domenica, gennaio 20, 2008

sinagoga karaita

Non esiste un accordo tra gli studiosi a proposito dell'origine dei karaiti. Al Kirkisani, un autore del decimo secolo, dà un vivido resoconto delle varie posizioni in materia di rito e di calendario di diverse correnti ebraiche presenti a Babilonia. Per spiegare meglio al lettore un po' confuso, Kirkisani chiosa: "Ma la differenza tra noi e quelli che seguono i rabbini, è che loro ritengono che le loro leggi siano dettate dai profeti, pertanto immutabili. Noi guardiamo la Torah [Bibbia] e interpretiamo con la nostra ragione umana. E la ragione può portare a differenti risultati".
Nello stesso periodo si stabilisce a Gerusalemme Daniel ben Moshe al Kumisi, il primo studioso karaita. Da allora ad oggi la piccola sinagoga karaita nella Città Vecchia è sempre stata in uso. La vedete qua. Nel 1099 i crociati chiusero dentro la sinagoga i karaiti e li bruciarono vivi, ma pochi decenni dopo la comunità era tornata numerosa. Sono karaiti i gerosolimitani che traducono la Bibbia in arabo ed era molto probabilmente karaita Aharon ben Asher, l'autore del testo masoretico conservato nel Codice di Aleppo. La presenza dei karaiti a Gerusalemme è continuata ininterrotta salvo, naturalmente, la breve occupazione giordana di Gerusalemme, quando gli edifici del quartiere ebraico vennero trasformati in stalle.

Un signore ebreo egiziano che ho conosciuto a Milano dice che suo padre, al Cairo, aveva un grande rispetto per i karaiti. Persone oneste, famiglie onorate.

Le principali differenze tra karaiti e altri gruppi ebraici riguardano il modo di calcolare i gradi di parentela e il calendario. Hanno poi proprie regole alimentari (non osservano il divieto di mischiare carne e latte), propri tallitot - con il filo blu dentro gli tzitzit- e proprie regole per la circoncisione. Non hanno il Talmud, ma nei secoli hanno prodotto propri compendi di halacha. Mezuzah e tefillin sono da loro considerati in senso simbolico e non sono sottoposti a regole. Qualcuno affigge all'ingresso della casa un disegno stilizzato delle tavole della Legge. Nei casi dubbi seguono la regola della maggioranza degli ebrei locali.

Un amico romano che studiava per diventare rabbino ammira i karaiti. Dice che hanno scelto di basarsi su un testo indiscutibile.

"Siamo qualche decina di famiglie, molti vivono fuori dalla Città Vecchia. Non si può usare la macchina di Shabbat, ma noi teniamo la porta aperta. Tra ascoltare la tefillah e rimanere lontani dalla Comunità, ognuno sceglie. Yesh Shofet bashamaiim - c'è un Giudice nel cielo" - dice sorridendo la moglie di rav Moshe, hakham della comunità karaita di Gerusalemme.

La bibliografia sui karaiti comprende più di 7000 titoli. La questione che ultimamente appassiona molto gli studiosi è la presenza, all'interno della Ghenizah del Cairo, di documenti scoperti a Qumran. Assumendo l'origine del gruppo di Qumran in ambienti sadducei, si potrebbe collegare l'origine dei karaiti alla persistenza di dottrine sadducee: il rifiuto della legge orale, l'enfasi sulla Mikrah, il rigore rituale.

Come esiste un risveglio ebraico nella ex URSS, così c'è un certo fermento anche tra i karaiti. E' notizia di pochi mesi fa: in un villaggio siberiano vivono una ottantina di famiglie karaite, hanno scritto in Israele chiedendo libri per il culto.

La funzione è lunga: tre ore e mezzo. Le funzioni solenni durano anche cinque ore. Si prega stando in piedi oppure inginocchiandosi alla maniera musulmana. Ci si siede solo per la lettura della parasha, che è la stessa di tutte le sinagoghe del mondo. Le Haftarot sono differenti. Ogni parasha è divisa in sei (in qualche caso sette) alyot più il maftir. Quando si dice lo Shemà si allargano le palme delle mani. Le donne sono anche contate nel minyan, ma non salgono a Sefer. C'è la mechitzah, ma la moglie del rabbino la superava ogni volta che doveva aiutare noi a trovare il punto del Siddur efo anakhnu, dove siamo. Nel Siddur si riconoscono brani del Tanakh. Non c'è la Amidah, ma concludono la funzione con il canto Ein Kelohenu. C'è una vasta produzione di piutim, poemi liturgici. La cantillazione è molto simile a quella delle comunità medio-orientali: ma l'andamento è responsoriale, e le voci delle donne si sentono molto bene. Le parti bibliche che invocano la distruzione dei nemici sono recitate molto in fretta, oppure lette in silenzio. Tutto il rimanente è accuratamente scandito. ח e כ si distinguono chiaramente.

L'halakha karaita si basa su quattro regole esegetiche: kal va-homer o a fortiori, semukhin o analogia, bynian av / k'lal ha-ferat o sussunzione sotto un principio generale / individuazione del principio dal caso particolare, hagbarah o estensione di una nozione. Vi sono poi alcune particelle del testo biblico che loro considerano intercambiabili (et e kol) ed altre di cui danno una traduzione meno libera (min, rak). A queste regole esegetiche, presenti anche in una baraità del Talmud, i karaiti ne aggiungono di altre: il consenso della comunità, l'analogia logica, il significato letterale del versetto, il ricorso alla ragione umana.

Anni fa il manifesto riuscì a pubblicare un articolo pieno di frottole, in cui per elogiare i karaiti spiegava che non si ritengono ebrei. Era il periodo in cui un gruppo di nazionalisti russi aveva creato un "Fronte nazionale karaita" che sosteneva la loro origine non semitica e che, appoggiandosi a lavori di teorici filo-nazisti, dichiarava che la loro religione deriva dal culto di Mithra. Durò meno di un anno, il quotidiano comunista non ha informato sullo scioglimento.

I karaiti di Gerusalemme sono in gran parte nati in Egitto e arrivati qui dopo i sanguinosi pogrom ordinati da Nasser. Ma c'è anche un signore russo che è scappato dalla Crimea nel 1989, il KGB aveva scoperto dei libri a casa sua e volevano fargli delle domande.

Ieri siamo andati alla sinagoga karaita. Eravamo in quattro. Un paio di russi, un americano e io. Uno dei russi conosce bene i karaiti, nella sua città c'era uno dei centri più importanti. Lui è stato bambino negli ultimi anni di comunismo: i karaiti della sua città frequentano le sinagoghe locali. Sono tutti discendenti di famiglie molto ricche, proprietarie di piantagioni di tabacco. Qui a destra una incisione del secolo scorpo, tratta dalla Jewish Encyclopaedia. Nella Russia zarista i karaiti erano esentati dalle proibizioni che gravavano sugli ebrei. L'altro studente russo ha visitato l'unica sinagoga karaita polacca che è ancora in attività: apre un paio di volte all'anno. Io ieri sono salito a Sefer.

Il hakham rav Moshe mi ha spiegato: "Il mio lavoro è spiegare cosa è permesso e cosa è proibito. Cosa si può mangiare secondo la Mikrà [Bibbia] e cosa non si può mangiare. E come va conservato quel che si può mangiare. E quando, perché di Sabato non si può mangiare cibo riscaldato. Ma io non posso entrare in casa delle persone e aprire il frigorifero".

In Israele vive il maggior numero di karaiti: 30000, prevalentemente a Holon e Ashdod. Altri 10000 vivono in USA. Esiste una congregazione a San Francisco. Nei territori della ex Unione Sovietica ce ne è un paio di migliaia, soprattutto in Crimea. Qualche decina di famiglie è a Istambul. Alcune famiglie stanno in Europa, e (mi hanno detto) a Milano c'è un dentista; tutti frequentano le sinagoghe "rabbanite". Al Cairo, poche persone si prendono cura come possono della Grande Sinagoga: la biblioteca è piena di manoscritti preziosi.

La Grande Sinagoga karaita del Cairo

Scuola karaita, Il Cairo, 1920. Tratta da HJSE

1 commento:

villadelforo ha detto...

Due anni fa sono stato in Lituania e sono stato a Trakai dove ho visitato una piccola comunità di Karaiti di 250 persone.
Se le possono interessare ho altre notizie al proposito.
Villadelforo