giovedì, agosto 23, 2007

narrative a confronto

Allora, partiamo dalla Shoah. Il punto più basso della storia umana -l'unico momento in cui la logica del capitale e quella del colonialismo si sono dimostrate meno forti dell'odio. E' vero che nella storia dell'umanità sono esistiti altri stermini, magari realizzati con innovazioni tecnologiche ad hoc, ma solo il Terzo Reich ha fermato la produzione industriale per dirottare le energie sullo sterminio. Mentre stava perdendo la guerra, Hitler ha deciso comunque che lo sterminio andava proseguito. I treni che portavano gli ebrei a morire avevano la precedenza su quelli che portavano i soldati al fronte o su quelli che portavano le merci verso il mercato.
Questo sistema di terrore è stato costruito a partire dal pregiudizio antisemita. Che sta nei bassifondi della cultura europea da un tempo lunghissimo: Crociate, Inquisizione spagnola, reclusione nei ghetti, pogrom, sono momenti che fanno parte della storia d'Europa, e pure libri come i Protocolli dei savi di Sion o La France Juive. Hitler ha potuto prendersela con gli ebrei solo perché erano i più deboli (e non è certo un merito degli ebrei aver questo posto d'onore tra le vittime) vulgo, perché non avevano uno Stato e un esercito che li difendesse. Ora questo Stato e questo esercito esistono.
Diciamola tutta: quando si parla di memoria della Shoah, dell'imperativo di non dimenticare, io penso immediatamente a questo esercito di popolo. A queste divise poco ordinate, a questi soldati e soldatesse che danno del tu ai superiori, a momenti come ieri sera, in cui l'eserito dà il benvenuto alle reclute con un concerto e le famiglie festeggiano l'arruolamento con l'ennesima grigliata.


Invece, quando in Europa si parla di memoria della Shoah e dell'imperativo di non dimenticare, si pensa a qualcosa di altro, che più o meno suona così: proprio perché la Shoah è avvenuta in Europa, noi europei abbiamo imparato che non deve succedere più. Non si capisce quando esattamente sarebbe stata imparata questa lezione dalla maggioranza degli europei. Nel 1946, quando a Kielce -Polonia- la popolazione locale uccise una quarantina di sopravvissuti ai campi di sterminio? Nel 1982, quando un corteo della CGIL depositò una bara sulla scala della sinagoga di Roma?
Ci sono poi quelli che, a partire da Auschwitz, cercano di costruirsi carriere politiche o -più spesso- di usare la Memoria come randello contro questo o quell'avversario politico, accusato (il più delle volte solo per foga retorica) di essere fascista. Ora, come ho già spiegato, non riesco a capire perché si debba ricordare a ogni pié sospinto il passato equivoco di questo o quell'esponente di AN e non la tesi di dottorato di Abbas. Davvero, non lo capisco: affermare che Auschwitz è stato un gigantesco imbroglio architettato dai sionisti per avere mano libera nello sterminio dei palestinesi, pianificato durante una riunione del Bené Berith, è una porcheria in sé, non perché lo dice uno di AN (partito -e coalizione- che di porcherie ne dice già tante di suo, mi pare di ricordare).
A partire dalla Shoah sono quindi possibili due narrative (ce ne sono sicuramente molte di più, ma qui mi importa mettere a confronto queste due). La prima costruisce intorno a Zahal un ethos collettivo che parte dalla risposta all'antisemitismo. La seconda costruisce una rappresentazione della storia d'Europa come un eterno conflitto tra fascismo e antifascismo, tra cattivi e buoni, con l'antisemitismo come tratto peggiore (o peggiorativo) del campo dei cattivi. La prima narrativa ha con sé l'imperativo categorico della continuità del popolo ebraico. La memoria della Shoah, qui significa che Israele deve sapersi difendere e gli ebrei devono poter continuare a praticare l'Ebraismo, incluso il primo comandamento: crescere i figli come ebrei. La seconda, invece, mette in scena uno scontro continuo, in cui le parti in campo si definiscono per negazione; non sei dei nostri - quindi sei un fascista o un berlusconiano, cioé sei antisemita - anche se difendi Israele, che è il luogo dove questa educazione ebraica è più possibile e meno costosa.
La più convincente delle due narrative, ovviamente, è quella degli ebrei in carne ed ossa e non è costruita intorno a una figura disincarnata di ebreo, prototipo e somma di tutte le persecuzioni possibili, incapace di produrre una propria cultura ed identità che non sia la pezza di appoggio della prossima demonizzazione.

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