venerdì, settembre 28, 2007

sukkot

Gerusalemme si è riempita di gente che urla al telefonino in francese, le vetrine delle agenzie immobiliari sono state tirate a lucido - perché questi turisti francesi sono i clienti migliori. Ogni possibile ed immaginabile causa umanitaria ha i suoi sostenitori fuori dai supermercati - vale la pena di ricordarsi che 1700 famiglie espulse da Gush Katif sono ancora senza casa. Un profuno di agrumi e di mirto ti stordisce nei pressi dei mercati, che sembrano tutti la Standa a dicembre, nel senso che ci trovi in vendita le stesse decorazioni che qui non sono quelle natalizie, ma quelle da appendere nella Sukkah.
Ci sono Sukkot da tutte le parti, pure sui tetti.

Organizzazioni di destra portano i turisti a visitare Hebron; nella stessa direzione partono gli autobus delle organizzazioni di sinistra, sponsorizzate dalla Ford (sì, l'azienda di Henry, l'editore della traduzione inglese dei Protocolli dei Savi di Sion) e dall'Unione europea, che però portano la gente da qualche parte nei pressi del muro di sicurezza. Si prevede l'arrivo di migliaia di cristiani evangelici per la loro annuale parata di solidarietà verso Israele e si sono infuriati i rabbini ortodossi, che evidentemente sono all'oscuro del complotto neocons-evangelico-sionista e a cui importa poco dei dieci milioni di dollari che arriveranno agli albergatori di questa città.
Per una serie di ragioni ci capita di passare Sukkot assieme ad ebrei tedeschi, che qui sono detti amichevolmente yekke - termine dalle molte etimologie: la più probabile è un derivato da jacke, la giacca che sarebbe parte dell'abbigliamento decoroso e rispettabile con cui gli ebrei tedeschi pretendevano di far dimenticare il caffettano dei parenti rimasti in Est Europa. Dottor wikipedia informa che il termine è slightly derogatory e a volte un badge of honour. Tipo quando il Professor Doktor Rabbiner ti dice con orgoglio che la differenza tra uno yekke e una vergine è che la seconda prima o poi smette di essere vergine. E va da sé che quando uno yekke dice ci vediamo alle 5.00 intende proprio le 5.00 non le 5ish come chiunque altro in questo Paese. Soprattutto non puoi incontrare uno yekke in rechov Hillel, ma piuttosto in Hillelstrasse. E così via.
A Sukkot si portano in sinagoga (puntuali, ovviamente) gli arba minim che sono l'ethrog -una specie di cedro- e il lulav -cioé un mazzo di mirto, salice e palma, che rappresentano diverse varietà di ebrei. Quello che porta molti frutti ma non ha profumo (cioé compie le mitzwot ma non ha fede), tipo la palma; quello che non ha mitzwot/frutti né fede/profumo (il salice), quello che ha fede ma pochi frutti (il mirto) e quello che ha tutto quanto, che sarebbe l'ethrog. Il principiò è che prendi l'ethrog e lo devi unire al lulav e poi "dimenare", come sta scritto nel Siddur della prima metà del Novecento che ci siamo portati dall'Italia. Cioé agitare in tutte le direzioni (davanti - Est, dietro - Ovest, sopra, sotto, sud, nord ecc. ecc.). Ma l'eccellenza nei frutti e nel profumo valgono solo se sono uniti agli altri ebrei, e questo è un insegnamento molto importante della nostra tradizione. Importante soprattutto per uno studente rabbino.

L'ethrog ha una punta e un picciolo. Come in ogni festa c'è da dire una benedizione, e la si dice prima di unire l'ethrog al lulav. Nel momento in cui si dice la benedizione sull'ethrog, questo ha la punta verso l'alto. Cioé è in posizione contraria rispetto al momento in cui si trova sull'albero. Poi lo si riporta in posizione naturale (col picciolo in su) e lo si unisce al lulav. La benedizione sull'ethrog cioé è il momento in cui la cultura interviene maggiormente sulla natura. E io trovo questo molto, molto tedesco.

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