mercoledì, luglio 02, 2008

non-judgemental

Molte case ebraiche hanno la תפילת הדרך sulla porta, come a accompagnarti per la giornata, quando esci fino a quando rientri. In un centro di yoga ne ho vista una versione particolare che concludeva "And let that everything be as it is". Sarebbe a dire: non prendertela, non serve. Proverò a farne tesoro in questo messaggio - ed essere il meno judgemental possibile. Però...
Come sapranno in tanti, oggi verso mezzogiorno c'è stato un attentato a Gerusalemme. E, come è facile immaginare, nelle ore successive ho comunicato un po' con tutte le mie conoscenze: in ebraico con gli israeliani, in inglese con americani, tedeschi, francesi e inglesi (che hanno in comune tra loro la caratteristica di essere ebrei) e in italiano con italiani (ebrei ma anche no).
Gli israeliani sono vicini di casa, conoscenti, amici, persino un paio di tassisti - oggi a Gerusalemme era un casino trovare un taxi, dopo l'attentato la gente ha evitato gli autobus e tutti si sono buttati sui taxi. Gli anglofoni sono compagni di scuola e stanno quasi tutti a lavorare nei summer-camp che sono una specie di anima dell'ebraismo americano. Gli italiani stanno lontano, in Italia. In un campeggio hai probabilmente il principale problema di come informare i ragazzi di quel che avvenuto.
A Gerusalemme tiri gli accidenti contro il traffico, ascolti alla radio la canzone che passa dopo ogni attentato e che dice Non ho un altro Paese, cerchi di anticipare il futuro. In Italia, al massimo, ti preoccupi di Berlusconi. Questo lo dico per ricapitolare le differenze ambientali. Però ... come non notare certi tratti comuni. Sono da ore in chat in inglese. Ci chiedono come stiamo. Sono peoccupati per il nostro bambino. Io non riesco a smettere di pensare che oggi è morta la mamma di una bambina che aveva la sua età e la bambina, miracolosamente, è salva. Mi chiedo che occhi può avere un tale che schiaccia l'acceleratore per mettere sotto i cingoli del bulldozer una bambina di cinque mesi. Qualcuno pensa al poliziotto che è saltato sul bulldozer, ha fermato l'assassino, ed è il cognato di un altro poliziotto eroico, che in marzo ha fermato un simile attentato: in ebraico esiste l'espressione "famiglie combattenti" per designare un gruppo particolare tra i fondatori di questo Paese e c'è chi ritorna a citarla per questi due eroi. In inglese, ripeto, pensano con delicatezza al nostro bambino e a noi. L'ebraico ti trasmette la sensazione di far parte della stessa famiglia. L'italiano, invece, fa davvero una brutta figura. Dopo aver avvisato amici e parenti che non c'erano problemi ho provato a vedere cosa scrivevano su questo attentato persone con le quali sono più o meno in contatto. Scrivono elucubrazioni religiose. Davvero.
Ci sono quelli che (e sono seri) sperano che questo attentato convinca gli israeliani a smetterla con l'occupazione. Che è, papale papale, la teorizzazione del sacrificio umano: muoiono degli ebrei e Israele in conseguenza deve diventare, non si capisce come mai, più buona.
Ci sono quelli (ed è triste pensare che spesso sono anche ebrei) che pensano che l'attentato sia una conseguenza del fatto che "i palestinesi non hanno diritti". Ora, a parte il fatto che i palestinesi hanno senz'altro più diritti di buona parte degli altri musulmani di questo Pianeta, e che l'attentatore non era quel che si dice un palestinese di Gaza, ma un arabo israeliano, anche questa è una affermazione di carattere religioso: si afferma infatti che gli israeliani, con un gesto di buona volontà, avrebbero il potere di portare la pace al mondo intero. Si esprime cioé una convinzione nel potere ebraico di cambiare il corso della storia.
Poi ci sono quelli che da queste parti vedono lo scontro tra angeli indigeni (arabi) e demoni invasori (cioé noi). I primi avrebbero a disposizione solo espressioni di indipendentismo simili al massacro di oggi, che ovviamente è solo una reazione a una lunga serie di atti demoniaci che inizia con la fondazione della Banda Stern. Questa ovviamente è fantastoria, ma è anche religione, perché si basa sulla demonizzazione se non degli ebrei, degli israeliani; e se non degli israeliani tutti, perlomeno di una parte di loro.
Le comunicazioni che vengono dall'Italia hanno questo carattere religioso ed una venatura davvero disgustosa di paternalismo: adesso ti capiamo che sei così incazzato, ma domani ti sveglierai e tornerai a capire che i poveri palestinesi sono costretto a questo suicidio perché bla bla bla esercito sionista Betlemme muro di separazione sbroc sbroc terre espropriate ecc. ecc. Lo ho già detto un sacco di volte, ma è vero: l'Italia è popolata da persone, anche ebree, che non sono mai state qui negli ultimi tre anni, non hanno alcun legame con questo Paese, ma pretendono di insegnare tutto a chi qui ci vive. E quando qui muore qualcuno non vedono un essere umano, vedono un episodio di un racconto religioso, di cui conoscono già l'esito. E si mettono a catechizzare. Gli americani, invece, qui vedono delle famiglie. Se ti chiedono che tempo che fa, tu sai che ti raccomanderanno di coprirti (per il caldo o il freddo non importa: c'è da proteggersi, se sei lontano da casa). Gli israeliani in quella famiglia sanno che ci stanno con te e il tuo bambino.
Forse non è un caso: quando lavoravo in Italia, se un mio collega diventava genitore, si era ovviamente tutti contenti per lui/lei. Ma durava poco: una, due settimane al massimo. Eppure in Italia la religione della maggioranza fa un sacco di discorsi sulla famiglia e sui bamdini, anche se ne nascono pochi. Qui, dove di discorsi sulla famiglia se ne fanno decisamente di meno, è da mesi che mi salutano tutti dicendo shalom abba. Chissà; se esiste qualcosa di "specificamente ebraico" è proprio questa attenzione ai bambini, al cambiamento di status (se hai figli ti metti il talled in quel dato modo....) e, più in generale, di vita, che ti porta quel piccolo sorriso; e quei pianti e quei pannolini.
Un amico mi ha detto che nel Talmud sta scritto che cambiare pannolini e studiare Torà significa pregustare l'era messianica, non ho ancora trovato il passo ma gli credo. Non so mica se questo è un pensiero religioso, certo ha poco a che fare con le gigantesche elucubrazioni degli italiani di sinistra, che nell'attentato vedono, sì, un episodio religioso travestito da cronaca. Quanto è diversa la percezione ebraica. O della maggioranza degli ebrei. Insomma di quelli che in chat esordiscono con shalom abba, e a me sembra di sentire la voce. O anche al telefono. A volte con accento americano, a volte in ebraico, a volte in inglese. Nessuno, nemmeno parlando di eroi o di miracoli, si sente il personaggio di un racconto religioso.

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