giovedì, ottobre 18, 2007

cimiteri


Nel cimitero di Kinneret sono seppelliti i grandi del Sionismo: la poetessa Rachel, Ber Borochov, Moshe Hess e così via. Tutti personaggi che hanno "fatto" la seconda alya, che ha portato qui, prima della Prima Guerra Mondiale, decine di migliaia di immigrati motivati, socialisti e di alta formazione intellettuale. Tutti determinati a costruire l'ebreo nuovo, rigenerato da una rivoluzione sociale, politica e culturale. Autori della rinascita dell'ebraico, fondatori dei sindacati... per questa gente, le cui figure di spicco qui hanno condotto una vita straordinariamente grama, gli ebrei erano prima di tutto un popolo - qualunque cosa significhi l'espressione- che doveva emanciparsi sia dalla società capitalista che dall'oppressione religiosa. Nei loro progetti avrebbe dovuto essere sostituita da quella specie di religione civica dello Stato di Israele, che è il fondamento dell'ideologia laburista.
Come è andata a finire lo sappiamo tutti (anche se là in Italia sembra lo sappiano in pochi): la religione ebraica non è affatto scomparsa. Quando questo Paese è stato in pericolo, ovvero durante la guerra del Kippur, l'esercito ha saputo dove andare a prendere i soldati - in sinagoga. Siccome gli israeliani vanno in sinagoga, il Paese si è salvato - che poi non fossero le preghiere a far vincere la guerra, questo è un altro discorso, d'altronde non sono molti gli ebrei che vanno in sinagoga per pregare. Ed è piuttosto malandato anche un altro caposaldo dell'ideologia laburista, quello che suona così: noi e i palestinesi siamo compagni, per questo ci possiamo capire. Che i palestinesi capiscano nessuno lo mette in dubbio, che abbiano desiderio di capire, ecco ... lasciamo perdere.
Nota che per malandato intendo che non ha più grande forza di mobilitazione, certo non la ha qui a Gerusalemme, dove la popolazione sefardita non è esattamente bendisposta verso il progetto di sostituire la nostra religione antica e familiare con la fede nelle magnifiche sorti progressive, che nel resto di mondo è appena passata di moda.
Ho camminato per ore dentro questo cimitero, sulle rive del lago di Kinneret; non avevo macchina fotografica, accontentatevi di roba presa qui. Mi ha colpito una cosa: sulle tombe non ci sono immagini. Per essere gente che voleva liberarsi dell'oppressione religiosa, i sionisti della seconda alya avevano ben presenti le proibizioni rabbiniche - però si vantavano di aver rotto il secolare tabù che impediva agli ebrei di impugnare armi; è nella seconda alya che nasce la Hashomer. Ho pensato a cimiteri ebraici italiani, dove vedevo persino delle statue - in una città emiliana pure quella di uno dei "martiri fascisti". Ebrei fascisti, armati e con una statua sulla tomba: forse è questa quella cosa che chiamano assimilazione. Eppure anche il martire fascista emiliano era ebreo. Ebree pure le figlie, che venivano in sinagoga un paio di volte l'anno, con un distintivo con fiamma tricolore sull'angolo del tailleur.
Quando si esce dal cimitero ti rendi conto che non puoi nemmeno fare la netillat yadaim. Niente rubinetti, niente acqua, niente che possa segnare il tuo passaggio dal cimitero al fuori: solo un muro, e neanche tanto alto. I sionisti della seconda alya sapevano cosa distruggere, ma non avevano ben presente con cosa sostituirlo. Il cimitero di Kinneret, così pieno di storie tragiche è anche un luogo molto indeterminato. Sogni e progetti che erano qui raccolti fanno parte della storia, del passato (forse persino della memoria) di tutti. Sionisti religiosi di destra, comunisti, laburisti di varia gradazione, Ortodossi e Reform ... tutti prima o poi visitano il cimitero di Kinneret, spesso in gruppi organizzati, come parte di qualche tyul (gita) che tocca i luoghi storici del Sionismo -poco lontano da qua c'è Degania, il primo kibbutz , C'è anche chi ci viene da solo, per esempio per lasciare un sasso sulla tomba di Naomi Shemer.

Lo fanno in molti.

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