ancora sui Classical Reform
Il signore qui accanto si chiamava Louis Lewandowski. Con una semplice ricerca su Internet si può scoprire che è nato e vissuto in Germania nell'Ottocento. E' considerato il fondatore della musica sinagogale contemporanea, assieme all'austriaco Solomon Sulzer, che è l'autore della melodia che viene cantata in tutte le sinagoghe ashkenazi - sì, anche della minoranza ortodossa- al momento dell'apertura dell'Aron ha Kodesh. Con un po' di pazienza potrete trovare in internet anche i file audio relativi all'opera di questi signori e ampliare i vostri orizzonti musiali ebraici ben oltre l'ultimo disco di Moni Ovadia.
E' il genere di musica che funziona se c'è un ampia sinagoga con una acustica eccellente, un coro ben allenato e un cantore professionista. Insomma, forse non incoraggia la partecipazione spontanea del pubblico al canto, ma impressiona per la sua profondità. Le sinagoghe progressive vanno giustamente orgogliose dei loro cantori e del repertorio dei loro cori (tutta roba che ha un costo, sia chiaro) che è rimasto sostanzialmente immutato fino agli anni Settanta - quando si è affermata una generazione di cantori formatasi nei campeggi. Il patrimonio musicale nato nella Berlino di Lewandowski e dalla Vienna di Sulzer - che sono stati anche degli eccezionali maestri - è comunque ancora adesso il tratto distintivo dei Classical Reform.
All'epoca di Sulzer e Lewandowski gli ebrei tedeschi non erano sionisti - il sionismo, anzi, era di là da venire. Ma già negli anni Trenta, in America, c'era Wise e i suoi allievi volevano introdurre la Hatikvah nel Siddur, e questo anche se da più parti si metteva in dubbio la lealtà verso il governo americano da parte degli ebrei, immigrati o di prima generazione - l'affermazione degli ideali sionisti all'interno del movimento progressivo si è scontrata, principalmente, con questo genere di timori. Ma la nascita dello Stato di Israele, il suo riconoscimento da parte dell'ONU e l'affermarsi di una cultura popolare israeliana -con proprie musiche, che sono poi entrate anche nelle sinagoghe progressive- hanno portato tutto il movimento progressivo su posizioni favorevoli al sionismo.
Si dice spesso che il mondo ebraico di oggi è un cerchio con due centri, Israele e la Diaspora. Due centri perché potenzialmente in competizione, ma un unico cerchio perché la competizione non è distruttiva. Israele non è contro la Diaspora, anche se è il sionismo è nato per annullare la Diaspora e trasformare gli ebrei in cittadini di Israele. E anche i patetici tentativi di delegittimare Israele, amplificando l'elogio della Diaspora, sono piuttosto velleitari. Tra le due realtà c'è un arricchimento reciproco come mostrano -per esempio- i motivi popolari israeliani entrati nella musica sinagogale.
Che accanto a Lewadowski fanno la loro figura.
All'epoca di Sulzer e Lewandowski gli ebrei tedeschi non erano sionisti - il sionismo, anzi, era di là da venire. Ma già negli anni Trenta, in America, c'era Wise e i suoi allievi volevano introdurre la Hatikvah nel Siddur, e questo anche se da più parti si metteva in dubbio la lealtà verso il governo americano da parte degli ebrei, immigrati o di prima generazione - l'affermazione degli ideali sionisti all'interno del movimento progressivo si è scontrata, principalmente, con questo genere di timori. Ma la nascita dello Stato di Israele, il suo riconoscimento da parte dell'ONU e l'affermarsi di una cultura popolare israeliana -con proprie musiche, che sono poi entrate anche nelle sinagoghe progressive- hanno portato tutto il movimento progressivo su posizioni favorevoli al sionismo.
Si dice spesso che il mondo ebraico di oggi è un cerchio con due centri, Israele e la Diaspora. Due centri perché potenzialmente in competizione, ma un unico cerchio perché la competizione non è distruttiva. Israele non è contro la Diaspora, anche se è il sionismo è nato per annullare la Diaspora e trasformare gli ebrei in cittadini di Israele. E anche i patetici tentativi di delegittimare Israele, amplificando l'elogio della Diaspora, sono piuttosto velleitari. Tra le due realtà c'è un arricchimento reciproco come mostrano -per esempio- i motivi popolari israeliani entrati nella musica sinagogale.
Che accanto a Lewadowski fanno la loro figura.
5 commenti:
Ho ascoltato alcune composizioni di Lewandowsky.
Devo dire che sono rimasta stupita: frasi musicali e armonie che ricordano i migliori autori tedeschi(parliamo di musica colta, tipo Brahms, la cui impronta a me sembra palese. Ma anche Schumanne Mendelssohn). In genere il linguaggio della musica corale tedesca è qui il riferimento di base. Interessante, davvero.
Negli stessi anni Wagner scriveva che gli ebrei erano incapaci di alaborare un linguaggio musicale "occidentale", perché erano in fondo dei barbari orientali.
(il famoso libello antisemita "Das Judentum in der Musik"). Ma d'altronde negli stessi anni i circoli intellettuali di Berlino, quelli dove si faceva e si disfaceva il mondo, erano vietati a "donne, francesi ed ebrei" (Amos Elon, Requiem tedesco).
Un salutone
Ale
Che Lewandowski goda ancora del (meritato) successo lo puoi vedere da questa pagina
http://urj.org/worship/choral/divreishir/
sono le risorse musicali messe a disposizione di cantori e cori, trovi diverse versioni del 150o salmo, e guarda un po' quale è la prima - secondo me non solo per ragioni storiche.
saluti
Grazie per il link, molto interessante.
Noto che uno dei brani è un adattamento di musiche di Michael Praetorius, un noto compositore tedesco, soprattutto di inni luterani e di musica sacra in genere.
Questo significa, e lo ignoravo completamente, che a un certo punto in Germania la musica religiosa in generale (indipendentemente dal culto di appartenenza) si trova ad avere un linguaggio comune. Si potrebbe forse parlare di "germanizzazione" della musica per il culto sinagogale?
Sicuramente siamo in un periodo in cui la comunità ebraica tedesca allo stesso tempo assume un'identità molto definita, ma anche si integra perfettamente, pur con le sue peculiarità, nella società circostante.
Sappiamo a cosa è valso, purtroppo...
Questo piccolo segno musicale indica che la comunicazione di forme e linguaggi è continua fra un gruppo e l'altro. Alla faccia delle accuse di"isolazionismo", di "diversità" e diauto-ghettizzazione, non trovi?A presto
Ale
Non so se si possa parlare di "germanizzazione" della musica sacra. I manuali distinguono tra Lewandowski, influenzato dalla musica protestante e Sulzer, influenzato dalla Vienna cattolica. Ma come sempre, quando si parla di ebrei, è difficile dire chi influenza chi e certo è immaginabile che i due capiscuola (che avevano molti allievi) abbiano avuto un seguito anche al di fuori del culto sinagogale.
L'ebraismo tedesco E' in larga parte l'ebraismo emancipato prima del Novecento - in Italia ignoriamo cosa era l'Ebraismo europeo prima della guerra (e di questo ringraziamo le barzellette di Moni Ovadia...).
Il problema dell'integrazione era (come adesso) tale per gli antisemiti, non certo per gli ebrei, che non sentivano alcun complesso di inferiorità verso una cultura che era anche la loro. Le origini intellettuali del movimento progressivo sono nel pensiero e nelle biografie di ebrei giacobini tedeschi: sarebbe piuttosto futile chiedersi se le idee di emancipazione e libertà siano tedesche, giacobine o ebraiche.
No, io non so "a cosa è valso". Soprattutto mi rifiuto di pensare che la Shoah sia stata la conseguenza dell'emancipazione. Anche perché a finire sterminati sono stati anche gli ortodossi dell'Est Europa, incapaci di capire cosa stava succedendo.
Per questo spetta a noi, che veniamo dopo i sopravvissuti, il compito di ricostruire. Dopo la caduta del Muro di Berlino non è un più un sogno.
Non volevo certo suggerire che l'emancipazione c'entrasse qualcosa con la persecuzione, anzi.
Volevo notare che a un certo punto della storia tedesca (ho citato Wagner in proposito, siamo proprio in quel momento) comincia a dominare in una certa élite culturale tedesca l'idea che la cultura ebraica (qualunque cosa questo potesse significare per gli antisemiti...) fosse una specie di malattia estranea alla civiltà occidentale in genere, e a quella tedesca in particolare. Quanto vediamo e ascoltiamo ci dice esattamente il contrario. Come dici giustamente tu, quella cultura era anche la loro. Non solo, direi che era in gran parte fatta da loro.
Ho usato il termine "germanizzazione" forse in modo non consono. Volevo sottolineare l'uso (qui parliamo di musica, ma potremmo parlare di altri campi) di un linguaggio comune che era il linguaggio della cultura del paese, ciascuno secondo le proprie caratteristiche e diversità, cattolici, ebrei, luterani.
Lo strappo violento in Germania comincia proprio in quel periodo.
ciao
A.
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