martedì, gennaio 02, 2007

ebreografie

Davvero bello il recente articolo di Stefano Jesurum pubblicato sul Corriere della Sera. C’è, più o meno, tutta la serie di problemi che gli ebrei italiani stanno attraversando. Lo svuotamento delle piccole comunità, dove le sinagoghe aprono ormai solo per Kippur; l’interesse di massa per la cultura ebraica in località dove non ci sono più ebrei; la contrapposizione tra Roma e Milano, tra una comunità che si identifica con il suo territorio e un’altra che vorrebbe essere melting pot.
C’è anche la crisi della sinistra ebraica. Bidussa dichiara defunto l'ebraismo italiano, mentre Magiar lo elogia, con un delizioso svarione (progressivi e riformati sono sinonimo, ma in riva al Tevere ancora non lo sanno ...) funzionale all'elogio dell'unità all’insegna dell’unità tra ortodossia religiosa e progressismo politico. Tutto questo mentre persiani, libici e libanesi continuano a sentirsi lontani dalle istituzioni ebraiche italiane (perché troppo “politicizzate”, ovvero di sinistra). I giovani emigrano in America o in Israele - questo significa, cari lettori, che per un ebreo vivere a Milano è difficile; non ci sono più le mezze stagioni, ma l’antisemitismo sì. L’ebraico “piccolo mondo antico” italiano sembra scomparire proprio mentre cresce l’interesse generale per l’Ebraismo.
In realtà i fenomeni che attraversano il microcosmo ebraico italiano riguardano tutta la Diaspora. I Lubavitch infatti si allargano e fanno proseliti un po’ ovunque. I modern-orthodox, cui si rifanno i rabbini italiani, e che fuori d’Italia sono una sorta di posizione (minoritaria) intermedia tra integralisti e liberali, sono in crisi un po’ ovunque. Soprattutto: gli esseri umani (ebrei inclusi) non sono delle carote e il feticismo delle radici è estraneo, per fortuna, all’Ebraismo, succede che anche in Italia immigrino ebrei cresciuti in luoghi dove gli ortodossi (modern- o meno) sono una minoranza: USA, Canada, Inghilterra, Argentina, Brasile… Queste famiglie gente nelle sinagoghe ortodosse si trovano molto male: le donne sono abituate a salire a Sefer e si sentono dire in maniera poco cortese che non saranno contate a minyan, le famiglie non amano che il rabbino faccia domande dettagliate sugli alberi genealogici. Quanto alle manifestazioni di “cultura ebraica” per come sono attualmente organizzate, i ragazzi non gradiscono concerti di musica klezmer in cui il pubblico indossa la kefiah. E così via. L’ebraismo italiano nel futuro sarà anche l’ebraismo di queste generazioni. Rabbini e presidenti di comunità, stando all’articolo di Jesurum, sembrano piuttosto impreparati.

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