mercoledì, dicembre 06, 2006

la storia dei paperi

C’era una volta uno stagno, che un tempo era stato molto affollato. Ora si andava diseccando e c’erano sempre meno paperi. Un piccolo gruppo di anatroccoli continuava a starnazzare. Un pavone passeggiava sulle sponde.
"Quak", diceva una anatroccola piuttosto tracagnotta, sono le 10.00 di mattina, è ora di accendere le candele.
"Squok", rispondeva desolato un altro anatroccolo, che aveva frange alle zampe, "guardate i cigni, vanno verso il lago; ci sono paperi che li seguono".
"Sberequek!" sobbalzò l’anatroccolo più anzianotto, che dormiva in un angolo remoto dello stagno: "li seguono?"
Il pavone disse: "si è diffusa la notizia che anche gli anatroccoli possono diventare cigni. È un male quando le notizie si diffondono".
La tracagnotta trasse un sospiro e disse: "E' vero, lo ho studiato anche io alla Quackolica. Ma ora lo sanno tutti. E ci abbandonano pure i paperi. Siamo sempre più soli…"
L’anzianotto, piccato, ribatté: "Squok, ma io i paperi li ho accompagnati al pollaio, nella sezione dei galli, ho impartito loro la mia commovente familiare benedizione, che altro possono volere?"
Qualcuno tra i pochi presenti provò a suggerire: "Perché non ce ne andiamo anche noi al lago? Si sta più larghi, e c’è più acqua". Si levò allora un borbottio e il pavone pigolò che al lago il becchime non era kasher. Per tutta risposta un altro gruppo di anatroccoli si allontanò silenziosamente dal gruppo, dirigendosi appunto verso il lago. Si dice divennero cigni anche loro.
L’anatroccolo con le frange era stato in stagni vetusti e rispettati, si era sempre presentato come cigno, ma nessuno voleva un anatroccolo come lui. Aveva finalmente trovato in questo stagno qualcuno che lo rispettava: il pavone per esempio, diceva che era uno splendido cigno prossimo venturo. Ed ecco che improvvisamente lo stagno si andava svuotando e per di più ne spariva anche l’acqua. Tirava grandi zampate nel fango attorcigliandosi le frange e faceva quek quek profondamente irritato.
La tracagnotta era indispettita dagli schizzi di fango. Non aveva mai potuto sopportare le frange, né l’altro anatroccolo, né, a dirla tutta, gli uccelli, di qualsiasi taglia e colore. Molto tempo fa era era stata innamorata di un germano reale, che poi era volato via, lasciandole una profonda amarezza. Da bambina aveva visto un cigno nero che diceva il rosario e tutti sembravano rispettarlo e lo chiamavano don. Aveva tanto voluto essere lei un don, e per questo aveva studiato alla Quackolica, ma le avevano spiegato che non era possibile. Aveva poi trovato un CEPU per le anatroccole, ma quello con le frange sembrava saperne sempre più di lei. Gli faceva davvero molta rabbia. Siccome le piaceva sporcare sognava di costringere l’anatroccolo o addirittura un cigno, a pulire dove lei aveva sporcato.
Disse il pavone: "ho trovato la soluzione. Bisogna scrivere cinquecento volte una parola magica: Riformati, affidare il foglio a un piccione viaggiatore ed ecco che si viene trasformati definitivamente in cigni". E l’anatroccolo aggiunse: "Decine di pulcini vogliono apprendere come trasformarsi in cigno, se facciamo questo incantesimo, potrò essere io l’insegnante ? vero che potrò ? sarò io sarò io quok ! quok!". E agitava scomposto le sue frange, immaginando fossero già ali di cigno. Come è patetico, pensò la tracagnotta. "Sberequek, disse, qui ci vuole un progetto. Se vogliamo attirare altri anatroccoli dobbiamo implementare la coordinazione dei flussi di gestione integrata". Non era rimasto più nessuno a risponderle: ma che cazzo stai dicendo, e di questo ella si compiaceva.
L’anatroccolo anziano disse allora: "Quack, benissimo, siamo tutti d'accordo, scriveremo seicento volte Riformati e poi scriveremo bene in grande Progetto, quattrocento volte. Così avremo il totale magico di mille parole che, per incanto, si trasformeranno in mille paperotti di cui noi anatroccoli saremo il consiglio paperattivo. E ci trasformeremo in cigni. Quak!".
Dal lago, uno dei cigni, intenerito dai tre piccoli anatroccoli, lanciò una tastiera verso lo stagno. Il pavone fece la ruota dicendo: "Avete visto cosa sono riuscito ad ottenere?" Gli anatroccoli si misero allora con impegno a pestare sulla tastiera. Nessuno di loro aveva idea di cosa significasse la parola Riformati e, rapiti da tale mistero, la scrivevano a raffica in un turbinìo di entusiasmo, fede, quack, quock, sberequeck e tzitzit. Quando la tracagnotta inciampò nelle frange bofonchiò Mavadaviailcul, l’anatroccolo anziano (che era un po’ sordastro) starnazzò allora: Culto, Culto., che meravigliosa idea, scriviamo pure: Culto! Riformati-Progetto-Culto ! Questa è la nostra formula magica. Come Sim Sala Bim".
"E una folla di pulcini ci raggiungerà!", disse l’anatroccolo con le frange, e fece: quak.
"E lo stagno sarà allora largo e spazioso!", corresse la tracagnotta, che non gradiva molto gli uccelli, e fece: quok.
"Mi piace questo spirito unitario", disse l’anatroccolo anzianotto, e soggiunse: quek.
"Vedrete, domineremo anche l’Unione GErmani reali Italiani", aggiunse il pavone, gonfiando la ruota.
E fu così che Sim Sala Bim, Riformati, Culto, Progetto, Abracadabra, Quak, Quek, Quok gli anatroccoli divennero cigni. Ovviamente per chi crede alle favole.

Quanto sopra è un racconto di pura fantasia. Ogni riferimento a associazioni esistenti è puramente casuale.