macellai, tasse e politica internazionale
Si fa in fretta a dire, anzi a cantare, E venne lo shochet che uccise il bove. Le cose non sono mai così semplici, quando si ha a che fare con l'arte della macelleria. State a sentire questa storia.
Nell'Ottocento il rabbino capo di questa città era il rabbino sefardita, chiamato Rishon le-Zion e a cui spettavano una serie di compiti - diciamo che, secondo il costume ottomano, governava gli ebrei per conto delle autorità di Istambul e riscuoteva le tasse. Inoltre rappresentava gli ebrei nei confronti delle potenze europee, le quali a metà dell'Ottocento iniziavano ad essere interessate a quel che succedeva da queste parti. Ma nell'Ottocento inizia anche una immigrazione di ashkenaziti - un primo gruppo di litvak, lituani, arrivò nel 1812, si trasferì qui dalla Galilea, all'epoca devastata dalla peste. Un altro terremoto, nel 1837, portò in città famiglie ashkenazite che vivevano a Tiberiade e Safed, città a maggioranza ebraica. Ferrovie e navi a vapore resero poi possibile per molti ebrei russi trasferirsi a Gerusalemme. Che verso il 1870 era ormai a maggioranza ashkenazita, mentre il titolo di Rishon leZion continuava ad essere conferito al Hakham (rabbino capo) sefardita.
Da queste parti d'inverno fa un freddo che non ci credete, e d'estate si crepa di caldo, insomma la vita non è facile, ci si ammala e tu puoi pregare finché vuoi, sempre di curarti hai bisogno. Per non parlare del fatto che hai bisogno di trovare casa ed in questa città i turchi vietavano agli ebrei di costruire nuove abitazioni (meravigliosa, la convivenza con gli ottomani, eh?). Ognuna delle comunità ashkenazite - galiziana, ucraina, rumena e naturalmente russa- aveva così proprie istituzioni assistenziali su base, diciamo così "etnica" e che erano incaricate della tassazione. A capo di ogni istituzione assistenziale ashkenazita (che si chiamano kollel ed esistono ancora) c'erano ovviamente i rabbini delle rispettive comunità. Il Rishon leZion -in maniera pragmatica- lasciava che i rabbini ashkenaziti esercitassero la loro giurisdizione e riscuotessero le tasse con il sistema dei kollel, per poi versarle nella cassa comune.
I fondi provenivano dalle tasse pagate dai singoli capifamiglia ed una delle tasse più importanti era, indovina un po', quella sulla carne. Per ogni capo macellato si doveva versare una tassa apposita alle autorità ottomane e una al Rishon leZion, che curava anche la preparazione dei macellai ebrei - che senza la sua autorizzazione non potevano lavorare. Questo significa che la carne che si consumava a Gerusalemme (perlomeno quella venduta dai macellai) era macellata secondo il sistema sefardita. Gli ashkenaziti hanno però regole più severe, soprattutto per quanto riguarda la rimozione delle vene e dei nervi: se qualcosa va storto, la carne non la puoi consumare. E quindi che fai? La vendi.
Insomma, gli ashkenaziti avevano tanto a schifo i macellai sefarditi e preferivano macellarsi la carne da soli in casa. Che poi però non andava quasi mai bene. Come risultato il mercato della carne di Gerusalemme era il più economico della zona e pure i musulmani venivano da fuori per comprare la carne che gli ashkenaziti si rifiutavano di consumare. Immaginatevi la gioia dei macellai musulmani. La faccenda non poteva più andare avanti per molto, così nel 1866 i rabbini dei kollelim chiesero alle autorità ottomane il permesso di preparare dei loro macellai. Che significava per il Rishon le Zion perdere mica poco, in termini di tasse ed entrate. Il Rishon le-Zion dell'epoca, Haim David Hazan, li prevenne: chiese ed ottenne dal console di Prussia l'assicurazione che la Prussia avrebbe difeso il diritto degli ebrei a scegliersi i loro macellai, senza interferenza da parte dei turchi - senonché gli ashkenaziti proprio questo chiedevano, che i turchi si intromettessero per tutelarli. Ma gli ashkenazi mica stanno a guardare: eccoli scrivere una lettera, in italiano, ad un torinese cristiano che viveva Gerusalemme e a cui davano l'incarico, come si dice oggi, di difenderli e a rappresentarli in tutte le sedi competenti. A questo punto non è più una intromissione dei turchi, e si profila all'orizzonte uno scontro tra Prussia e Stati sabaudi.
Ai primi di marzo, nel consolato di Prussia a Gerusalemme si incontrano, per decidere della questione, Haim David Hazzan, i rabbini-capi di cinque kollelim, il console inglese -che non voleva perdere l'occasione per ficcare il naso in faccende che potevano permettere alla sua madrepatria di intervenire a difesa di qualcuno, ma soprattutto ad intervenire- e il console austriaco -che idem. Volano urla, insulti, si spaccano panche e sedie. Non credo si sia servito carne, al limite avran bevuto un té.
Tutto inutile. Ma il console prussiano, Georg Rosen, mica si demoralizza: scrive al pashà che ci sono questi ebrei, che ci sono questi macellai, che ci sono questi rabbini e che c'è il Rishon leZion da convicere. Evidentemente aveva cambiato idea nel corso del meeting precedente, era passato dalla parte degli ashkenaziti; o forse gli piaceva il ruolo di pacificatore - qualche passaporto prussiano i kollelim potevano comunque vantarlo. Il pasha risponde che sì, a lui interessa capirci di più (oh, quindi gli ashkenazi riescono ad avere i loro macellai, penserete voi) ma ha sentito dire da fonti autorevoli che gli ashkenaziti non sono ebrei (azz, fonti autorevoli: mica fesso il Rishon leZion!) e se è vero che in città si vende carne macellata da infedeli che appartengono a una setta che non è di quelli del popolo del Libro, la questione rischia di essere complicata. Perché non è che voi state già vendendo di quella carne, eh?
Ora provate a immaginarvi i tre consoli europei, finiti per qualche strana ragione in questo buco di c... di posto, dove il telegrafo c'è ma non funziona, che non vedono l'ora di essere trasferiti dove c'è un po' più di vita e le mogli non sbuffano che qua c'è solo da pregare. E tocca a loro dare lezioni di storia ebraica al pashà. E in fretta, perché anche lui, con somma soddisfazione della moglie, sta per trasferirsi altrove. Rosen era una strana specie di erudito, pare coltivasse l'idea di convertire gli ebrei al cristianesimo, insomma lui qualcosa sapeva. Il console britannico si diede ammalato. Quello austriaco faceva rispondere a tutti che era in attesa di istruzioni da Vienna.
E quando arrivò da Istambul il nuovo pashà, aveva con sé una bella lettera firmata dal sultano, che assicurava al Rishon le-Zion ogni autorità in materia di culto, carne compresa. E se non vi va, rivolgetevi al Ministero degli Affari Esteri dell'Impero turco. Voi non siete miei sudditi e va a sapé se siete ebrei.
Soltanto cinque anni dopo gli ashkenaziti otterrano il permesso di macellare la carne secondo le loro usanze. Pare si sia mossa anche la diplomazia di lingua tedesca che stava a Beirut. Il Rishon leZion dell'epoca, che per ironia si chiamava Abraham Eshkenasi, ci poté fare nulla. Di lì a poco, nel 1868, venne creato un rabbinato centrale ashkenazita, riconosciuto dalle potenze europee ma non da Istambul, e occupato da Samuel Salant, fino alla sua morte, nel 1909.
Queste ed altre storie in Arnold Blumberg, Zion before Zionism, 1838-1880, Syracuse Univ. Press, 1985.
Nell'Ottocento il rabbino capo di questa città era il rabbino sefardita, chiamato Rishon le-Zion e a cui spettavano una serie di compiti - diciamo che, secondo il costume ottomano, governava gli ebrei per conto delle autorità di Istambul e riscuoteva le tasse. Inoltre rappresentava gli ebrei nei confronti delle potenze europee, le quali a metà dell'Ottocento iniziavano ad essere interessate a quel che succedeva da queste parti. Ma nell'Ottocento inizia anche una immigrazione di ashkenaziti - un primo gruppo di litvak, lituani, arrivò nel 1812, si trasferì qui dalla Galilea, all'epoca devastata dalla peste. Un altro terremoto, nel 1837, portò in città famiglie ashkenazite che vivevano a Tiberiade e Safed, città a maggioranza ebraica. Ferrovie e navi a vapore resero poi possibile per molti ebrei russi trasferirsi a Gerusalemme. Che verso il 1870 era ormai a maggioranza ashkenazita, mentre il titolo di Rishon leZion continuava ad essere conferito al Hakham (rabbino capo) sefardita.
Da queste parti d'inverno fa un freddo che non ci credete, e d'estate si crepa di caldo, insomma la vita non è facile, ci si ammala e tu puoi pregare finché vuoi, sempre di curarti hai bisogno. Per non parlare del fatto che hai bisogno di trovare casa ed in questa città i turchi vietavano agli ebrei di costruire nuove abitazioni (meravigliosa, la convivenza con gli ottomani, eh?). Ognuna delle comunità ashkenazite - galiziana, ucraina, rumena e naturalmente russa- aveva così proprie istituzioni assistenziali su base, diciamo così "etnica" e che erano incaricate della tassazione. A capo di ogni istituzione assistenziale ashkenazita (che si chiamano kollel ed esistono ancora) c'erano ovviamente i rabbini delle rispettive comunità. Il Rishon leZion -in maniera pragmatica- lasciava che i rabbini ashkenaziti esercitassero la loro giurisdizione e riscuotessero le tasse con il sistema dei kollel, per poi versarle nella cassa comune.
I fondi provenivano dalle tasse pagate dai singoli capifamiglia ed una delle tasse più importanti era, indovina un po', quella sulla carne. Per ogni capo macellato si doveva versare una tassa apposita alle autorità ottomane e una al Rishon leZion, che curava anche la preparazione dei macellai ebrei - che senza la sua autorizzazione non potevano lavorare. Questo significa che la carne che si consumava a Gerusalemme (perlomeno quella venduta dai macellai) era macellata secondo il sistema sefardita. Gli ashkenaziti hanno però regole più severe, soprattutto per quanto riguarda la rimozione delle vene e dei nervi: se qualcosa va storto, la carne non la puoi consumare. E quindi che fai? La vendi.
Insomma, gli ashkenaziti avevano tanto a schifo i macellai sefarditi e preferivano macellarsi la carne da soli in casa. Che poi però non andava quasi mai bene. Come risultato il mercato della carne di Gerusalemme era il più economico della zona e pure i musulmani venivano da fuori per comprare la carne che gli ashkenaziti si rifiutavano di consumare. Immaginatevi la gioia dei macellai musulmani. La faccenda non poteva più andare avanti per molto, così nel 1866 i rabbini dei kollelim chiesero alle autorità ottomane il permesso di preparare dei loro macellai. Che significava per il Rishon le Zion perdere mica poco, in termini di tasse ed entrate. Il Rishon le-Zion dell'epoca, Haim David Hazan, li prevenne: chiese ed ottenne dal console di Prussia l'assicurazione che la Prussia avrebbe difeso il diritto degli ebrei a scegliersi i loro macellai, senza interferenza da parte dei turchi - senonché gli ashkenaziti proprio questo chiedevano, che i turchi si intromettessero per tutelarli. Ma gli ashkenazi mica stanno a guardare: eccoli scrivere una lettera, in italiano, ad un torinese cristiano che viveva Gerusalemme e a cui davano l'incarico, come si dice oggi, di difenderli e a rappresentarli in tutte le sedi competenti. A questo punto non è più una intromissione dei turchi, e si profila all'orizzonte uno scontro tra Prussia e Stati sabaudi.
Ai primi di marzo, nel consolato di Prussia a Gerusalemme si incontrano, per decidere della questione, Haim David Hazzan, i rabbini-capi di cinque kollelim, il console inglese -che non voleva perdere l'occasione per ficcare il naso in faccende che potevano permettere alla sua madrepatria di intervenire a difesa di qualcuno, ma soprattutto ad intervenire- e il console austriaco -che idem. Volano urla, insulti, si spaccano panche e sedie. Non credo si sia servito carne, al limite avran bevuto un té.
Tutto inutile. Ma il console prussiano, Georg Rosen, mica si demoralizza: scrive al pashà che ci sono questi ebrei, che ci sono questi macellai, che ci sono questi rabbini e che c'è il Rishon leZion da convicere. Evidentemente aveva cambiato idea nel corso del meeting precedente, era passato dalla parte degli ashkenaziti; o forse gli piaceva il ruolo di pacificatore - qualche passaporto prussiano i kollelim potevano comunque vantarlo. Il pasha risponde che sì, a lui interessa capirci di più (oh, quindi gli ashkenazi riescono ad avere i loro macellai, penserete voi) ma ha sentito dire da fonti autorevoli che gli ashkenaziti non sono ebrei (azz, fonti autorevoli: mica fesso il Rishon leZion!) e se è vero che in città si vende carne macellata da infedeli che appartengono a una setta che non è di quelli del popolo del Libro, la questione rischia di essere complicata. Perché non è che voi state già vendendo di quella carne, eh?
Ora provate a immaginarvi i tre consoli europei, finiti per qualche strana ragione in questo buco di c... di posto, dove il telegrafo c'è ma non funziona, che non vedono l'ora di essere trasferiti dove c'è un po' più di vita e le mogli non sbuffano che qua c'è solo da pregare. E tocca a loro dare lezioni di storia ebraica al pashà. E in fretta, perché anche lui, con somma soddisfazione della moglie, sta per trasferirsi altrove. Rosen era una strana specie di erudito, pare coltivasse l'idea di convertire gli ebrei al cristianesimo, insomma lui qualcosa sapeva. Il console britannico si diede ammalato. Quello austriaco faceva rispondere a tutti che era in attesa di istruzioni da Vienna.
E quando arrivò da Istambul il nuovo pashà, aveva con sé una bella lettera firmata dal sultano, che assicurava al Rishon le-Zion ogni autorità in materia di culto, carne compresa. E se non vi va, rivolgetevi al Ministero degli Affari Esteri dell'Impero turco. Voi non siete miei sudditi e va a sapé se siete ebrei.
Soltanto cinque anni dopo gli ashkenaziti otterrano il permesso di macellare la carne secondo le loro usanze. Pare si sia mossa anche la diplomazia di lingua tedesca che stava a Beirut. Il Rishon leZion dell'epoca, che per ironia si chiamava Abraham Eshkenasi, ci poté fare nulla. Di lì a poco, nel 1868, venne creato un rabbinato centrale ashkenazita, riconosciuto dalle potenze europee ma non da Istambul, e occupato da Samuel Salant, fino alla sua morte, nel 1909.
Queste ed altre storie in Arnold Blumberg, Zion before Zionism, 1838-1880, Syracuse Univ. Press, 1985.
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