mercoledì, dicembre 12, 2007

qui si discute così

Suzy: "Per dirla tutta, io non penso che sia un caso che i fondatori del socialismo ci fossero tanti ebrei, visto che per l'Ebraismo la giustizia è un obbligo religioso. La nostra religione chiede di fare tzedakà, non carità. Di seguire regole di giustizia sociale, non di fare ogni tanto delle elargizioni benevole e spontanee. E nella legislazione di Israele io vedo molto di tutto questo, soprattutto in ambito sindacale".
David: "La domanda allora è se tutto questo possa sopravvivere all'interno di un mercato globale, che tende ad appiattire le legislazioni, a restringere i diritti dei lavoratori; fino a che punto si può considerare ebraico uno Stato che importa beni, chessò, dall'India o dalla Cina, o da Paesi in cui il lavoro è schiavistico o quasi?"
Suzy: "o anche, quanto alle relazioni con gli altri Stati, la politica di occupazione dei Territori - lì davvero non c'è una legge unica per l'ebreo e per lo straniero. Ci sono due sistemi giuridici e questo è inaccettabile: questi non sono quel che io chiamo valori ebraici. Come non lo è per me questa santificazione della Terra, della patria..."
Io: "Scusate, mi sembra che qua stiamo dimenticando una cosa molto importante: anche nell'Europa di Antico Regime, all'interno dei ghetti, c'era un sistema di redistribuzione del reddito improntato a criteri di giustizia sociale, potrei anche dire avanzato se credessi a questo genere di progresso. Ma per poter realizzare quel tipo di società ebraica occorreva negoziare con autorità non ebraiche. In un contesto politico in cui gli ebrei erano un gradino al di sotto - in termini di diritti e di cittadinanza- di chi ebreo non era. Forse perché siamo tutti nati dopo il 1948, noi tendiamo a dare per scontato che esista uno Stato in cui gli ebrei non devono chiedere a nessuno il permesso per poter realizzare una società ebraica. Non è naturale, non è sempre stato così - esiste solo da poco più di mezzo secolo!"
Carole: "Ma l'Ebraismo chiede di essere prima di tutto leali cittadini dei Paesi in cui viviamo. Andrea, tu pensi che un politico ebreo segua un altro tipo di morale rispetto a un politico non ebreo? Che noi ebrei abbiamo, per natura o per cultura, una moralità superiore rispetto ai non ebrei?"
Io: "Dico che ogni politico segue la propria morale, e fa anzi del suo meglio per distinguersi da altri politici, anche sul piano morale. Ma dico anche che la democrazia si basa sulla ricerca del consenso. Ed in questo Paese il consenso lo si conquista dicendo: Ecco io sono un buon ebreo, per me i valori ebraici sono questi. Mi sembra una grandissima opportunità, sul piano storico. Che siano gli ebrei stessi a decidere sui propri valori e sulla loro applicazione qui ed ora, o in un domani all'interno delle nostre vite- non in un regno messianico di là da venire e nemmeno sottomettendosi alla legge del più forte".

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