrei di Gerusalemme, che ne vengono espulsi nel maggio 1948, dal pacifico (e per niente antisemita) esercito giordano, che non c'entrava nulla con Muhammed Amin al-Husseini ma era ugualmente pericoloso. Il numero degli ebrei massacrati dalla soldataglia araba nei mesi precedenti la dichiarazione di indipendenza di Israele supera il migliaio (più di 900 già prima che il primo villaggio arabo venisse conquistato).

Questa roba, per me, non ha niente a che fare con la pace. A qualcuno fa paura (nientemeno) il ritratto dell'arabo iroso che se ne sta alle porte della città biascicando insulti contro tutto ciò he lui reputa ebraico; a me fa enormemente più paura che si voglia chiamare "pace" l'espulsione degli ebrei da Gerusalemme e il trasferimento della capitale del popolo ebraico sotto una qualche forma di sovranità internazionale - con i meravigliosi risultati che si sono visti a Sarajevo. Gli israeliani hanno il diritto di trattare con chi cavolo vogliono (come hanno trattato, con generali argentini e razzisti sudafricani, il tutto per salvare la pelle ad altri ebrei); quindi, per me, noi israeliani possiamo trattare, se serve, anche con Hamas o con Abu Mazen - un signore che meno di trenta anni fa si è addottorato con una tesi negazionista. Però mi fa semplicemente ridere la sinistra italiana, che urla alla violazione della Memoria ogni volta che Gianfranco Fini si avvicina al governo (e pure io non lo considero certo una cosa molto simpatica, sono nipote di partigiani) mentre passa sotto silenzio la predetta tesi di dottorato.

Vorrei, ripeto, raccontare tante cose. Ma lascio perdere. Sono impegnato a vivere, non ho tempo per spiegare cosa è la vita (e che in realtà noi ebrei siamo buoni e noi israeliani vogliamo la pace e non mangiamo i bambini arabi eccetera eccetera eccetera). Spiegazioni che, per qualche ragione che affonda le radici nella Seconda guerra mondiale, non vengono mai credute. Perché in questa parte del mondo abitano i cattivi.

N.B. Per gli interessati alle vicende recenti degli ebrei nei Paesi arabi, questo è un buon punto di partenza. Sono notizie che nella stampa italiana non si trovano. Per favore, nel prossimo commento, provate a spiegarmi perché.

ho visto un cabalista

Nella sinagoga mizrahit in cui vado a dire le selichot è comparso stanotte un signore con una bella voce e una lunga barba. Ormai riesco a seguire il testo e mi accorgo se qualcuno aggiunge o leva delle parole. Sta di fatto che questo signore aggiunge spesso riferimenti ai mekubalim e ahava (amore) persino quando dice il kaddish (vel col Israel be-ahava) e io con la mia versione Reform (ve al kol Israel ve al kol bené Adam) mi sento un po' supportato
La mia ipotesi la ho scritta nel titolo, se lo rivedo provo a chiedergli qualcosa. Tutti voi che vedete ROSSO ogni volta che si esce da Maimonide siete avvisati.

giovedì, agosto 16, 2007

selichot

Ieri notte sono iniziate le selichot secondo il rito sefardita ed è stata una esperienza emozionante. Svegliarsi nel cuore della notte, recarsi in una sinagoga dalle parti dell'Università ebraica e stare per una buona ora in mezzo a gente che gridava, spesso ritmicamente, le parole del rituale (in breve: una specie di anticipazione di Rosh ha Shana) con il suono dello shofar che si sovrapponeva alla recitazione dei Tredici Nomi.
Litanie, credo si chiamino, e qualcuno ha pure salmodiato (anzi: gridato) qualche assolo - da queste parti lo status halakhiko non è esattamente un problema per noi Reform - e non certo perché stiamo a inseguire gli ortodossi sul loro terreno, semplicemente ci capita di avere una certa forza contrattuale; e poi i sefarditi sono gente simpatica, bunachos, si dice. Se sei ebreo, sei ebreo punto.
Insomma, sarà il fatto di trovarsi nel pieno della notte, saranno i cantori (e/o i semplici fedeli: ognuno in questo rito ha l'incarico di gridare o dire qualcosa) particolarmente convincenti ed ispirati, sarà che quando sono frastornato mi viene da pensare in inglese, la parola più adeguata è powerfull, pieno di forza. E per ricorrere a una metafora abusata, il viaggio interiore del mese di Elul richiede molta forza. Stare in gruppo, seguire il ritmo, aspettare di sentire lo shofar, aiuta non poco. Ti dà la forza di cominciare a guardarti dentro. Gli elenchi alfabetici che sentiamo a Kippur (ahsmanu, bagadnu, gazarnu...) qui sono accompagnati da commenti -sì, gridati anche questi- e mi dicono che questi peccati al dettaglio sono davvero imbarazzanti da ripetere in coro. Però così si fa, perché ogni ebreo è responsabile di quello che fanno gli altri ebrei.
Mi chiedeva una amica cattolica se questa confessione collettiva "funziona" come la loro, io credo di sì, ha anche un che di egalitario, certo che non essendoci per noi l'inferno, il punto non è la salvezza, ma riparare i torti. E mettere gli alti nelle condizioni di ripararli. Probabilmente per questo è una buona idea che preparazione a Rosh ha Shana sia accompagnata dalle selichot per tutto un mese. Si rimane stanchi durante il giorno, e ti resta meno voglia di litigare.
Nella zona di Gerusalemme in cui abito, vivono famiglie originarie dal Kurdistan e dall'Irak. Hanno la loro sinagoga (si chiama Ohel Baruch). Le selichot sono alle 4.00 di mattina, il che significa che posso alzarmi dal letto alle 3.30, andare a dire la tefillah, e rientrare per le ultime ore di sonno. Insomma, per questo mese val la pena di provare. E shanah tovah.

domenica, agosto 12, 2007

idan raichel

giovedì, agosto 09, 2007

alle porte della città

Lo incrocio tutte le vote che passo per la città vecchia. E' un giovanottone arabo, stazione fuori dalla porta di Giaffa, nei pressi dell'ufficio turistico. Non sembra particolarmente sereno. Davanti all'ufficio turistico c'è sempre una piccola folla di turisti che aspettano il parente/amico/altro significativo. Questo tizio si avvicina a ciascun turista e chiede: du you uant mi tu accompani for shopping. Ovviamente quasi tutti gli rispondono di no, prima di tutto perché su ogni guida turistica c'è scritto che la parte antica di Gerusalemme è una città sicura e inoltre perché anche ammesso che io voglia farmi accompagnare a fare shopping nel mercato di Gerusalemme (dove comunque i commercianti sono bravi da soli ad attirare i clienti), non mi fiderei certo di uno con una faccia simile. Quando si sente rispondere di no, il giovanottone, che credo si possa definire palestinese, sputa per terra, e mi chiedo se pensa di convincere qualcuno. Ringhia: you ev prejudis agheinst ui arab, iu giuw e poi se ne torna al suo angolino a sputare insulti ogni volta che gli passa accanto qualcuno che lui identifica come yahid. I commercianti, che vendono qualcosa di più concreto che le pure parole (e ci mettono pure un sorriso), fanno un sacco di soldi. Lui no. E poi dà la colpa agli ebrei. Che novità.
Ovviamente non voglio negare che esista da qualche parte un ebreo, o forse più di uno, provvisto di pregiudizi contro gli arabi; magari qualcuno di questi ebrei ha pure incrociato la strada del giovanottone che sputa per terra. Come si dice, la fortuna è cieca. Credo siano d'accordo anche quegli altri commercianti arabi. Quelli che non sputano, voglio dire. E che fanno più soldi di lui. Palestinesi anche loro, eh.

che male vuoi che faccia


Provo un certo fastidio nei confronti degli eccessi di fervore. Di per sé non è la fede religiosa che mi innervosisce, ma l'ostentazione. Sono convinto che il rapporto con Dio (per chi crede) o con la tradizione ebraica (che è più o meno quello che di solito si cerca in una sinagoga, perlomeno in Europa) sia qualcosa di personale, forse addirittura di intimo. Nessuno di noi ebrei europei, secondo me, è realmente convinto che il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, anche se tutti quanti sentiamo di discendere da un popolo che è stato schiavo.
Il fervore di quelli che si piegano fino a terra ogni volta che si sente dire baruch mi sembra una rinuncia a questa dimensione privata dell'identità, in cui è permesso il dubbio. Anzi, in cui essere scettici è una buona abitudine, non un peccato. La nostra religione ha un linguaggio meraviglioso (fatto anche di gesti e di parole) per esprimere sostegno nei momenti importanti della vita, incluso il lutto. Ma lo stesso linguaggio è rispettoso della dimensione individuale, non richiede che i sentimenti vengano buttati nell'arena pubblica.
Stamattina ho letto un passo delle Tosafot al Trattato Berachot del Talmud, che mi ha fatto riflettere. Durante l'Amidà si usa inchinarsi solo in un paio di benedizioni (su diciotto che sono). Naturalmente è riportata la discussione e mi è capitato di leggere una frase che ho sentito decine di volte: Ma che male vuoi che faccia - se uno si inchina anche durante le altre benedizioni. L'argomentazione sottintesa è che la spontanietà non va fermata e che insomma così fanno i devoti (all'epoca del Talmud la categoria del vero ebreo era ancora da inventare, più o meno come tutta l'ortodossia) e la devozione è una cosa bella. Seguono due risposte: la prima è che è del tutto superfluo aggiungere nuove regole e pratiche quando se ne è già stabilita una - ed equivale a ricordare che la tefilà è sempre pubblica, e il comportamento di uno potrebbe diventare la regola per molti.
La seconda risposta mi piace ancora di più. Inchinarsi di frequente, oltre quei momenti stabiliti, ha l'effetto di umiliare coloro che non riescono a pregare con lo stesso fervore. Uno dei più grandi insegnamenti dell'Ebraismo è il principio del rispetto per la dignità di tutti gli esseri umani; atei inclusi, ovviamente.

mercoledì, agosto 08, 2007

Manuale di conversazione ebraica

Capitolo I - Definizione e origine
1.1. Definizione storica
1.2. Definizione di mia cugina
1.3. Contro-definizione di mia madre
1.4.1 Assiomi 1. Mia suocera invece.
1.4.2 Assiomi 2. E' lui che dovrebbe essere più generoso.

Capitolo II - Obiettivi

(In seguito a lunga e approfondita riflessione e dopo innumerevoli tentativi, ho deciso di sopprimere completamente questo capitolo, per essere giunto alla seguente storica conclusione: la conversazione ebraica, ricchissima in ogni suo aspetto, manca completamente di obiettivi)

Capitolo III - Circostanze
3.1. Nelle quali accade la conversazione ebraica
3.2. Nelle quali dovrebbe accadere la conversazione ebraica
3.3. Nelle quali non dovrebbe mai accadere la conversazione ebraica
3.4. Nelle quali, nonostante tutto, accade la conversazione ebraica
3.5. Nelle quali, sentiamo adesso cosa vorresti dire.

Capitolo IV - Pretesti per iniziare una conversazione ebraica
4.1. Con interesse commerciale (vd: Guadagni, cap. XVIII)
4.2. Con interesse affettivo (idem)
4.3. Con interesse sociale (ibidem)
4.4. Senza alcun interesse (vd cap. II)

Capitolo V - Modalità per interrompere una conversazione ebraica
5.1. Squalifica dell'argomento di conversazione
5.2. Tecnica del colpo sul tavolo
Sugli scacchi (metodo polacco)
Sulle pedine di backgammon (metodo israeliano)
Senza tavola né pedine (metodo sefardita)
5.3. Strategie
La ripetizione lapidaria di Cohen (e allora io lo so come va a finire) [ripetere fino allo svenimento dell'interlocutore]
L'uso del sospiro e sue conseguenze

5.4 Arti marziali
Tae-kwon-do
Karate
Colpi vietati
Uso dei tefillim

5.5. Tecniche manuali con il telefono
"Non si sente, ti richiamo io, tu non chiamare"
Le risorse del cellulare

Capitolo VI - Modalità per introdursi in una conversazione ebraica
6.1. L'interesse per l'argomento di conversazione
6.2. Il desiderio di fornire informazioni supplementari
6.3. Con assoluta ignoranza dell'argomento di conversazione
6.4. Senza alcuna presentazione
6.4.a Scusi, IO credo che .
6.4.b. Mi scusi, proprio Lei che è ebreo dice questo ?
6.4.c. Eh no, questa barzelletta finisce in un altro modo !

Capitolo VII - Svolgimento della conversazione ebraica
7.1. Le relazioni interpersonali all'interno della conversazione ebraica
7.2. Impiego di lingue conosciute
7.3. Impiego di lingue sconosciute agli interlocutori
7.4. I diversi modi per cui d'altra parte è vero anche il contrario
7.5. Di come conversare dormendo
7.6. L'astuzia nel presentarsi umile
7.7. Di come trasformare una conversazione ebraica casuale in una permanente
7.8. Viceversa

Capitolo VIII - Logica della conversazione ebraica
8.1. I due interlocutori discutono del medesimo argomento
8.2. Ciascuno dei due interlocutori parla del proprio argomento
8.3. La costante rotazione degli argomenti
8.4. L'assenza dell'argomento

Capitolo IX - Impiego delle mani
9.1. Scuola lituana (ambedue le mani sopra il capo)
9.2. Scuola polacca (ambedue le mani sopra il capo dell'interlocutore)
9.3. Scuola sefardita (ambedue le mani contro l'interlocutore)
9.4. Dizionario gestuale partenopeo-ebraico

Capitolo X - Terminologia standard
10.1. Oy !
10.2. Barminnan !
10.3. Vey !
10.4. Ach ! (vd cap. XXIV - Der Deutschjuden Specht)
10.5. Pfui !
10.6. Nu ?
10.7. Nu !
10.8. Nu ?????
10.9. Nu, nu, nu.
10.10. NU ?
10.11. Oy vey !

Capitolo XI - Etica della conversazione ebraica
11.1. Del vero
11.2. Del falso
11.3. Della sapiente combinazione di vero e falso
11.4. Come guadagnare denaro partecipando ad una conversazione con il minimo sforzo (vd. cap. XXX - La psicoanalisi)

Capitolo XII - Esercizi di conversazione. Argomenti
12.1. Meteorologia e antisemitismo
12.2. Israele
12.3. La vita (oy !)
12.4. La morte (barminnan !)
12.5. I figli (oy vey !)
12.6. Gli affari (Pfui !)
12.7. La politica (NU ?)

Capitolo XIII - Miscellanea
13.1. Dell'impiego del tempo nelle conversazioni a distanza
13.2. Tecnica della portiera
13.3. Conversazione inter-religiosa, nel caso che uno degli interlocutori sia un vigile urbano e l'altro abbia tentato di passare con il rosso.
13.4. Introduzione allo sbraitare
13.5. Il sottile uso del Lei
13.6. Di come fingere di ascoltare mentre in realtà si sta parlando
13.7. Il raro dialogo ebraico tra muti
13.8. Il frequente dialogo ebraico tra sordi
13.9. Come conversare con la bocca piena, senza sputare
13.10. Come conversare con la bocca vuota sputando in faccia all'interlocutore

Conclusione
14.1. Chiudi quella bocca e lascia parlare me ADESSO !

domenica, agosto 05, 2007

culturalshock4

Sto per fare una rivelazione sensazionale: anche in questo Paese esistono gli str***i, quelli che non rispettano la fila e quelli che ti prendono la roba dal carrello al supermecato. Ci sono persino i reati e gente che vive di espedienti poco chiari. Per esempio vorrei sapere se l'attività di cambiavalute del negoziante all'angolo è legale. Ci sono pure i padroni di casa str***i, del tipo che se l'acqua calda non va ti dicono che è per la tua salute, fa bene fare docce fredde d'estate, e che ti manderebbero il tecnico della caldaia (dei pannelli solari) ma non lo fanno perché ci tengono alla tua briut - salute.
Il padrone di casa della casa da cui scrivo NON è uno di questo tipo. E' un pensionato delle poste, è nato in Irak, è arrivato in Israele più o meno quando aveva sette anni e prima di andare in pensione ha fatto questo piccolo investimento, che sarebbe l'appartamento. Durante i mesi in cui non è a Gerusalemme se ne va in giro per il mondo (Thailandia, Cina, Perù) e se abbiamo qualcosa da chiedere parliamo con la sua cognata. Che, come lui, è gentilissima, cortese e sempre disponibile.
Ora mi è successa una cosa strana, cioé che lui ha suonato alla porta mentre io stavo su Internet a leggere i deliri che circolano nella sinistra italiana. A quel che sembra, gira in Italia la seguente leggenda. In Irak ebrei e arabi vivevano pacifici fianco a fianco e tutti gli arabi avevano il loro bravo amico ebreo; che poi va a sapé se gli ebrei hanno l'amico arabo, secondo me no, perché loro si sentono il popolo eletto e sono tutti un po' snob. A un certo punto succede che arrivano i sionisti brutti cattivi e potentissimi e vogliono rompere l'idillio, allora mettono le bombe nelle sinagoghe, per costringere gli intimiditi ebrei irakeni a fuggire dal paradiso e rifugiarsi nel Paese, che appunto, è venuto a bombardarli.
Ora, detta così, lo so, fa ridere. Ma quello che la stava raccontando faceva sul serio. Tanto era affezionato alla idea che se qualcosa si rompe tra ebrei e arabi è sempre colpa dei sionisti. E i dalemiani a dargli ragione, tanto è forte la nostalgia per questo idillio. Sta di fatto che il signor O., che manco legge l'inglese figurarsi l'italiano, ha suonato alla porta mentre lo schermo del mio computer ridondava di queste leggende spacciate per vere, poggiandosi su fonti di carattere eminentemente locale.
Per chi non lo sapesse è nel 1934 che gli ebrei vengono espulsi dalle accademie in Irak e vien eimpedito loro l'esercizio delle libere professioni (indovina da chi hanno preso l'idea) ed è nello stesso anno che inizia una ondata di pogrom: nella sola Baghdad si contano più di 200 vittime dell' "antisionismo" dell'epoca.

Alya dall'Irak, 1951

Non escludo affatto che il risentimento dei sefarditi, all'epoca di Casablan prima versione, abbia portato a far scrivere spropositi di questo tipo, del genere ma perché non ce ne siamo rimasti a casa, che qui è pieno di antisemiti. Antisemita è una parola molto comune nella politica israeliana e non esiste parlamentare della Knesset che non sia antisemita secondo un altro parlamentare. Esattamente come non esiste parlamentare italiano che non sia stato definito almeno una volta fascista; però ci sarebbe da ridere se si usassero gli insulti che volano in parlamento come prove per dimostrare che il presidente del Consiglio è Benito Mussolini e i sindacati sono stati sciolti.
Sta di fatto che mi trovavo in una stanza di casa a parlare con il proprietario di casa, che ha una storia di persecuzioni, di fuga da pogrom; di immigrazione, di primi mesi passati nelle tende, in un campo profughi da cui poi è potuto uscire e poi di integrazione dentro questo Paese, fino a raggiungere quella che alla gran parte delle generazioni precedenti di ebrei irakeni non era stato possibile raggiungere: una vecchiaia serena. Mentre parlavo con lui, in un'altra stanza il computer era acceso e c'era della roba sopra di cui mi vergognavo. Menzogne ripetute fino allo spasimo (qui, per un resoconto più realistico) e roba alla quale, in Italia, credono perfino degli ebrei.

sabato, agosto 04, 2007

solo una domanda

La missione del popolo di Israele coinvolge anche altri popoli. Gli ebrei non sono soli. In seguito alle sofferenze della nostra storia, dobbiamo trovarne il senso. Non siamo sopravvissuti per secoli senza una ragione. In un mondo insensato, dobbiamo introdurre la ragione. E siccome in questo mondo c'è morte ed assassinio -e nessuno lo sa meglio di noi- e sappiamo quanto la nostra lotta possa apparire insensata, dobbiamo contrastare l'assurdo e l'assassinio e trovare il senso della nostra lotta, se non per la nostra speranza.
Non è una lezione. Non è una risposta. E' solo una domanda.

[libera traduzione dal Siddur Gates of Prayer]

potenze oscure

Più di trenta anni fa c'erano musicisti punk che amavano adornarsi di svastiche. Il punk, lo sappiamo quasi tutti, è (era) energia pura, sberleffo continuo, dissacrazione permanente che portava con sé i germi della propria fine: la famosa mancanza di alternative al Sistema. Sid Vicious, detto in altro modo, voleva provocare; era un cittadino della più celebre monarchia del mondo, urlava che non sapeva cosa voleva ma sapeva come ottenerlo e pertanto gridava alla regina di andare a farsi fottere - la regina, per inciso è ancora lì, e lui no. Si era trasformato anche in antisemita, non solo per dispetto dell'etichetta; anche come provocazione contro il potere.

Uno dei leit-motiv antisemiti ricorrenti è la lamentela a proposito dell' eccessivo potere ebraico. Per secoli nelle città italiane i predicatori francescani o cappuccini urlavano dal pulpito "mi stupisco di come gli ebrei sono favoriti in questa città, invece di andar divisi, come debbino, dalli cristiani" (per gli interessati: è Bernardino da Siena - sì, vabbé, lo hanno pure fatto santo. A volte questi sermoni erano seguiti da pogrom).
Le leggi razziste del 1938 furono accompagnata da una grancassa mediatica di Regime (quello vero) sulla demo-giuto-plutocrazia massonica, e agli orecchi degli italiani cattolici, ovvero la stragrande maggioranza, la parola massoneria evocava ed evoca ancora losche trame e poteri che tramano nell'ombra, mica il Flauto Magico. E lo scopo delle predette leggi era tenere gli ebrei lontani dai centri di potere.



Massimo D'Alema, quando parla di reazioni sproporzionate, ovvero di eccessiva potenza di Israele, allude esattamente a questo ordine di idee - se ne è consapevole è male, se non ne è consapevole, peggio.
Le origini di questa rappresentazione fantasmatica del Potere ebraico sono, forse, nella cultura medievale. Teologicamente ci si doveva fare una ragione della renitenza degli ebrei alla conversione al cristianesimo, così maturò l'idea che se gli ebrei non si convertono alla vera fede è per via di qualche segreto che li mantiene nell'ombra. Politicamente, papi e princìpi ricorrevano agli ebrei per quel che si chiama "lavoro sporco", tipo l'esazione delle imposte o l'immissione in circolazione di moneta adulterata.
E' veramente bizzarro che si possa sostenere l'esistenza di un Potere ebraico sovranazionale dopo la Shoah: Roosevelt rifiutò di bombardare Auschwitz per fermare la macchina della morte, come gli avevano chiesto i rappresentanti di organizzazioni ebraiche americane, che quindi tanto potenti non erano.
In altre parole, il fatto che gli ebrei siano potenti è una palla. Naturalmente ci sono molte ragioni per cui questa palla è popolare, e vengono di solito trattate dagli psicologi in studi dal titolo why do bad things happen to good people. E proprio sulla diffusione di questa leggenda, si è appoggiato il clamore della simbologia punk.
Una versione molto popolare di questa leggenda del potere ebraico è la seguente: se (gli ebrei) ti accusano di antisemitismo, sei morto. Magari, dico io. Se bastasse dire che Tizio è antisemita per distruggerne la carriera e sollevarlo da posti di responsabilità, non esisterebbero né Microsoft, né la CNN e a capo dei diversi governi di Paesi democratici come della totalità di quelli mussulmani ci sarebbe altra gente, forse migliore.
Così non è, e purtroppo quando si rilevano le idiosincrasie di un conduttore televisivo, succede lo stesso, se non peggio, di quando si denunciano le battute sull'AIDS e le sabbiature del Presidente del Consiglio. I dirigenti delle associazioni gay non sono stati querelati per essersi infuriati con Berlusconi quando lui scherzava sulla sepoltura in spiaggia dei sieropositivi da vivi, mentre il presidente di una Comunità ebraica è stato denunciato (e condannato) per aver detto la pura verità, ovvero che Santoro racconta la storia del medio oriente in chiave antisemita, secondo i gusti e la visione del mondo caratteristica degli alleati arabi del nazismo e che ha dato i suoi frutti in pagine vergognose di storia.

Haj Muhammed Amin al-Husseini, fondatore del nazionalismo palestinese,
passa in rassegna un reparto di SS mussulmane.

Pagine di storia continuamente minimizzate o sottovalutate da chi, con trent'anni di ritardo rispetto ai Sex Pistols, pensa ancora che ci vuole un gran coraggio per dissacrare la Shoah, per sputare sui partigiani ebrei, per fare il verso ai costumi e alle norme dell'Ebraismo, per affermare che gli ebrei sono una razza con i famosi tratti somatici comuni-
Oppure gli ebrei (tutti, o la maggioranza di essi, cioé di noi) sarebbero tutti quanti in preda a una paranoia collettiva. Tratti psicologici comuni; ovviamente malati, perché l'Ebraismo è la religione della Legge (e il Cristianesimo quella dell'Amore, che la supera) e il Dio di Israele (cioé dell'Antico Testamento) è un Padre dispotico che castra i suoi figli/rivali (ecco fornita la spiegazione della milah), e gli ebrei sono pericolosi, "estranei alla comune cultura condivisa" perché si sentono protetti dalla potenza di questo Dio terribile e vendicativo, che incenerisce i bambini palestinesi con l'accusa di antisemitismo.
Questo insieme di percezioni distorte -e di leggende che si nutrono da sole- fa parte, purtroppo, della cultura generale italiana e forse europea. Me ne accorgo ogni volta che incrocio i forum che frequentavo in Italia. Di tutte le associazioni automatiche, quella con il Potere (o con gli USA) è quella più ricorrente, ogni volta che si parla di ebrei o Ebraismo.
Ammetto che la cosa mi diverte. Strane cose succedono se si lascia intendere che stai per passare il messaggio di Tizio (che ha delle ambizioni, poniamo, politiche) a degli amici che hai nella polizia israeliana. C'è stato anche chi ha cominciato a preoccuparsi sul serio per il destino del suo collega giordano. O chi è sparito dai forum, probabilmente intimorito. E, ovviamente, non mancano i bimbetti che, per sfidare papà, si sono messi a fare pernacchie più fragorose. A raccontare barzellette sugli ebrei, sforzandosi di passare per antisemiti bene informati.
La cosa mi diverte tanto quanto (tempo fa) facevo irruzione dei forum di fascisti, prendevo di mira il più esaltato e iniziavo a spargere la voce che fosse un informatore della polizia. L'ambiente dell'estrema destra italiana pullula di poliziotti in incognito e tutti hanno una paura bestia di venire arrestati alla prossima retata, quindi le mie incursioni causavano panico, scompiglio e per almeno un paio di giorni il tema del dibattito cessava di essere la Palestina. E uscivano un sacco di retroscena diverenti, del tipo che il camerata segretario del Fronte Cattolico Antirivoluzionario si era scopato la signora marchesa dei monarchici uniti per il Meridione. Lo spettacolo era poco divertente ma alla fin fine non si riusciva a temere degli sbruffoni di quel tipo, che magari, inizialmente, ti mettono paura - finché non scopri che, davvero, can che abbaia non morde. I fascisti, in mutande, non fanno paura.
Diverso è con questi sedicenti compagni (e/o fan di D'Alema). La loro paura del potere ebraico è una paura reale, che condizione pesantemente la loro visione del mondo - o addirittura la percezione. E se minacci di segnalarli al Mossad si spaventano, anziché mettersi a ridere; temono davvero che i loro scritti siano finiti su una qualche scrivania a Gerusalemme o a Tel Aviv e che l'ingresso in Israele verrà loro impedito da agenti della polizia per il controllo del pensiero, paranoici convinti che il mondo è pieno di antisemiti e che sia giunta l'ora di vendicarsi. Mi diverto, stando qui. Ma non riesco (sempre) a riderne.

venerdì, agosto 03, 2007

culturalshock3

Se io fossi rimasto in Italia non perderei l'occasione di farmi raccontare da un italiano che vive all'estero come vanno le cose in Francia, Mozambico, Russia o persino San Marino. Invece ricevo dall'Italia un sacco di lezioni e conferenze su come vanno realmente le cose nel Paese in cui abito - e di cui sono cittadino. Buona parte di queste lezioni provengono da gente che ha il famoso amico ebreo, altre vengono da chi si è molto documentato sui crimini del sionismo - e poco sulla storia del movimento operaio. Capita davvero di leggere iscritti ai Comunisti italiani che chiedono "Ma cosa avrebbe fatto di importante Enzo Sereni?" tanto è viscerale il desiderio di sputare fiele su qualsiasi cosa esista di ebraico (ooops: di sionista).
La cosa più deprimente è che questa gente si definisce di sinistra. Ma vediamo di essere ottimisti: l'esistenza di uno Stato ebraico che si chiama Israele è considerata irreversibile persino dai fascisti (che non ne sono entusiasti, ma nessuno chiede il loro amore), forse persino i comunisti, un domani, potranno cambiare idea. E' che quel giorno sembra davvero lontano. E oggi c'è lo spettacolo deprimente di quel vuoto pneumatico di cultura, riempito da un amore acritico per l'esotico, ovvero per quella narrativa palestinese, secondo la quale questo è stato il Paese con i mulini tutti bianchi , poi sono arrivati da un altro pianeta i mostri sionisti, che con la loro potenza nei media hanno distrutto l'idilio. Fino alla prossima, ventura, resurrezione.

giovedì, agosto 02, 2007

oy division