sabato, febbraio 24, 2007

non sono le pasque di sangue

A Londra fervono i preparativi per la settimana del libro ebraico. Si parla molto di un libro sulle "actual anti-Christian practices that became part of the playful, theatrical violence of the Jewish festival". Le fonti sono "historical accounts of Jewish violence-particularly against Christians", come spiega una scheda sul libro in questione.
Qualche ortodosso ha cercato di sollevare una certa canea sulle fonti, che sarebbero tutte edite e sull'inopportunità di illuminare questo aspetti, che perlatro la tradizione ebraica condanna fermamente - e se lo dicono loro...
Sta di fatto che il libro ha ricevuto entusiastiche recensioni, non solo sulla stampa quotidiana, da parte di intellettuali ebrei non ortodossi, come Marc Saperstein, storico di vaglia e attuale rettore del Leo Baek College (Reform) o Daniel Boyarin, raffinato studioso di area masorti.
Alcuni amici mi hanno chiesto se secondo me è una idea opportuna tradurlo in italiano. Io non so cosa rispondere.

Non c'è alcun bisogno di leggere il libro, per rispondere. Basta guardare la copertina. C'è la foto di un haredi che legge la Meghillat Esther con un modellino di AK47 al posto dello yad. Ora, nella storia dell'antisemitismo, le copertine sono una faccenda dannata. C'è poi il serio problema che pone il possibile aggravamento di un pregiudizio esistente. Potremmo essere in presenza del solito nessuno qualsiasi -in questo caso, un professore di Bar Ilan- che vuole fare soldi e carriera.
Magari si potrebbe chiedere una opinione al papà del prof. Horowitz, come fanno gli ebrei veri. In ogni caso, giacché si tratterebbe di una edizione in italiano, c'è da immaginare che sarebbero graditi interventi sulla stampa cattolica.

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