giovedì, marzo 15, 2007

irretiti


Oggi la mia attenzione è stata catturata da due dibattiti in rete.

Uno si tiene sul gruppo it.cultura.ebraica e riguarda alcune tesi del giovane Fromm, che sono state popolari anche nella sinistra ebraica italiana. L'Ebraismo liberale (da Mendelssohn in poi) sarebbe una forma inautentica dell'immutabile religione dei padri, uno snaturamento fatto per compiacere la borghesia ebraica tedesca, laddove l'Ebraismo ortodosso avrebbe invece una natura anticapitalistica. Sono fantasie dal sapore un po' reazionario: ma tornano popolari di questi tempi, assieme ai fiumi di retorica sull'Occidente cattivo che distrugge ed omologa (globalizza) le civiltà primigenie, idilliache ed originarie. Perché in questo quadretto si affida all'America il ruolo del cattivo (vecchia pulsione italica) e si fa coincidere l'Ebraismo Reform con l'America - ché là si sono trasferiti gli ebrei tedeschi.
L'altro dibattito ruota attorno a Kilombo. aggregatore di blog di sinistra. O meglio: è originato dalla decisione di Rosalucscemburg di levare le tende dall'aggregatore, in seguito al più o meno scoperto antisemitismo di alcuni dei blog aggregati. Rosa mi sta molto simpatica e il suo dolore è anche il mio, ed è lo stesso che si prova quando ci sbatte addosso l'antisemitismo di sinistra con tutta la sua carica identitaria - a me è successo mentre facevo il servizio civile, durante la prima Guerra del Golfo ("e siccome l'esercito israeliano sta massacrando i palestinesi non ti diamo la licenza per le feste ebraiche").
Ho letto il dibattito tra Rosa e qualcuno dei suoi avversari (o nemici). Pur non sapendo nulla sull'Ebraismo -al punto di essere costretti a bislacchi paragoni con il cattolicesimo, come se l'Ebraismo avesse un papa, una credo, una gerarchia- costoro elogiano "il giudaismo ortodosso antisionista". Nella fattispecie quello esagitato dei Neturei Karta, perché la pura esistenza di questo gruppetto di fanatici, che ritengono che le vittime della Shoah in qualche modo meritassero le loro pene, indebolirebbe lo Stato di Israele nel suo fondamento ebraico. L'armamentario concettuale di chi se la prende con Rosa (e, se non capisco male, vorrebbe colonizzare Kilombo) è vecchiotto. Già nel 1982 Rosellina Balbi scrisse un memorabile pezzo ("Davide discolpati!") sul vizio di imporre agli ebrei italiani la dissociazione da Israele.
Questa bizzarra rappresentazione dell'Ebraismo ortodosso come una forma di anticapitalismo (nel primo caso) o di anti-imperialismo (nel secondo caso) solletica in maniera evidente il culto del passato, perché questo Ebraismo puro, passivo e incontaminato avrebbe avuto i propri fasti in un passato remoto (quando i mulini erano bianchi e non esisteva lo Stato di Israele) ed oggi si troverebbe a subire i colpi della feroce lobby sionista americana.
L'Italia è un Paese cattolico, in cui cioé il cattolicesimo gioca un ruolo importante nella coscienza collettiva (e non sto dicendo che sia un bene, dico solo che è così: da ragazzini le partite di calcio si fanno più spesso all'oratorio che al centro islamico o alla casa del popolo). Bisognerebbe ricordare sempre che il cristianesimo nasce come completamento dell'Ebraismo. Cioé, in linea di massima, deriva la propria legittimità dal dichiare esaurito il ruolo del popolo ebraico. So bene che ci sono stati importanti mutamenti, ma per la maggioranza degli italiani (e i compilatori di Kilombo non fanno eccezione) l'Ebraismo è un apparato di riti e tradizioni, espressione di un attaccamento alla Legge, che è stato superato dalla religione dell'Amore.
Ecco perché i Neturei Karta sono cari ai lettori dell'immaginifico Martinez; ed ecco perché i nostalgici dell'Ebraismo sovietico adesso si baloccano con gli ortodossi pre-capitalisti (chiamiamoli agresti) immaginati da Eric Fromm. Perché l'Ebraismo è per loro sinonimo di qualcosa di passato, estraneo, lontano: e pertanto vero ed originario (dacché viviamo, signora mia, nel regno dell'inautentico). Ed è soprattutto immutabile.
Ogni volta che sento parlare di Ebraismo immutabile sento di essere finito in una dimensione parallela. Faccio fatica a seguire il discorso. Nella dimensione in cui vivo io l'Ebraismo non è solo una religione, è una civiltà, con dei propri miti fondativi: MMAX spiega in quali differenti modi ci si può rapportare a questi miti/eventi rimanendo ebrei (perché, signori miei, questo è il bello: essere ebrei non è uno status che si perde). E come tutte le civiltà, l'Ebraismo ha una continuità e anche delle rotture, che coincidono/conseguono cone le differenti interpretazioni e letture dei suddetti eventi: l'Emancipazione, la nascita dello Stato di Israele.... Sulla riduzione dell'Ebraismo alla sola dimensione religiosa, che in questo Paese cattolico risulta popolare a destra come a sinistra bisognerà tornare prima o poi. Per ora segnaliamo che è da questa mutilazione che segue il paragone ebraismo = cattolicesimo. Con tutto quel che ne consegue, in un Paese, l'Italia, in cui il cattolicesimo si identifica con il potere.

Nessun commento: