מחיה הכל
Alle origini del movimento progressivo c'è una esigenza di integrità intellettuale. Non è possibile dire cose in cui non si crede, per di più pubblicamente e in un contesto sacro. Non si può, per esempio, pregare per la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e del culto sacrificale se si è convinti che il sacrificio di animali sia una inutile crudeltà.
Lo stesso discorso vale per la famosa seconda benedizione della Amidah (la serie di suppliche che sono il cuore del culto ebraico), quella che per gli ortodossi si conclude con מחיה המתים e che suona così in traduzione: Benedetto sei Tu o Signore dell'Universo, che fai (ri)vivere i morti.
Ci sono ottime ragioni per obiettare a questa formulazione. Prima di tutto è poco ebraica. E' vero che alcune correnti mistiche (diffuse soprattutto nel Sei-Settecento in Italia) afferma(va)no la reincarnazione, ma in linea di massima l'Ebraismo non si interessa granché del destino dell'anima dopo la morte. Anche perché non è certo con la minaccia dell'inferno che si ottiene l'adesione ai valori morali espressa dall'insieme delle mitzwot. Il modello di adesione alle mitzwot è Abramo, che se arriva al punto di legare suo figlio sull'altare, non è certo perché Dio minaccia di mandare la sua anima all'inferno. Inoltre, la minaccia dei castighi dopo la morte è una caratteristica delle credenze religiose che si fanno ideologia, ovvero sistema di potere, gerarchia, repressione. Qualcosa che ha poco a che fare con l'Ebraismo. I Siddurim del movimento progressivo concludono questa berakha con la formulazione מחיה הכל, Benedetto sei Tu o Signore dell'Universo, che dai vita a tutte le cose - che è un bel modo di presentare l'unità dell'Universo.
C'è però il comprensibile desiderio di immaginare che le persone care siano ancora da qualche parte e che le si possa prima o poi ri-incontrare. Qualche Siddur progrssivo presenta così anche la formula ortodossa sul (ri)vivere i morti, come una sorta di opzione secondaria (di solito tra parentesi), attinente più ai desideri intimi e personali che alla sfera delle credenze proclamate in pubblico. Mi sembra una esemplare integrità intellettuale.
Le cose stanno in maniera diversa per i conservative e gli ortodossi, che cercano di mantenere una finzione di continuità con il sistema di valori rappresentato dalla halakhà medievale. Mi piacerebbe però poter chiedere a questi sostenitori della tradizione e delle radici, se veramente sono convinti che per poter officiare un funerale ci voglia un minimo di dieci maschi adulti, che assieme farebbero una specie di muraglia contro gli spiriti e che questi spiriti nascerebbero dalle polluzioni notturne del defunto. E se questa è la convinzione -che certo è tradizionale, tradizionalissima, basta leggere Scholem per scoprirlo- sarebbe interessante una opinione a proposito di ricerca e di cellule staminali.
Lo stesso discorso vale per la famosa seconda benedizione della Amidah (la serie di suppliche che sono il cuore del culto ebraico), quella che per gli ortodossi si conclude con מחיה המתים e che suona così in traduzione: Benedetto sei Tu o Signore dell'Universo, che fai (ri)vivere i morti.
Ci sono ottime ragioni per obiettare a questa formulazione. Prima di tutto è poco ebraica. E' vero che alcune correnti mistiche (diffuse soprattutto nel Sei-Settecento in Italia) afferma(va)no la reincarnazione, ma in linea di massima l'Ebraismo non si interessa granché del destino dell'anima dopo la morte. Anche perché non è certo con la minaccia dell'inferno che si ottiene l'adesione ai valori morali espressa dall'insieme delle mitzwot. Il modello di adesione alle mitzwot è Abramo, che se arriva al punto di legare suo figlio sull'altare, non è certo perché Dio minaccia di mandare la sua anima all'inferno. Inoltre, la minaccia dei castighi dopo la morte è una caratteristica delle credenze religiose che si fanno ideologia, ovvero sistema di potere, gerarchia, repressione. Qualcosa che ha poco a che fare con l'Ebraismo. I Siddurim del movimento progressivo concludono questa berakha con la formulazione מחיה הכל, Benedetto sei Tu o Signore dell'Universo, che dai vita a tutte le cose - che è un bel modo di presentare l'unità dell'Universo.
C'è però il comprensibile desiderio di immaginare che le persone care siano ancora da qualche parte e che le si possa prima o poi ri-incontrare. Qualche Siddur progrssivo presenta così anche la formula ortodossa sul (ri)vivere i morti, come una sorta di opzione secondaria (di solito tra parentesi), attinente più ai desideri intimi e personali che alla sfera delle credenze proclamate in pubblico. Mi sembra una esemplare integrità intellettuale.
Le cose stanno in maniera diversa per i conservative e gli ortodossi, che cercano di mantenere una finzione di continuità con il sistema di valori rappresentato dalla halakhà medievale. Mi piacerebbe però poter chiedere a questi sostenitori della tradizione e delle radici, se veramente sono convinti che per poter officiare un funerale ci voglia un minimo di dieci maschi adulti, che assieme farebbero una specie di muraglia contro gli spiriti e che questi spiriti nascerebbero dalle polluzioni notturne del defunto. E se questa è la convinzione -che certo è tradizionale, tradizionalissima, basta leggere Scholem per scoprirlo- sarebbe interessante una opinione a proposito di ricerca e di cellule staminali.
2 commenti:
Non ricordo se ti ho mai lasciato traccia delle mie letture. Ti seguo da qualche mese e ti leggo volentieri. Questo post in particolare mi ha colpita. Conoscevo infatti la propensione biblica a non occuparsi dell'anima e dell'aldilà, ciò che non sapevo è che tale questione è rimasta aperta tutt'ora.
Provnendo da una educazione cattolica (che ho rifiutato 20 anni fa ma che comunque mi è rimasta come base culturale) credo di avere una visione abbastanza parziale, quando non addirittura distorta, dell'ebraismo.
Un saluto, e grazie dei tuoi post.
In pratica stai indagando il confine tra religione e superstizione....
Uriel
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