martedì, aprile 29, 2008

yom ha Shoah

I prossimi giorni non saranno facili. Yom ha Shoah è una ricorrenza terribile, forse ancora più grave se sei europeo, se il luogo in cui sei nato è vicino a quelli dell'orrore. Uno vorrebbe avere delle risposte, ma non ci sono. Si prova appena a formularle: sei milioni di persone sono morte per via del conflitto tra lavoratori e capitale. Oppure: sei milioni di persone sono morte perché ci sono in giro persone tanto cattive. Suona terribilmente ridicolo. Uno ci prova, a cercare risposte. La domanda, il perché?, resta in gola. Ogni possibile risposta può essere smentita e dopo tanti tentativi il solo pensiero di chiedere diventa tragicamente vuoto.
Il più vasto cimitero ebraico del mondo è a Lodz. I nazisti a Lodz non incenerivano i cadaveri: li sotterravano. Naturalmente dopo averli privati di nome, segnati con un numero. E attualmente è in corso un progetto, a cura anche dell'esercito di Israele, in cui si cerca di restituire nomi alle vittime, utilizzando la documentazione archivistica. Non è raro vedere soldati isreliani nel cimitero del ghetto di Lodz (pochi sanno che il servizio militare in Israele comprende anche quello che in Italia si chiama volontariato, solo che è obbligatorio). Fu dentro il cmitero di Lodz che si salvò una signora di cui mi hanno parlato, qualche giorno fa. La mamma la nascose là, in mezzo alle tombe, il giorno che tutti i bambini dovevano partire da Lodz verso l'ignoto. I tedeschi le trovarono poco dopo e le spedirono ad Auschwitz. Ad Auschwitz diedero loro questa possibilità: o girare senza mutande, o vestire della biancheri intima ricavata dai tallitot. Infamare gli oggetti rituali ebraici era uno dei passatemi preferiti dei nazisti. Lo è stato dei romani, che bruciavano i maestri dopo averli avvolti dei rotoli della Torà, e poi lo è stato dell'Inquisizione, e poi dei comunisti e adesso degli islamisti, che trasformano i cimiteri ebraici in latrine.
Degradazione che mamma e figlia rifiutarono. Uscite dall'inferno emigrarono in Israele e la signora ha spiegato che là, nelle tenebre, era riuscita a sopravvivere perché aveva un sogno, che ora si è realizzato: ad per ogni membro della sua famiglia che vive in Israele ha regalato un tallet tessuto ta lei. Un paio si sono visti anche indosso ai soldati che lavorano per dare un nome alle vittime dell'inferno di Lodz e che poi rischiano la propria vita perché quell'orrore non torni più.

domenica, aprile 27, 2008

il fuoco santo

Il Sabato prima della Pasqua ortodossa (che quest'anno è oggi) si svolge alla basilica del Sepolcro una cerimonia, diciamo, suggestiva. La ressa di pellegrini cristiani ortodossi (armeni, copti, siriaci, russi e soprattutto greci) è impressionante, e ieri la Città Vecchia era chiusa al traffico fin dall'alba.
In parole povere, e per chi ci crede, si tratta di un miracolo che accade tutti gli anni. Da diciassette secoli almeno. E se pensate che il sangue di San Gennaro e le piaghe di padre Pio siano dei miracoli veri, vuol dire che non avete mai visto il miracolo del fuoco. Come la stagrande maggioranza degli italiani, io non ne avevo mai sentito parlare, a parte alcune pagine all'inizio di un libro di Elias Canetti, che poi però prende tutta un'altra piega. In Italia di questa ceriminia non si sa nulla, nonostante sia trasmessa in mondovisione - stiamo parlando di un miracolo che non succede se ci sono dei cattolici nei paraggi, tipo all'epoca delle Crociate, perché a quanto pare il Dio dei cristiani ortodossi è molto incazzato con i cattolici, e mi sa che queste sono notizia che né la RAI né Berlusconi vogliono farvi sapere (ma ve la dico io. pronti? ecco qua: a Gerusalemme cattolico non è sinonimo di cristiano)
Seguendo un rituale che sembra copiato da quello di Kippur quando c'era il Tempio, il patriarca ortodosso entra in una cappella della Basilica del Sepolcro e ne esce con un candele accese di un fuoco che per i primi trenta minuti non brucia. E difatti la gente si passa le candele sul viso e persino sulla barba per ricevere questa benedizione del fuoco. Qui la similitudine sembra piuttosto con Hannukkah, cioé il centro della celebrazione è la luce. Che la luce venga dal luogo in cui, secondo la tradizione cristiana ortodossa (e cattolica) è morto Gesù, mi sembra una cosa molto significativa, dal punto di vista simbolico.
La pagina di wikipedia sull'argomento è fatta abbastanza bene, eccola qui, e buona lettura. Qui sotto vi metto un video della cerimonia di qualche anno fa. E qui qualche spiegazione in italiano. I lettori cristiani ortodossi, se ci sono, mi permetteranno di essere scettico. Dopotutto se non ci fossero più ebrei al mondo non ci sarebbero le famose auotirtà mediche e giuridiche indipendenti che vanno a controllare che il trucco non ci sia, di modo che poi gli ortodossi possono fare cicca cicca ai cattolici che un tempo li accusavano di barare ("se persino gli ebrei non sono riusciti a trovare tracce di imbroglio, vuol dire che il miracolo c'è, mica come voi cattolici che fate controllare la Sindone solo dai vostri"). E poi è grazie allo Stato ebraico che questa cerimonia si svolge, se non proprio in maniera ordinata, perlomeno senza incidenti.
Infatti ho visto all'opera, a dirigere il traffico, anche poliziotti con kippà, cioé religiosi che di sabato sono esentati dal lavoro, ma che evidentemente erano stati precettati. E stiamo parlando di una cerimonia durante la quale i cristiani gridano al cielo "siamo cristiani e lo saremo sempre!" in ricordo delle persecuzioni islamiche che hanno dovuto subire in questa città. E sempre a proposito di incidenti, pare che greci ed armeni siano ai ferri corti là, dalle parti del Sepolcro e che mentre si avvicina la data della cerimonia capita che vola qualche schiaffone. Perché l'accordo è che se il patriarca greco ortodosso non riesce a fare accendere le candele, allora perde il diritto di entrare nella cappellina tutto solo e il diritto passa agli armeni. Il cui patriarca, come potete vedere nel video, se ne sta appena fuori dalla cappellina, ansioso da qualche secolo di subentrare e di sbugiardare il, diciamo, collega. E poco distante dall'armeno, pronto a sostituirlo in caso nemmeno lui riesca ad ottenere da accendere, ci sta il patriarca siriaco, e dietro ancora quello copto ecc. ecc. Probabilmente nelle settimane che precedono la Pasqua ortodossa nell basilica del Sepolcro ci sarà qualcuno che pensa (e magari dice) Quest'anno le candele ve le infiliamo nel.... Quest'anno poi la cosa era particolarmente sentita perché la Pasqua ortodossa coincideva con l'anniversario del genocidio degli armeni ed il quartiere armeno della Città Vecchia era tappezzato di manifesti che in qualche modo legavano le due ricorrenze.
Io ovviamente avevo altro da fare, ma secondo molte testimonianze c'è veramente tutto questo casino. Googolate un po'. Se vi interessano i video provate a cercare questa roba Ἃγιον Φῶς, che è il nome greco. Fuoco santo: altro che padre Pio.


religione e politica

Come si costruisce una società più libera e giusta? Per un sacco di tempo ci ho provato con la politica: sono stato iscritto a Democrazia Proletaria, un assembramento di partitelli dell'estrema sinistra, ve la ricordate? C'erano tre tipi di militanti: i cattolici, gli ebrei e i fancazzisti. I primi non si facevano le canne, i secondi portavano il fumo e i terzi le cartine ed i filtri. Qualcosa di buon credo di averlo combinato, monitorando i pessimi effetti della Legge Reale. Facemmo anche altre cose buone, in cui io non ero direttamente coinvolto: tra i militanti più attivi c'era un raro tipo di medico (che certo non era cattolico e nemmeno fancazzista, uhm...) impegnato a far funzionare la medicina del lavoro in un area della provincia italiana ad alta densità di piccole industrie plastiche, ovviamente chiuse ai sindacati - comunque mai molto attivi. Riuscì a inserire nell'amministrazione ospedaliera i bravi e capaci, fuori dalle logiche di cooptazione del compromesso storico. E per un po' di tempo la medicina del lavoro funzionò.
Insomma, non solo canne. Però anche: laddove la canna in sé non è niente, se non un momento di socializzazione. Ecco, facendo politica (qualunque cosa voglia dire questa strana coniugazione del verbo fare) ho scoperto che gli esseri umani si aggregano ed agiscono intorno a dei simboli, e che sotto questo profilo la politica non è poi così diversa dalla religione. Quali fossero i simboli intorno a cui si aggregavano compagni e amici di Democrazia Proletaria non è difficile da capire, era il solito album di famiglia della sinistra marxista, con qualcosa di libertario e una certa attenzione ai diritti degli individui e non solo a quelli della comunità.
E c'era, certo, qualcosa di religioso, perché nella politica c'è sempre qualcosa di religioso; la politica è un mondo con un proprio calendario, esattamente come le religioni, ha un proprio apparato rituale (ricorrenze, inni, congressi) e, in alcuni casi (qua in Israele lo si vede benissimo) conferisce una identità, proprio come le religioni. In Israele, ma anche in Italia, è difficile che ci si sposi tra persone di orientamento politico opposto. Guarda che strano, le persone politicamente migliori che ho incontrato quando facevo politica, quelle che riuscivano a combinare qualcosa, voglio dire, erano tutte persone in un modo o nell'altro molto religiose. Anche religiose nella loro incazzatura verso le religioni, perché era l'incazzatura delle persone che dalla religione si aspettavano molto, e ne erano rimasti delusi.
In questa piccola storia di provincia, il disbandamento di DP non ha niente a che fare con il terrorismo (e qui saluto il solito ex funzionarietto PCI che so che mi legge con attenzione) né con i mutamenti generazionali, semplicemente era scaduto il contratto di affitto per la sede e rinnovarlo constava troppo. Ma per me non fu affatto una tragedia, questo disbrancaleonamento (ciao funzionario, ti piace il gioco sulla parola banda? Aha, hai visto la sigla DP e quindi pensavi alla banda armata, ma che cosa strana, ma chi lo avrebbe mai detto. E complimenti per il risultato elettorale). Trovai altre occasioni politiche di combinare qualcosa di buono, e magari le racconto un'altra volta.

venerdì, aprile 25, 2008

pensieri pasquali

Who Let The Jews Out?

25 aprile 2008

Il 25 aprile per me è sempre stata festa. Da un certo punto in poi divenne anche un impegno. C'ero anche io, infatti, sotto la pioggia scrosciante di Milano, quel 25 aprile successivo alla elezione di Berlusconi, che portava -me incredulo- i missini al governo. Radiopopolare aveva barato, annunciando una giornata di sole. Io -professorale, come sempre- telefonai in redazione per ricordare che in Europa c'era un altro 25 aprile, quello dei portoghesi. Sentii dall'altra parte il calore di un sorriso, come si dice, tra compagni. Anche gli anni successivi telefonai, e qualche volta capitò anche che la radio fece ascoltare Grandola Villa Morena (adesso vedo che la hanno pure inclusa in un loro disco). Sfilai assieme agli amici e compagni del Gruppo Martin Buber, della Hashomer Hatzair, della rediviva Federazione Giovanile Ebraica Italiana. Avevamo fatto il nostro angolo ebraico nel corteo, Moni Ovadia cantava I Morti di Reggio Emilia e ci prendemmo qualche applauso, oltre ad acqua "a secchi rovesci", come diceva un veneziano, che sosteneva di essere mio parente.
Quando scesi dal trenino che mi riportava a casa incontrai un ferroviere comunista, meridionale, che conoscevo da tempo. Era uno dei tanti che, infuriati con le gerarchie sindacali, avevano votato Lega; non capiva cosa ci fosse di male in quel suo voto di protesta, in quei leader politici tutto sommato nuovi che parlavano un linguaggio che lui capiva (sicurezza, innanzitutto; ma anche stipendi al riparo dalla concorrenza extracomunitaria).
Negli anni successivi ho sempre pensato a quella manifestazione come a quella che seguì l'attentato di Piazza Fontana, quando la Milano medaglia d'oro della Resistenza fece capire ai fascisti che non ci sarebbe stato spazio per soluzioni autoritarie. Mi sbagliavo? Forse: il fascismo di oggi non ha bisogno di soluzioni autoritarie e poi la storia si ripete solo come farsa.
Comunque ogni anno mi sono quindi sentito obbligato a partecipare alle manifestazioni per il 25 aprile, anche quando era difficile; e con gli anni, partecipare in quanto ebrei, è diventato sempre più difficile.
Un paio di anni fa mi sono invece trovato ad essere a Gerusalemme. Il 25 aprile coincideva con Yom ha Shoah, quando tutto il Paese si ferma pensando alla catastrofe più grande per il popolo ebraico, che è anche il punto più basso della storia umana - mai prima, e mai poi, la logica dello sterminio ha avuto la meglio sulla logica economica. Mi sono sembrate irrimediabilmente lontane le strumentalizzazioni italiane di quel tornante storico - che è lo stesso da cui Israele è nato. Voglio dire che mentre in Israele si è in contatto con la storia, in Italia si usa la storia per svolgere la conta di chi c'è e di chi non c'è (e se io fossi un amministratore pubblico considererei obbligatorio esserci, anche se rischio i fischi - fischiano me, non la mia carica). E non manca mai il solito deficiente che vede nei palestinesi i continuatori dei partigiani - quando dovrebbe essere chiaro da che parte combatteva il Muftì di Gerusalemme- e che, essendo un deficiente, si sente obbligato a riempire la parte deficitaria della sua identità argomentando con te. E tu fesso che stai al gioco.
Anche quest'anno siamo in Israele per il 25 aprile. Che capita in una settimana in cui tutto il popolo ebraico pensa alla propria libertà. Siccome gli ebrei sono quello che sono, e non sono capaci di pensare a stomaco vuoto, men che meno di mangiare in silenzio, questo pensare alla libertà si traduce in cibi non lievitati, che ricordano i duri anni nel deserto, quando il cibo lievitato era un lusso per i ricchi e gli oppressori. C'è poi il fatto che violenza, oppressione e lievito in ebraico sono parole molto simili, e quando uno va a fare la spesa qui la fa (indovinate) in ebraico e ha una formidabile occasione per pensarci.
Non penso più che la libertà del popolo italiano sia a rischio, con il governo che si sono scelti. Mi piacerebbe dire che la sinistra li ha costretti a sceglierselo così, ma non è vero. Ci sono, e forse sono la maggioranza, italiani che sono indifferenti alla sinistra e che rimarrebbero tali, o addirittura ostili, anche nella ormai remota possibilità che la sinistra si presenti unita, capace di governare, esperta nella mediazione, e che il suo governo renda l'Italia un Paese più equo e più giusto. Esiste tutto un settore di italiani che questa roba la cerca altrove e che si sente (spesso a ragione) demonizzata dagli eredi dei partigiani, ovvero da noi. Bisognerebbe capire meglio, perché sospetto che il consenso di questi ceti sia cruciale per vincere i prossimi confronti elettorali, sui quali non riesco ad essere ottimista. Ma preferisco evitare pensieri deprimenti perché oggi è un giorno di festa. Anche se alle manifestazioni per il 25 aprile non ci sarò, questa data continua ad essere un giorno speciale per me e la mia famiglia. Dovunque ci troviamo.
Auguri a tutti.

giovedì, aprile 24, 2008

auguri di Pesach

mercoledì, aprile 23, 2008

pesach e cannabis, via kitnyot

Il dibattito risale ad un anno fa. In breve: ci si chiede se la marijuana possa essere considerata hametz. In questo caso occorre venderla prima di Pesach. O bruciarla.
Qui un po' di informazioni (anche qui e qui). Occorre ricordare che gli ashkenaziti considerano hametz anche il riso, i ceci ed altri legumi (kintyot, appunto), i sefarditi no. E che in terra di Israele, per ora, dovrebbe valere la regola sefardita - quando verrà Mashiach il dubbio verrà risolto.

giovedì, aprile 17, 2008

e adesso quale hasbarà

No, qui non scriverò alcun compendio halachico a proposito di questa bizzarra successione di date e del sovrapporsi di due diverse dimensioni del sacro (pessima traduzione di kadosh). C'è in rete abbastanza roba e anche dettagliate istruzioni su come affrontare i problemi, che non sono da poco (di Shabbat si mangia, e un pasto è tale se c'è del pane, ma il pane dovremmo averlo già eliminato, con tutti i cibi lievitati....).
Ho solo un pensiero che voglio scrivere qui: si dice che è stato più difficile fare uscire l'Egitto dal cuore degli ebrei, che gli ebrei dall'Egitto. Facciamo tutti un sacco di fatica nello spiegare al mondo non ebraico, nel giustificare questa o quell'usanza, questa o quella politica di Israele, questo o quel partito israeliano. E se questo fosse l'Egitto, la casa di schiavitù, che abbiamo dentro? Se questo bisogno di renderci presentabili, morali, accettabili, agli occhi altrui, se fosse questo il nostro Egitto, la nostra caduta, la nostra schiavitù? E' solo una domanda, che però non mi abbandona da giorni. Ci deve essere una ragione per la quale mettiamo così tante energie (un lavoro da schiavi, si dice qui in Israele) in questa opera di cui si vedono, ad essere generosi, solo pochi risultati.
Vabbé, è un pensiero che mi deriva dal fatto che le ultime elezioni, se non altro, renderanno inutile in Italia l'opera di hasbarà: il prossimo governo, pur con tante robe brutte, sarà probabilmente un buon amico di Israele. C'è da chiedersi a cosa si dedicheranno gli amici di Informazione Corretta, che hanno sempre sottolineato con puntualità le sbavature della stampa, partendo dal presupposto che sia la stampa a influenzare la sensibilità collettiva e, tramite essa, i politici.
Ma forse no, forse per la hasbarà c'è ancora spazio. Dopo una sconfitta di queste proporzioni ci si dà alla ricerca di un capro espiatorio; la sensibilità della sinistra attuale è molto vicina all'integralismo cattolico: indovina con chi se la prenderanno per la sconfitta. Indovina quale battaglia sceglieranno per riaggregarsi dietro qualche bandiera e ripetersi la litania autoconsolatoria: noi perdiamo perché siamo moralmente superiori; ma guardate quanto sono cattivi gli altri. Vabbé, ma anche se fosse, vale la pena di perdere tempo per spiegare, quando è chiaro che non si vedono risultati, che la maggior parte degli italiani non sono interessati a identificarsi con "i palestinesi" cari alla propaganda del partito di Diliberto?
Perché forse è tutta la hasbarà, la spiegazione, che è priva di risultati e che è inutile. Le ultime elezioni non sono state vinte da leader politici che passano tanto tempo a spiegare. Potrà non piacere, e a me non piace per niente, ma questa è la realtà dell'Italia, che poi non è così diversa da quella di altri Paesi.
Oggi siamo schiavi, domani saremo liberi. Hag sameakh a tutti.

farsi riconoscere

Siamo in un ulpan (corso di lingua per immigrati) a Gerusalemme. Gli allievi sono circa una trentina, e sono un buon campione di olim, nuovi immigrati, da vari Paesi. Si va dal dentista francese, alla pensionata tedesca nata in Polonia, più un nutrito gruppo di JAP (Jewish American Princes, ragazze della alta borghesia ebraica americana) e un paio di ragazze del Bené Akiva inglese (il movimento sionista religioso). Insomma, il target è abbastanza medio-alto. C'è pure un avvocato giordano, che ha deciso che gli serve conoscere la lingua del vicino. Senonché c'è pure Davidde de Roma, che ha sui diciotto anni, che i genitori devono averlo spedito qui perché non riusciva a decidere che cosa fare dopo lo scientifico e che naturalmente (li abbiamo avuti tutti dicotto anni, no?) è sempre un po' stravolto. Ma soprattutto, con quella sciarpa della Lazio, è un po' più working class. E c'è un altra italiana, che mi ha raccontato questa storia. Trascrivo sotto sua dettatura, con qualche integrazione per chi è digiuno di ebraico.
Dunque, si fa conversazione in ebraico, e l'argomento è: se un tuo amico viene a casa tua e si porta via un libro e non te lo restituisce (le consecutive sono un po' il pallino degli insegnanti di ebraico, devo ancora capire il perché) tu cosa fai? Una del gruppo JAP si indaffara a spiegare che prova a farselo restituire con cortesia, e qui la cosa è già divertente perché l'ebraico non ha forme di cortesia paragonabili all'italiano, qui quando parli con qualcuno gli dai subito del tu. La pensionata tedesca cerca di riprodurre una telefonata, e mentre si incarta con i possessivi la prof decide di passare a Davidde. E io penso speriamo che non ci faccia fare figure, a noi italiani che in questo ulpan siamo solo in due e ci guardano come gente esotica, sono sempre lì a pensare che strani questi qua, pizza mandolino e kippah. Ma poi mi dico, ma non facciamo gli apprensivi, dài. E sento Davidde che inizia a spiegare che lui va a casa del suo amico e gli prende il cellulare (e penso Oddio, cosa sta dicendo?) poi mi porto a casa il suo cellulare, così sicuramente tempo una decina di minuti lui si accorge che gli manca qualcosa di importante (e in questo preciso momento ho sentito una onda telepatica alzarsi dal dentista che si chiedeva come me: Cosa sta dicendo?) così poi gli spiego che se vuole indietro il cellulare mi deve restituire il libro. Se però non mi chiama e non se ne accorge (e io qui ho pensato: adesso che cosa dice?) io vado a vendere il cellulare che se è un buon modello magari ci guadagno anche. E io qua ho sentito un mugolio di orrore levarsi dal banco delle JAP: che mi son state così antipatiche che mi è venuto voglia di farmi prestare il cellulare da un paio di loro così, sul momento.

quale nazione

L'esercito è una cosa molto importante in Israele, e chi non serve come ufficiale si vede precludere molte carriere: non solo nell'amministrazione pubblica, ma anche nelle aziende a capitale statale. Che in questo Paese non sono poche, nonostante le privatizzazioni degli anni Novanta. I gruppi che non fanno il militare sono i haredim e gli arabi, mentre drusi e beduini servono regolarmente. da un po' di tempo si parla di introdurre un servizio civile nazionale, che colmerebbe il divario tra queste minoranze e la maggioranza ebraica del Paese. Non pochi cittadini arabi stanno infatti cogliendo l'occasione, e indovinate un po' chi si oppone - esatto, i politici arabi più affezionati a quella strana roba che si chiama identità nazionale. Il che fa sorgere qualche sospetto su che tipo di nazione questi politici abbiano in mente - voglio dire, oltre a quella che paga loro lo stipendio come parlamentari e amministratori pubblici. Per fortuna la società civile araba (e, mi vien da dire, quella composta di gente che lavora) non è proprio della stessa opinione e guarda con favore all'impressionante crescita di giovani arabi che scelgono il servizio civile. Che è anche un modo per vivere fianco a fianco con coetanei ebrei.
Tutte queste notizie in questo interessante articolo del Jerusalem Report

sulle elezioni

Non gioisco affatto per il risultato elettorale in Italia, e per un sacco di ragioni. Ragioni estetiche, per esempio. Immagino fascisti e leghisti festeggiare per le strade d'Italia, i primi all'insegna del "siamo tornati e il nostro onore si chiama fedeltà" e i secondi che sbraitano contro gli stessi clandestini che sfruttano nelle fabbricheette.
Mi consola un poco immaginare che la politica estera dell'Italia sarà un poco più equilibrata per quanto riguarda un Paese del Medio Oriente, indovinate un po' quale, e che la RAI non mostrerà più (ma davvero più) giornalisti che raccontano che Haifa è territorio occupato. Anche se resta tutto da dimostrare che questo genere di informazione possa influenzare il modo in cui gli italiani immaginano Israele.
A guardare i numeri del turismo c'è un genere di informazione che ha un successo migliore delle fesserie dei TG. Questo:

martedì, aprile 15, 2008

פסח שמח


lunedì, aprile 14, 2008

biblerap

Ci si prepara a Pesach.

sabato, aprile 12, 2008

ragioni per essere sionisti

“I have no room in my heart for Jewish suffering... Why do you pester me with Jewish troubles? I feel equally close to the wretched victims of the rubber plantations in Putumayo or to the Negroes in Africa. ... I have no separate corner in my heart for the ghetto.”

Rosa Luxemburg, 1916 - tre anni prima di venire uccisa da nazionalisti tedeschi.



"I demand justice, and if I do not get it, the world will be transformed into a wasteland. In a place where I am a king among other kings - there the idea of progress will be realised. But if it is my fate to be cast outside of the framework, then I do not care if the rest of you go up in flames. And I will even help with this. There is no redemption for the world if I have no part in it. In the beginning, God created my demand."

Vladimir Ze'ev Jabotinsky, 1940 - nel pieno della catastrofe.

uomini e carote

Il mio post di ieri sull'antisemitismo di sinistra ha suscitato commenti e, mi hanno detto, pure un certo dibattito in rete. Bene, grazie. Credo di dovere però un paio di spiegazioni.
Come ho scritto rispondendo ad Ale (nota: il post è nato da una nostra tempestosa discussione di qualche anno fa), a me non interessa certo accordarmi a coloro che considerano l'Illuminismo la radice di tutti i totalitarismi, credo sia una fesseria pensarla in questi termini. Ma, detto questo, si potrebbe fare un lungo elenco di pensatori dell'Illuminismo francese o anche italiano che erano schiettamente antisemiti, ovvero pensavano che il mondo sarebbe stato un gran bel posto se non ci fossero più stati gli ebrei, che con i loro loschi traffici turlupinavano la povera gente e seguivano un barbaro culto - uno di questi illuministi era, tanto per fare un esempio, il modenese Lodovico Ricci, ma come si fa a non citare Voltaire in questo caso? Avranno anche avuto intenzioni lodevolissime ma sta di fatto che hanno preparato la strada a qualcosa che tanto lodevole non è.
Ci sono poi le solite argomentazioni di quelli che, inserendosi in quella tradizione antisemita nata con l'Illuminismo, pretendono di venire a spiegare a me che gli ebrei non sarebbero un popolo. Cioé io vengo da te e ti dico come ti devi sentire tu: il che è colonialismo, in parole povere. Ma interessanti, e anzi vagamente inquietanti, sono le ragioni addotte per basare questo ragionamento colonialista: gli ebrei non sarebbero un popolo perché non hanno una patria, una terra, perché a loro manca quel legame organico di sangue e suolo che crea i popoli e dà legittimità alle loro rivendicazioni.
Questa roba, è bene dirlo, non c'entra un fico secco con l'Illuminismo e puzza di razzismo da lontano centotre kilometri: secondo questa linea di pensiero gli esseri umani avrebbero delle radici nel suolo, esattamente come le carote. I diritti non appartengono agli individui ma ai popoli e gli ebrei avrebbero perso il diritto di definirsi popolo quando hanno perso il loro radicamento territoriale. Cioé all'epoca in cui non hanno riconosciuto Gesù, e Dio per punizione li ha dispersi assoggettandoli all'Impero Romano. Una linea di pensiero molto antica, che inizia più o meno con Agostino, ma che è difficile definire illuminata. Meno che meno ci si riesce a trovare dentro alcunché di progressivo o di sinistra.
Ma questa robaccia, lo sappiamo bene, in Italia si presenta a sinistra come difesa dei diritti del popolo palestinese, che sarebbe composto di poveri contadini legati al loro suolo e aggrediti dal capitalismo urbano e speculatore. Ed è una frode.

חוה אלברשטיין - בגלל הלילה



sì, è la traduzione in ebraico di questa canzone qua.

venerdì, aprile 11, 2008

a sinistra risponde uno squillo

Tra le tante belle cose che l'Illuminismo ha dato al mondo, e anche agli ebrei, c'è l'idea di Uomo universale. Funziona più o meno così: gli esseri umani sono dotati universalmente di Ragione, quindi una società costruita su basi razionali dovrà essere nel contempo universale, cioé trascendere, superare (= annullare) le identità nazionali e religiose che per ora dividono artificialmente gli esseri umani e causano guerre, oppressione e sfruttamento.
In realtà, gli eredi dell'Illuminismo hanno speso moltissime energie per indicare i difetti delle loro nazioni: Francia, America, Russia... Ma nessuno si è sognato in mettere in questione il diritto di francesi, americani e russi a sentirsi tali. L'unico popolo la cui identità "nazionale" è stata delegittimata sono gli ebrei.
E' abbastanza noto quando e come questa faccenda è iniziata: il celebre discorso di Clermont-Tonnere del 1789, che chiedeva ai rivoluzionari francesi di concedere agli ebrei "tutto come individui, niente come nazione". Sta di fatto che essere ebrei vuol dire anche appartenere a una comunità basata su lingua e "tradizioni" e definita dalla halachà, ovvero da un sistema giuridico (cioé, nei termini dell'Illuminista francese, una "nazione"): non equivale semplicemente a professare una religione. Chiedere agli ebrei di distaccarsi dalla loro "nazione" significa chiedere di smettere di essere ebrei.
Come buona parte delle Chiese cristiane prendeva di mira gli ebrei perché rifiutavano il messaggio universale di Cristo e rimanevano attaccati al loro "particolarismo", così fece una certa parte dell'Illuminismo, nei confronti di quegli ebrei che non accettavano di venire "emancipati". Dico parte dell'Illuminismo perché è ovvio che l'Illuminismo inglese, di derivazione empirista o scettica, aveva tutt'altro approccio e tutt'altro sbocco.
E probabilmente è in questo Illuminismo "emancipazionista" che si trovano le radici dell'antisemitismo di sinistra che, al fondo, non accetta il diritto degli ebrei di definirsi collettività e di emanciparsi in quanto ebrei - questo, e non altro, è il sionismo. Agli ebrei, e in maniera del tutto coerente con i propri presupposti teorici, i leader e pensatori del movimento comunista (Marx in primo luogo) risposero, come è noto, che dovevano emanciparsi come esseri umani, ovvero abbandonare l'Ebraismo. Il livore con cui molta sinistra italiana (ma non solo) si rivolge al mondo ebraico, accusando questo o quell'esponente in qualche misura critico, di aver nientepopodimenoche tradito la Resistenza e l'antifascismo, echeggia proprio queste accuse: state rifiutando il nostro progetto di emancipazione. Che se poi il progetto di emancipazione consiste nel votare la Binetti... Vabbé, soprassediamo. E' una questione seria, comunque.
Una questione che comunque non dovrebbe farci dimenticare un altro tipo di antisemitismo, molto diverso - ma solo nelle premesse. Ovvero l'antisemitismo clericale, che ebbe un tornante decisivo nell'Inquisizione spagnola, che al repertorio antisemita medievale aggiunse un paio di temi: il concetto "razziale" di ebrei (i discendenti di ebrei convertiti al cristianesimo venivano ancora considerati ebrei e pertanto sospettati) e il complotto ebraico universale contro la civiltà cristiana.
L'antisemitismo clericale è ancora ben vivo nel cuore e nella pancia dell'Europa cristiana ed è una delle molte ragioni per cui le derive clericali e confessionali dovrebbero preoccupare noi ebrei. E' vero che gli italiani sono sempre meno cattolici nella loro vita privata; - basta guardare i tassi di natalità e l'età media al matrimonio, davvero credete che tanta gente segue la dottrina della Chiesa anche in camera da letto?
Ma questo non significa che siano scomparsi dalla coscienza collettiva altri elementi della "dottrina della Chiesa" magari meno esplicitamente enunciati e ribaditi dal Vaticano. Tipo che gli ebrei sarebbero la religione della Legge e che solo un messaggio di Amore universale li può "liberare" dal loro particolarismo. Il quale è, per definizione, sospetto.

martedì, aprile 08, 2008

"complete equality of rights"

If we had a majority in the country, we would first of all create a situation of complete equality of rights, without exception. Jew or Arab, Armenian or German, there would be no distinctions in the eyes of the law, all ways will be open before all, all may be eligible to be prime minister, if their program finds favor with the majority.
The status of an Arab in the Land of Israel will be exactly equivalent to that of a Scot or Welshman in England. Balfour is Scottish and is proud of his identity, Lloyd George is Welsh and is proud of his identity, and both of them were prime ministers in Britain, and thus it must be in the Hebrew Land of Israel that will come. Apart from this, we would create an even more praiseworthy situation in the Land of Israel: we would not only grant complete equality of rights to individual citizens, but also to national languages.

Vladimir Jabotinsky, 1929. Testo completo qui

lunedì, aprile 07, 2008

la mezzora di due scrutatori

Decenni di militanza a sinistra non si buttano via. E un momento essenziale della militanza politica a sinistra è, come sapete tutti, fare i seggi. Ovverosia lavorare come scrutatore o presidente di seggio o volontariare come rappresentante di lista. Nel mio caso fare i seggi significava andare a lezione dai compagni dello SPI (che non era ancora Sinistra per Israele, era il Sindacato Pensionati Italiani) che ti spiegavano tutti i trucchi dei democristiani per assicurarsi quel voto in più e poi ci ripartivamo i compiti, e a me toccava di stare attento al Gamba. Il Gamba era, per dirvi, il sacrestano. Un democristiano inossidabile di quelli che alle sei di mattina era già davanti al seggio a salutare vecchiette e a chiedere quando veniva il nipote a votare. Durante uno degli interminabili dibattiti a proposito delle schede sulle quali l'elettore non era stato chiaro, il Gamba mi apostrofò dandomi dello stronzo, ma poi il Tribunale mi diede ragione e da allora io ci presi un particolare gusto a salutarlo cortesemente ogni stracazzo di elezione che me lo trovavo davanti.
Voi capirete che emozioni come queste non si lasciano reprimere facilmente. Ovviamente anche mia moglie ha da raccontare una consistente epica da seggio elettorale, e per cui quando -da bravi cittadini italiani all'estero- abbiamo ricevuto i plichi contenenti schede e certificati spediti dal Consolato, abbiamo pensato: adesso facciamo il seggio, così ci sentiamo per un po' in Italia. Signore e signori, ecco a voi le foto dell'evento. E stavolta non c'era il Gamba. Vantaggi del voto degli italiani all'estero.

Gli elenchi dei candidati e il regolamento elettorale


domenica, aprile 06, 2008

kadima

Vi siete mai chiesti da dove viene il nome del partito fondato da Sharon? קדימה, avanti!, è il refrain di uno degli inni del Betar, il movimento sionista nazionalista. L'inno invitava a scrollarsi di dosso il fango della Diaspora, e spingeva i Betarim superare gli ostacoli materiali e le inibizioni morali, per proseguire il cammino verso la terra di Israele. Prevedibilmente si concludeva con il saluto del movimento, a metà tra grido di battaglia e parola d'ordine di un gruppo scoutistico.
Qui trovate la musica e le parole. Non è un ebraico particolarmente difficile. E spero che l'aria di famiglia con gli inni di altri nazionalismi europei non vi metta a disagio: a me ricorda più i cori dell'Armata Rossa, che da ragazzini facevamo di tutto per far ascoltare a un maneggione democristiano di cui conoscevamo l'ufficio, solo per scoprire che gli piaceva un sacco fischiettarli. Ma questa è un'altra storia.

ci siamo ancora

E' facile, e forse anche legittimo, pensare all'Europa, soprattutto all'Europa dell'Est, come a un gigantesco cimitero ebraico. Poi capita di passare Shabbat in una sinagoga Reform e ci si rende conto che l'età media della ventina di persone che partecipano è intorno ai 30-40 anni, forse di meno. E si ha allora la sensazione di partecipare a una impresia storica, la ricostruzione dell'Ebraismo europeo: la gente che hai intorno è nata dopo il diluvio.
OK, sono riflessioni che avremo fatto in tanti. Tra i quali, Deborah Lipstadt, la signora che ha vinto la causa contro David Irving. Ecco qui le sue impressioni da una visita in Polonia.

sabato, aprile 05, 2008

Dinah

Qui a fianco ho iniziato una sezione Scaffale. E ci annoto i titoli dei libri che sto leggendo, e di quelli che ho letto e che mi frullano in testa. Io sono uno che i libri non solo li legge, ma li rilegge fino a consumarli. L'unico romanzo in italiano, finora, è Ladri nella notte di Arthur Koestler, un capolavoro che mi lega per molteplici vie ad un amico italo-ungherese.
Stavo riflettendo sullo stupro di Dina, che nel percorso del protagonista è un punto di svolta, che lo porta a lasciare il kibbutz socialista e a unirsi all'Irgun. Dina è una giovane ebrea europea, sopravvissuta alle violenze antisemita degli anni Trenta e rifugiatasi come tanti in Terra di Israele. Viene stuprata ed uccisa da due arabi, come segno di guerra contro il kibbutz appena insediatosi - su terra semiarida pagata a carissimo prezzo. Son cose che succedevano, eh.
Mi è venuto in mente il racconto biblico sullo stupro di Dinah, come è raccontato in Genesi 34. Gli studiosi discutono da tempo se quello di cui parla il testo sia da considerare uno stupro propriamente detto o implichi anche una questione di abbassamento del livello sociale, come sembrano fare intendere i fratelli di Dinah alla fine del capitolo.

massacro degli abitanti di Shechem

Sappiamo poco della sessualità dell'epoca dell'autore di Genesi 34, ma sono certo che la questione della dignità e dell'abbassamento era ben presente al giovane Koestler, quando ha lasciato un kibbutz socialista per unirsi a un gruppo il cui inno parla di splendore ed orgoglio

venerdì, aprile 04, 2008

a proposito di trasparenza

Sarà capitato anche a voi di chiedervi da dove prendono i soldi i vari gruppi di attivisti europei che gironzolano da queste parti con tante buone intenzioni. E di non trovare la risposta.
Ecco, non siete i soli. Please, have a look here.

giovedì, aprile 03, 2008

Leonard Cohen - Hallelujah



Now I've heard there was a secret chord
That David played, and it pleased the Lord
But you don't really care for music, do you?
It goes like this
The fourth, the fifth
The minor fall, the major lift
The baffled king composing Hallelujah

Hallelujah

Your faith was strong but you needed proof
You saw her bathing on the roof
Her beauty and the moonlight overthrew her
She tied you
To a kitchen chair
She broke your throne, and she cut your hair
And from your lips she drew the Hallelujah

Hallelujah

You say I took the name in vain
I don't even know the name
But if I did, well really, what's it to you?
There's a blaze of light
In every word
It doesn't matter which you heard
The holy or the broken Hallelujah

Hallelujah

I did my best, it wasn't much
I couldn't feel, so I tried to touch
I've told the truth, I didn't come to fool you
And even though
It all went wrong
I'll stand before the Lord of Song
With nothing on my tongue but Hallelujah

Hallelujah

mercoledì, aprile 02, 2008

אני ואתה - Arik Einstein

reality check

Forse non ve ne siete accorti, ma la la demografia gioca in favore di Israele: la percentuale di nati ebrei, infatti, cresce anziché diminuire, mentre diminuisce quella araba. La teoria secondo cui la priorità di Israele sarebbe mantenere una maggioranza ebraica (e quindi, "restituire" Gerusalemme) ha ricevuto negli ultimi tempi un duro colpo. Vedi qui.
Sarà per questo che gli antisemiti stanno berciando da settimane sul "diritto al ritorno"? Forse è l'unico modo di assicurarsi quella maggioranza palestinese che distruggerebbe lo Stato ebraico. Ma avete mai provato a paragonare il numero di profughi palestinesi (di cui si parla tutti i giorni) con quello degli ebrei cacciati dai Paesi arabi? L'entità dei beni persi dai primi con la spoliazione dei secondi? Chi ci ha provato, infatti, trae questi risultati:
Number of Jewish refugees in 1948 and following years: close to 1,000,000. Number of Palestinian refugees in 1948: 550,000, plus 100,000 (net) in 1967. Jewish refugees' assets lost in Middle East and North Africa: $6 billion. Palestinian refugees' assets lost: $3.9 billion (in 2007 dollars). testo completo qui

martedì, aprile 01, 2008

gente contorta

Faccio davvero fatica a capire come mai ci sono persone che diffondono la notizia (falsa) secondo la quale avrebbero provato a contattarmi via blog ed io -cattivo- non pubblicherei i loro commenti.
Per me un computer è uno schermo con attaccati dei tasti e che non capisco bene cosa succeda dietro lo schermo che sto guardando, dentro cui potrebbe essere successa qualsiasi cosa. Ma sta di fatto che io ho anche un recapito di posta elettronica, e volendo si può persino scrivere lì. E che lì, proprio lì, non ho ricevuto niente. Probabilmente, anche se non me ne sono accorto, ho un antivirus che cancella la posta che viene da certi mittenti.
Ma il problema, vedete, è un altro, ed è inutile girarci intorno. E' il fatto di avere un passaporto di Israele che viene vissuto come un tradimento. Quei due o tre, che lamentano di essere bistrattati dal sottoscritto, non hanno mai visitato Israele ma si sono sempre prodigati in analisi e consigli al sottoscritto, terrorizzati dall'idea che, siccome vivo qua, io possa diventare "di destra". E quando hanno letto nero su bianco che avevo poca voglia di ascoltare queste loro lamentele preventive, han dato il via ad un tormento continuo, con insulti personali anche poco facili da digerire. Il favorito era, ma guarda che strano, che la mia alya sarebbe finta e che io non sarei un "autentico israeliano". Che nel loro immaginario è uno che sta in kibbutz e si trova infinitamente meglio con gli arabi che con i "coloni" e che non vede l'ora di tirare su un bel muro a Gerusalemme, per dividere la capitale ed avere così la pace.
Shtuiot, stronzate, and excuse my French.
Non ho nessuna voglia di spiegare quanti e quali kibbutzim ormai si reggono sul lavoro di lavoratori stranieri (pagati benissimo, sia chiaro) e non mi diverte affatto suonare la sveglia per chi vive di simili sogni, e si consola del fallimento del comunismo pensando che, almeno qui, qualcosa del marxismo ha funzionato. Per cui lascerò -con pochi rimpianti- questi signori ai loro sogni, alla loro girandola di blog, controblog, ti provoco sul forum che poi ti rispondo sul blog che poi ci troviamo a bere un aperitivo e facciamo un raduno, che ti porto anche un funzionario DS e uno che si è scopato l'islamica fondamentalista. Non è che io abbia mai frequentato molto questo genere di appuntamenti, ma evidentemente, qualcuno pensava che prima o poi avrei cominciato, forse perché rientro nel target: sono over 30, ho frequentato l'Università, mi collego ad Internet...
E invece, guarda che strano, appena mi si è prospettata la possibilità di passare del tempo in Israele, ho preferito farlo senza visto turistico ma aumentando il numero degli ebrei per i quali l'esistenza di questo Stato è un valore, anche se non si è ancora realizzata la collettivizzazione dei mezzi di produzione. E pazienza se tutto questo vi pare un tradimento.