vite noiose
Dunque: c'è chi, come me, non ha letto il nuovo libro di Ariel Toaff. E non ha letto nemmeno quelli precedenti, a differenza di me, che ho imparato non poco da Il vino e la carne (Mulino 1989) Per gli storici della mia generazione quelle pagine sul consumo del vino (non vino kasher, vino e basta) tra gli ebrei italiani del Medioevo sono indimenticabili. E Mangiare alla giudia (Mulino 2000), libro che ha meritatamente venduto mica male, spiega magistralmente che l'Ebraismo non è solo un set di proibizioni.
I libri di Ariel Toaff sono la dimostrazione pratica, cioé israeliana, che la storia degli ebrei non è la storia del contributo degli ebrei alla civiltà universale o di una delle tante manifestazioni del Sé ebraico ma, puramente e semplicemente, è la storia di gente che è vissuta, ha fatto figli, ha cercato di fare soldi, ha pregato e, quando gli è andata bene, è morta nel proprio letto. E non era nemmeno consapevole di vivere nel tempo che preparava Auschwitz: non lo sapevano loro, non lo sapevano nemmeno i frati che a Pasqua tiravano maledizioni contro gli ebrei deicidi, per poi magari, negli altri giorni dell'anno, bere un bicchiere assieme ad Abramuccio il banchiere. Per un buon millennio gli ebrei han vissuto in Italia all'ombra di questa schizofrenia - e non grazie alla protezione della Chiesa, che qualcuno va a cercare di nuovo. Sono (siamo) stati capaci di stabilire questo genere di relazioni con i vicini cristiani. Io, personalmente, ne vado fiero. Pretendo persino che le minoranze che si affacciano adesso nella nostra Penisola possano imparare da questa esperienza e non, poniamo, da quella degli ebrei lituani o polacchi.
Anche prima di Ariel Toaff si è fatta storia degli ebrei, ed in maniera eccellente. Ma con Ariel Toaff la storia degli ebrei italiani è diventata storia sociale. Storia non di personaggi e di persecuzioni (in altri casi si direbbe: di personaggi e di battaglie), ma storia di persone inserite in un proprio tempo e con una propria mentalità. Ebrei ed ebree in carne ed ossa, non epifenomeni dell'Ebreo eterno. Ovviamente, è possibile anche per Ariel Toaff scrivere delle fesserie. Non lo so, non mi pronuncio; il libro, proprio come Mangiare alla giudia prima edizione, non si trova. Trovo però piuttosto divertente il tentativo di stroncare un libro senza neanche averlo letto, e con frasi come questa:
"Quale storico può pensare di scrivere un libro di quattrocento pagine sul fatto che alcune streghe erano streghe davvero, o che la tal strega aveva commesso tal crimine?"
Sta di fatto che adesso sappiamo che le streghe erano streghe. Che il loro crimine era il "maleficio", vale a dire una maledizione lanciata contro qualcuno, e che se quel qualcuno moriva (e succedeva con una certa frequenza, viste le condizioni igieniche ed altro) l'inquisitore, e spesso non solo l'inquisitore, era convinto che fosse stata la strega ad ucciderlo, con la forza delle sue parole. E ne era convinta anche la strega, e per questo negava di aver maledetto qualcuno. E sì, negava anche sotto tortura. Non è detto che sotto tortura si dicano solo cose false: questo pure tocca ripetere.
Tutte queste cose le sappiamo perché ci si sono scritti dei libri, anche di più di quattrocento pagine. Libri che rendono piuttosto problematico continuare a sostenere che gli inquisitori, presi da furore maschilista, si erano inventati tutto. Il furore maschilista, beninteso c'era. Ma c'era anche un mondo popolare molto complesso, sicuramente più complesso di come se lo immaginavano gli inquisitori. E il crimine dell'inquisizione sta nel semplificare, classificare, (im)porre un ordine in questo mondo che noi adesso proviamo a decifrare. A volte con eccellenti risultati, come ne I benandanti di Carlo Ginzburg (Einaudi 1966), uno dei tanti libri che spiega cosa trovarono gli inquisitori. E come. Libri che dovrebbero essere entrati nella conoscenza comune, come il bellissimo Storia notturna (Einaudi 1989), sempre di Ginzburg, perché aiutano a comprendere non solo cosa ci siamo lasciati alle spalle ma anche il come. Quali elementi della nostra cultura sono, appunti culturali, mentre l'ideologia corrente ce li fa ritenere naturali: tipo la famiglia fondata sul matrimonio, per intenderci - costruzione ideologica (e storica) quant'altre mai. O l'amore per l'infanzia: qui tutti sembrano aver dimenticato che all'epoca del presunto massacro di Simonino i bambini morivano con una certa facilità. Che, come scrive Toaff ne Il vino e la carne, il sangue scorreva per le strade ed era del tutto normale che un bimbetto di sette anni facesse il macellaio. A noi, adesso, il massacro di un bambino fa orrore. Ma è la storia della nostra cultura che ci detta quell'orrore. Non la natura umana. A cosa servirebbe lo studio della storia, se non a misurarsi con la complessità di epoche, spazi, quadri mentali lontani dal nostro?
Invece no. Scopro, con una certa amarezza, che c'è ancora chi è affezionato alla divisione del campo in buoni (di solito: buonE) e cattivi. E indovina in quale campo devono essere collocati gli ebrei - anzi la manifestazione concreta, in una data circostanza storia, della Idea immutabile dell'Ebreo sofferente e sempre innocente. Certezze che possono sembrare invidiabili ma che rendono la vita così prevedibile, da diventare noiosa. Persino più noiosa di un libro di storia.
Anche prima di Ariel Toaff si è fatta storia degli ebrei, ed in maniera eccellente. Ma con Ariel Toaff la storia degli ebrei italiani è diventata storia sociale. Storia non di personaggi e di persecuzioni (in altri casi si direbbe: di personaggi e di battaglie), ma storia di persone inserite in un proprio tempo e con una propria mentalità. Ebrei ed ebree in carne ed ossa, non epifenomeni dell'Ebreo eterno. Ovviamente, è possibile anche per Ariel Toaff scrivere delle fesserie. Non lo so, non mi pronuncio; il libro, proprio come Mangiare alla giudia prima edizione, non si trova. Trovo però piuttosto divertente il tentativo di stroncare un libro senza neanche averlo letto, e con frasi come questa:
"Quale storico può pensare di scrivere un libro di quattrocento pagine sul fatto che alcune streghe erano streghe davvero, o che la tal strega aveva commesso tal crimine?"
Sta di fatto che adesso sappiamo che le streghe erano streghe. Che il loro crimine era il "maleficio", vale a dire una maledizione lanciata contro qualcuno, e che se quel qualcuno moriva (e succedeva con una certa frequenza, viste le condizioni igieniche ed altro) l'inquisitore, e spesso non solo l'inquisitore, era convinto che fosse stata la strega ad ucciderlo, con la forza delle sue parole. E ne era convinta anche la strega, e per questo negava di aver maledetto qualcuno. E sì, negava anche sotto tortura. Non è detto che sotto tortura si dicano solo cose false: questo pure tocca ripetere.
Tutte queste cose le sappiamo perché ci si sono scritti dei libri, anche di più di quattrocento pagine. Libri che rendono piuttosto problematico continuare a sostenere che gli inquisitori, presi da furore maschilista, si erano inventati tutto. Il furore maschilista, beninteso c'era. Ma c'era anche un mondo popolare molto complesso, sicuramente più complesso di come se lo immaginavano gli inquisitori. E il crimine dell'inquisizione sta nel semplificare, classificare, (im)porre un ordine in questo mondo che noi adesso proviamo a decifrare. A volte con eccellenti risultati, come ne I benandanti di Carlo Ginzburg (Einaudi 1966), uno dei tanti libri che spiega cosa trovarono gli inquisitori. E come. Libri che dovrebbero essere entrati nella conoscenza comune, come il bellissimo Storia notturna (Einaudi 1989), sempre di Ginzburg, perché aiutano a comprendere non solo cosa ci siamo lasciati alle spalle ma anche il come. Quali elementi della nostra cultura sono, appunti culturali, mentre l'ideologia corrente ce li fa ritenere naturali: tipo la famiglia fondata sul matrimonio, per intenderci - costruzione ideologica (e storica) quant'altre mai. O l'amore per l'infanzia: qui tutti sembrano aver dimenticato che all'epoca del presunto massacro di Simonino i bambini morivano con una certa facilità. Che, come scrive Toaff ne Il vino e la carne, il sangue scorreva per le strade ed era del tutto normale che un bimbetto di sette anni facesse il macellaio. A noi, adesso, il massacro di un bambino fa orrore. Ma è la storia della nostra cultura che ci detta quell'orrore. Non la natura umana. A cosa servirebbe lo studio della storia, se non a misurarsi con la complessità di epoche, spazi, quadri mentali lontani dal nostro?
Invece no. Scopro, con una certa amarezza, che c'è ancora chi è affezionato alla divisione del campo in buoni (di solito: buonE) e cattivi. E indovina in quale campo devono essere collocati gli ebrei - anzi la manifestazione concreta, in una data circostanza storia, della Idea immutabile dell'Ebreo sofferente e sempre innocente. Certezze che possono sembrare invidiabili ma che rendono la vita così prevedibile, da diventare noiosa. Persino più noiosa di un libro di storia.
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