la terra dei nomi
Mentre dall'altra parte del Mediterraneo gli ateniesi giocavano alla democrazia tra i padroni (e gli schiavi erano al lavoro) su questa sponda si inventava - o si scopriva- l'idea ancora adesso rivoluzionaria dell'eguaglianza e della dignità umana: tutti gli uomini sono creati ad immagne di Dio. I testi della nostra tradizione sono pieni di nomi di uomini comuni, i testi dei greci ricordano solo i nomi degli eroi. Lo dice una delle più belle poesie ebraiche contemporanee: לכל איש יש שם, ognuno ha un nome, che letteralmente farebbe: a ciascuno c'è un nome.
Dire il nome è il nostro modo di ricordare: vale per i ricordi privati, negli anniversari. E vale per le cerimonie pubbliche, quelle istituite dallo Stato di Israele per ricordare i morti nella Shoah (qui, la descrizione di una mia amica americana, che contrariamente a me è nata e cresciuta lontana dai luoghi dell'orrore), come per ricordare i caduti nella lotta per l'indipendenza e le vittime del terrorismo - lo Yom ha Zikharon.
Quest'anno per Yom ha Zikharon siamo stati al Liceo Rehavia di Gerusalemme, che per questa capitale è un po' come il Parini per Milano, la scuola prestigiosa per eccellenza, dove studiano i rampolli delle famiglie più prestigiose; ed è anche una scuola che esiste da un sacco di tempo, perché è stata fondata nel 1928. Come in ogni scuola del Paese si è tenuta una cerimonia commemorativa, in cui sono stati letti i nomi dei caduti ex allievi della scuola. Che sono tanti.
Dire il nome è il nostro modo di ricordare: vale per i ricordi privati, negli anniversari. E vale per le cerimonie pubbliche, quelle istituite dallo Stato di Israele per ricordare i morti nella Shoah (qui, la descrizione di una mia amica americana, che contrariamente a me è nata e cresciuta lontana dai luoghi dell'orrore), come per ricordare i caduti nella lotta per l'indipendenza e le vittime del terrorismo - lo Yom ha Zikharon.
Quest'anno per Yom ha Zikharon siamo stati al Liceo Rehavia di Gerusalemme, che per questa capitale è un po' come il Parini per Milano, la scuola prestigiosa per eccellenza, dove studiano i rampolli delle famiglie più prestigiose; ed è anche una scuola che esiste da un sacco di tempo, perché è stata fondata nel 1928. Come in ogni scuola del Paese si è tenuta una cerimonia commemorativa, in cui sono stati letti i nomi dei caduti ex allievi della scuola. Che sono tanti.
Una nostra amica, che è nipote di un famoso generale, ha riconosciuto i nomi di suoi parenti. Io ho riconosciuto qualcuno della famiglia Valero, imprenditori a cui era stato dedicato un libro. Poi ad un certo punto si è sentito il nome di Avraham Stern, Yair.
Avraham Stern non è stato un personaggio facile. Era un nazionalista che guardava con favore ai metodi del fascismo italiano; il suo gruppo (che gli inglesi chimavano gang, banda) ruppe con l'Irgun, il movimento nazionalista sionista, giudicandolo troppo moderato. Il suo gruppo aveva perfino vagheggiato una tregua con i nazisti, nel nome della lotta agli inglesi (lo ricordano, oggi, con una espressione schifata, gli stessi che vorrebbero un accordo con Hamas). Scrisse delle poesie, dove il tema della morte per la patria assume caratteristiche davvero difficili da sopportare. Rifiutava ogni collaborazione con gli inglesi, che dopo averlo catturato e ammanettato lo uccisero a freddo senza processo. Sul momento non portarono il lutto in molti. Il movimento sionista laburista ha infatti della pagine oscure (in cui finì anche qualche italiano), fatte anche di collaborazionismo con i britannici, per levarsi di torno l'Irgun e del Lehi - così si chiamava il gruppo di Stern. Qui accanto vedete un francobollo emesso dallo Stato di Israele per ricordarlo, ma è ancora, come si dice, una figura controversa.
Quando, un mese fa, ho sentito il nome di Avraham Stern nel cortile del Liceo di Rehavia, per un impercettibile secondo mi sono venute in mente le pagine che ho scritto, in corrispondenza con amici non ebrei e di sinistra, nello sforzo di rendere presentabile e dignitoso il movimento sionista. Non perdevo occasione per segnalare che noi, i compagni, i sionisti puliti, quello che sono idialmente vicini a Rabin due secondo prima della sua morte (mentre canta il canto per la pace, Shir ha Shalom), ecco, noi non c'entravamo niente con quelli della banda Stern, quelli cattivi, quelli come Shamir.
Quante cazzate.
Davvero, che cosa ridicola volersi presentare sempre come quelli che stanno a sinistra; che cosa umiliante sentirsi sempre costretti a rassicurare i compagni; e, per farlo, infangare chi ha dato la vita perché il popolo ebraico avesso uno Stato. Tanto quanto la ha data chi stava, secondo le schematizzazioni caricaturali della sinistra italiana "da un'altra parte", quella che volevo (senza riuscirci mai, che strano) presentare come "la parte giusta"; perché accanto al sostantivo sionista ci attaccava un aggettivo che poteva suonare socialista. Illudendosi (oh, che fesseria) di poter costruire "la pace" perché anche per gli arabi quell'aggettivo ha un significato; certo che ce lo ha un significato, il termine socialismo, per i nazionalisti arabi come Arafat o Nasser. Significa un Medio Oriente senza Israele: è quello che sognano. E sono sogni verso cui la sinistra italiana è sempre stata molto comprensiva. Molto più che verso Avraham Stern.
Contro Stern, come contro Begin, come contro Sharon, come contro Jabotinsky la sinistra italiana ha costruito una immagine surreale del sionismo, in cui non era ben preciso se essere a favore di qualcosa, e di cui l'unica cosa precisa era la lista dei cattivi, da apparentare volta per volta ai cattivi di turno, amerikani o italiani. E noi ebrei di sinistra troppe volte la abbiamo data per buona, nello sforzo patetico e umniliante di farsi accettare, via via come ebrei e non più come (non sia mai) sionisti. Che era sempre una cosa troppo difficile da spiegare.
E' da più di un mese, dall'ultimo Yom ha Zikharon, che non ho nessuna voglia di spiegare: la differenza tra Avraham Stern (il "revisionista", il "fascista") e i prozii della mia amica laburista ("compagni") era solo differenza nell'ordine alfabetico. Sono nomi, parte della lotta di questo popolo per vivere liberi nella propria terra.
Avraham Stern non è stato un personaggio facile. Era un nazionalista che guardava con favore ai metodi del fascismo italiano; il suo gruppo (che gli inglesi chimavano gang, banda) ruppe con l'Irgun, il movimento nazionalista sionista, giudicandolo troppo moderato. Il suo gruppo aveva perfino vagheggiato una tregua con i nazisti, nel nome della lotta agli inglesi (lo ricordano, oggi, con una espressione schifata, gli stessi che vorrebbero un accordo con Hamas). Scrisse delle poesie, dove il tema della morte per la patria assume caratteristiche davvero difficili da sopportare. Rifiutava ogni collaborazione con gli inglesi, che dopo averlo catturato e ammanettato lo uccisero a freddo senza processo. Sul momento non portarono il lutto in molti. Il movimento sionista laburista ha infatti della pagine oscure (in cui finì anche qualche italiano), fatte anche di collaborazionismo con i britannici, per levarsi di torno l'Irgun e del Lehi - così si chiamava il gruppo di Stern. Qui accanto vedete un francobollo emesso dallo Stato di Israele per ricordarlo, ma è ancora, come si dice, una figura controversa.
Quando, un mese fa, ho sentito il nome di Avraham Stern nel cortile del Liceo di Rehavia, per un impercettibile secondo mi sono venute in mente le pagine che ho scritto, in corrispondenza con amici non ebrei e di sinistra, nello sforzo di rendere presentabile e dignitoso il movimento sionista. Non perdevo occasione per segnalare che noi, i compagni, i sionisti puliti, quello che sono idialmente vicini a Rabin due secondo prima della sua morte (mentre canta il canto per la pace, Shir ha Shalom), ecco, noi non c'entravamo niente con quelli della banda Stern, quelli cattivi, quelli come Shamir.
Quante cazzate.
Davvero, che cosa ridicola volersi presentare sempre come quelli che stanno a sinistra; che cosa umiliante sentirsi sempre costretti a rassicurare i compagni; e, per farlo, infangare chi ha dato la vita perché il popolo ebraico avesso uno Stato. Tanto quanto la ha data chi stava, secondo le schematizzazioni caricaturali della sinistra italiana "da un'altra parte", quella che volevo (senza riuscirci mai, che strano) presentare come "la parte giusta"; perché accanto al sostantivo sionista ci attaccava un aggettivo che poteva suonare socialista. Illudendosi (oh, che fesseria) di poter costruire "la pace" perché anche per gli arabi quell'aggettivo ha un significato; certo che ce lo ha un significato, il termine socialismo, per i nazionalisti arabi come Arafat o Nasser. Significa un Medio Oriente senza Israele: è quello che sognano. E sono sogni verso cui la sinistra italiana è sempre stata molto comprensiva. Molto più che verso Avraham Stern.
Contro Stern, come contro Begin, come contro Sharon, come contro Jabotinsky la sinistra italiana ha costruito una immagine surreale del sionismo, in cui non era ben preciso se essere a favore di qualcosa, e di cui l'unica cosa precisa era la lista dei cattivi, da apparentare volta per volta ai cattivi di turno, amerikani o italiani. E noi ebrei di sinistra troppe volte la abbiamo data per buona, nello sforzo patetico e umniliante di farsi accettare, via via come ebrei e non più come (non sia mai) sionisti. Che era sempre una cosa troppo difficile da spiegare.
E' da più di un mese, dall'ultimo Yom ha Zikharon, che non ho nessuna voglia di spiegare: la differenza tra Avraham Stern (il "revisionista", il "fascista") e i prozii della mia amica laburista ("compagni") era solo differenza nell'ordine alfabetico. Sono nomi, parte della lotta di questo popolo per vivere liberi nella propria terra.
3 commenti:
אמן,אמן סלע
Io non credo più che sia possibile spiegare il sionismo alla sinistra italiana. Mi dispiace ma sono arrivata alla conclusione che la maggior parte della sinistra italiana sia molto superficiale, ignorante e/o in malafede. Mi dispiace pensarla così, ci sono arrivata lentamente a questa conclusione e per consolarmi quando mi arrabbio leggendo giornali on line mi dico che per fortuna l'Italia, internazionalmente, vale un po' meno di niente. La storica differenza tra destra e sinistra, non solo in Italia, mi sembra sorpassata, le differenze stanno confondendosi e varrebbe la pena di incominciare a intravvedere altri concetti come per esempio che non ci sia bisogno di avere due ideologie contrapposte. Il discorso sarebbe troppo lungo e dovrei spremermi troppo il cervello per spiegare in italiano il mio pensiero. Allora ti saluto con un bel erev tov.
Ciao
Qui forse sono io il disinformato. L'Irgun e in particolare il Lehi non erano gruppi terroristici che davano luogo ad attentati anti-inglesi? Per quel che mi ricordo, anche nel libro che lessi di Eli Barnavi, 'Storia di Israele', l'autore non era molto tenero nei loro confronti. Nel film Exodus pure sono terroristi. Come stavano le cose allora? E' un quesito che mi pongo da anni, visti i giudizi molto controversi a riguardo.
ilbaco.ilcannocchiale.it
per Andrea:
la risposta immediata sarebbe: sì, ma non solo. :-) Per una serie di ragioni strane, i politici usciti da quella parte hanno ottenuto risultati importanti anche in tempo di pace (Begin fece la pace con Sadat, ed era stato il comandante dell'Irgun). Negli anni subito dopo la guerra di indipendenza i sionisti revisionisti vennero "emarginati" dalla vita politica, soprattutto perché si trattava di movimenti di ridotte dimensioni e anche perché gli inglesi, in sede ONU, non avrebbero "digerito" molto.
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