sabato, luglio 28, 2007

contato a minyan

Mi capita raramente di fare Shabbat in una sinagoga ortodossa. Ma siccome siamo a Gerusalemme e siamo cresciuti in Italia, una visita al Tempio italiano ci voleva. Così venerdì sera ci siam stati per la Kabbalat Shabbat e quel che c'è intorno. E' una vera sinagoga italiana, viene da pensare mentre si sta aspettando che si formi il minyan. Per fortuna nessuno dice nulla alle signore col passeggino e i bambini si possono prendere in braccio senza herem. Ho trovato sorrisi e anche simpatia per noi progressivi (se non ho capito male mi hanno incluso nel minyan); sarà che non c'era il rabbino - questa dialettica Comunità-rabbino, con il rav nel ruolo del no-man, custode di divieti da aggirare mi sembra sempre più uno dei tratti caratteristici dell'Ebraismo italiano.
Mi è venuto da pensare che se i haredim rappresentano il Medio Evo dell'Ebraismo, la neo-ortodossia è in preda a una ondata di Controriforma e l'ortodossia italiana è in piena era Rococò, con tanti leziosi svolazzi (halakhici e vocalici) al fondo, un po' stucchevoli. Gli stucchi della sinagoga però sono bellissimi. Ci ha fatto piacere sentire le melodie note. Ma la separazione tra uomini e donne, con mia moglie lassù, in piccionaia dietro una grata (e il pensiero che pure alle mie figlie potrebbe toccare qualcosa del genere) era intollerabile. Una buona metà dello Shabbat mi veniva tolta, mentre si stava "tra uomini" - neanche così giovani, purtroppo. E così, la mattina dopo eravamo alla nostra sinagoga, con strumenti musicali e una signora non giovanissima che, sopraffatta dal numero dei fedeli (superiore, come spesso accade, alla aspettative) è corsa a fare delle fotocopie della tefillah conclusiva e le ha portate ai nuovi venuti, E nel frattempo si è pure fatta un caffé, senza che rabbini e rabbine avessero niente da ridire. Siamo pure saliti a Sefer.

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