giovedì, maggio 22, 2008

Yehoshua sull'antisemitismo

Azure è una delle riviste più stimolanti edite qua in Israele. Ha anche un sito web in cui vengoni pubblicati i saggi più interessanti. Come questo di A.B. Yehoshua, per esempio, che è apparso un paio di anni fa in ebraico e ora viene tradotto in inglese.
In sintesi -ma leggetevi il saggio da voi- ABY sostiene che l'odio antisemita è una manifestazione di debolezza. Lungo la storia gli ebrei sono stati prima di tutto temuti (ed in nome della paura, per difendersi, che ci si legittima a compiere gesti violenti); e l'odio è una conseguenza di questa paura. Cosa fa paura, essenzialmente, degli ebrei? Yehoshua sostiene che è la loro identità, quella fusione di appartenenza nazionale e religiosa, che i non-ebrei percepiscono come pericolosa in un senso o nell'altro; perché secondo loro impedisce di abbracciare fino in fondo la nazionalità sovietica, tedesca, francese... L'antisemita, di solito una persona dall'identità debole o vacillante, proietta le sue debolezze sull'ebreo immaginario cercando una compensazione reale.
Si può così vedere quali genere di terrori ancestrali ha suscitato l'ingresso degli ebrei nella storia, il fatto che degli ebrei, in quanto ebrei, hanno delle responsabilità nazionali o, in altri termini, del potere. Pensate a Massimo D'Alema e alla sua fortunata espressione sulla "spoporzione" di Israele (come se esistesse uno Stato dal potere "proporzionato").
Io devo riflettere un po' su questo nuovo saggio di Yehoshua, che mi sembra decisamente più sofisticato -ed interessante- dei precedenti articoli sullo stesso argomento che sono apparsi in Italia. Mi viene in mente che tra gli antisemiti più lividi nei quali mi sono imbattuto ultimamente ce ne è uno che non riesce a scrivere una cosa compiuta senza prendere a prestito qualcosa da qualcun altro; gli dici pirla e lui ti risponde, letteralmente, pirla! Non esattamente una personalità molto forte. E ce ne è un altro che si vantava di avere posizioni importantissime nel PDS (partito dalla identità politica non molto compiuta) e che ora lamenta di essere finito a contare un cazzo. Che sia il concetto che la forma fallica dell'espressione indicano davvero qualcuno con non pochi problemi (italiano immigrato in Svizzera, insomma: sappiamo che è dura, e che con qualcuno bisogna pur prendersela).

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