ciao manifesto
Scusate, dove sono finiti quelli che "a sinistra si aprono degli spazi"? Quelli che ci spiegano, ammiccando, che persino il manifesto sta manifestando delle aperture? Oggi il quotidiano comunista fornisce un elenco di letture ad uso del militante colto; e avvisa che Ilan Pappe va bene, Benny Morris no, è "oggi allineato sulle posizioni più bellicose". Che questo allineamento dipenda da quel che ha scoperto nel corso delle sue ricerche, sembra non glielo si possa concedere, a Morris. E a fianco dell'elenco di letture consigliate, beccatevi il percorso di lettura suggerito da Enzo Traverso, con la divisione tra storici "funzionalisti" e "intenzionalisti" della Nakbah: gli stessi termini che vengono utilizzati per discutere della storiografia sulla Shoah. Nessuna menzione del progetto di pulizia etnica che le armate arabe avevano in mente nel 1948 - solo compatimento per i palestinesi rimasti in Israele, e allusioni alla stanica elite che si impegnò della "de-arabizzazione" dei profughi ebrei dai Paesi arabi. E ovviamente non una riga sulle ragioni per cui quei profughi arrivarono in Israele.
Un tal concentrato di guano che fa comprendere come ogni correzione sia inutile, quel che non va è proprio l'impostazione di fondo. Che non sarà antisemita, ma certo è noiosa nel voler ribadire fino allo sfinimento che gli ebrei non sono popolo, sono religione.
Adesso ci sarà magari qualcuno che scrive una revisione, un commento, che dà vita al dibattito. Come se fosse legittimo dibattere con chi fa strame della memoria della Shoa, usandola per infamanti paragoni. E già me li vedo scondizolare felici perché Il manifesto ha pubblicato la recensione del riassunto del dibattito con la relativa puntualizzazione.
Scusate, non mi basta. Io non ho in tasca il passaporto di uno Stato razzista e teocratico. Questo Paese non è nato come gentile concessione delle potenze alleate, ma sorge da una lotta di liberazione che per una persona di sinistra dovrebbe avere la stessa dignitià di quella dei palestinesi. Io mi sono stufato di non vedermela riconoscere questa dignità, o di vederla legata a condizioni sempre più impossibili da soddisfare, tipo "prendere le distanze da" qualcuno che è morto e sepolto; o -come fa Traverso- alla creazione di uno "Stato per tutti i cittadini" che significa far sparire il carattere ebraico dello Stato. E abolire la Legge del ritorno, ovviamente.
Ma perché chiunque si sente legittimato a infilarsi nel dibattito interno agli ebrei ed al movimento sionista e a distribuire patenti di legittimità e di fedeltà al verbo della sinistra, e nessuno, cacchio, nessuno, prova a fare lo stesso con i palestinesi?
E con questo Il manifesto finisce definitivamente nel cestino della carta straccia. Non ho nessuna voglia di sprecare tempo e meningi per ribattere a così plateale malafede, figurarsi per dialogare o inventarsi "spazi di dialogo" che non ci sono. O in cui, per entrare, bisogna (sai che novità) dimenticarsi di essere ebrei, salvo tirarlo fuori, questo essere ebrei, ogni volta che parla Gianfranco Fini.
Io sono ebreo perché sì, e non devo giustificarlo a nessuno, e non credo sia una cosa intelligente amputare questa appartenza per "dialogare" con chi la reputa un ostacolo. E questa appartenenza implica un legame con un bel Paese che si chiama Israele e che fareste bene a visitare in fretta. Gnegnegnegnegne.
Un tal concentrato di guano che fa comprendere come ogni correzione sia inutile, quel che non va è proprio l'impostazione di fondo. Che non sarà antisemita, ma certo è noiosa nel voler ribadire fino allo sfinimento che gli ebrei non sono popolo, sono religione.
Adesso ci sarà magari qualcuno che scrive una revisione, un commento, che dà vita al dibattito. Come se fosse legittimo dibattere con chi fa strame della memoria della Shoa, usandola per infamanti paragoni. E già me li vedo scondizolare felici perché Il manifesto ha pubblicato la recensione del riassunto del dibattito con la relativa puntualizzazione.
Scusate, non mi basta. Io non ho in tasca il passaporto di uno Stato razzista e teocratico. Questo Paese non è nato come gentile concessione delle potenze alleate, ma sorge da una lotta di liberazione che per una persona di sinistra dovrebbe avere la stessa dignitià di quella dei palestinesi. Io mi sono stufato di non vedermela riconoscere questa dignità, o di vederla legata a condizioni sempre più impossibili da soddisfare, tipo "prendere le distanze da" qualcuno che è morto e sepolto; o -come fa Traverso- alla creazione di uno "Stato per tutti i cittadini" che significa far sparire il carattere ebraico dello Stato. E abolire la Legge del ritorno, ovviamente.
Ma perché chiunque si sente legittimato a infilarsi nel dibattito interno agli ebrei ed al movimento sionista e a distribuire patenti di legittimità e di fedeltà al verbo della sinistra, e nessuno, cacchio, nessuno, prova a fare lo stesso con i palestinesi?
E con questo Il manifesto finisce definitivamente nel cestino della carta straccia. Non ho nessuna voglia di sprecare tempo e meningi per ribattere a così plateale malafede, figurarsi per dialogare o inventarsi "spazi di dialogo" che non ci sono. O in cui, per entrare, bisogna (sai che novità) dimenticarsi di essere ebrei, salvo tirarlo fuori, questo essere ebrei, ogni volta che parla Gianfranco Fini.
Io sono ebreo perché sì, e non devo giustificarlo a nessuno, e non credo sia una cosa intelligente amputare questa appartenza per "dialogare" con chi la reputa un ostacolo. E questa appartenenza implica un legame con un bel Paese che si chiama Israele e che fareste bene a visitare in fretta. Gnegnegnegnegne.
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