giovedì, aprile 17, 2008

e adesso quale hasbarà

No, qui non scriverò alcun compendio halachico a proposito di questa bizzarra successione di date e del sovrapporsi di due diverse dimensioni del sacro (pessima traduzione di kadosh). C'è in rete abbastanza roba e anche dettagliate istruzioni su come affrontare i problemi, che non sono da poco (di Shabbat si mangia, e un pasto è tale se c'è del pane, ma il pane dovremmo averlo già eliminato, con tutti i cibi lievitati....).
Ho solo un pensiero che voglio scrivere qui: si dice che è stato più difficile fare uscire l'Egitto dal cuore degli ebrei, che gli ebrei dall'Egitto. Facciamo tutti un sacco di fatica nello spiegare al mondo non ebraico, nel giustificare questa o quell'usanza, questa o quella politica di Israele, questo o quel partito israeliano. E se questo fosse l'Egitto, la casa di schiavitù, che abbiamo dentro? Se questo bisogno di renderci presentabili, morali, accettabili, agli occhi altrui, se fosse questo il nostro Egitto, la nostra caduta, la nostra schiavitù? E' solo una domanda, che però non mi abbandona da giorni. Ci deve essere una ragione per la quale mettiamo così tante energie (un lavoro da schiavi, si dice qui in Israele) in questa opera di cui si vedono, ad essere generosi, solo pochi risultati.
Vabbé, è un pensiero che mi deriva dal fatto che le ultime elezioni, se non altro, renderanno inutile in Italia l'opera di hasbarà: il prossimo governo, pur con tante robe brutte, sarà probabilmente un buon amico di Israele. C'è da chiedersi a cosa si dedicheranno gli amici di Informazione Corretta, che hanno sempre sottolineato con puntualità le sbavature della stampa, partendo dal presupposto che sia la stampa a influenzare la sensibilità collettiva e, tramite essa, i politici.
Ma forse no, forse per la hasbarà c'è ancora spazio. Dopo una sconfitta di queste proporzioni ci si dà alla ricerca di un capro espiatorio; la sensibilità della sinistra attuale è molto vicina all'integralismo cattolico: indovina con chi se la prenderanno per la sconfitta. Indovina quale battaglia sceglieranno per riaggregarsi dietro qualche bandiera e ripetersi la litania autoconsolatoria: noi perdiamo perché siamo moralmente superiori; ma guardate quanto sono cattivi gli altri. Vabbé, ma anche se fosse, vale la pena di perdere tempo per spiegare, quando è chiaro che non si vedono risultati, che la maggior parte degli italiani non sono interessati a identificarsi con "i palestinesi" cari alla propaganda del partito di Diliberto?
Perché forse è tutta la hasbarà, la spiegazione, che è priva di risultati e che è inutile. Le ultime elezioni non sono state vinte da leader politici che passano tanto tempo a spiegare. Potrà non piacere, e a me non piace per niente, ma questa è la realtà dell'Italia, che poi non è così diversa da quella di altri Paesi.
Oggi siamo schiavi, domani saremo liberi. Hag sameakh a tutti.

Nessun commento: