ebrei virtuali
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Ruth Ellen Gruber descrive questo interesse per la cultura e la storia degli ebrei (al cui interno si inserisce anche la Giornata della Memoria, decisa dal Parlamento Europeo nel gennaio 2000) ed offre sue interpretazioni. Secondo lei molto è dovuto ad un mutato atteggiamento della Chiesa cattolica, che ha posto termine ad una ostilità millenaria; alla fine della Guerra Fredda, durante la quale le classi colte erano quantomeno diffidenti verso l’ebraismo; e soprattutto al desiderio degli europei di riempire quello “spazio ebraico” delle proprie identità nazionali . Il fenomeno ovviamente riguarda anche l’Italia dove, secondo l’autrice di questo libro, si deve soprattutto di Moni Ovadia e Claudio Magris, figure guida di una scoperta della cultura yddish – significativamente, nessuno dei due è ebreo ashkenazita.
L’opinione della Gruber è che questa ondata di interesse per la cultura ebraica sia sostanzialmente positiva, anche se ha dei lati kitsch (caffé ebraici in Polonia dove il cibo servito non è né kasher né cucinato secondo ricette tradizionali ebraiche), anche se non è rara la semplificazione. Gli europei adesso ne sanno molto di più sull’ebraismo e gli ebrei. La responsabilità delle istituzioni ebraiche deve essere quella di presentare la loro vita e cultura in luce meno folklorica. E in questo modo gli ebrei possono contriibuire alla costruzione di una Europa multiculturale.
La Gruber mi convince sì e no. Sì perché ha scritto questo libro percorrendo gran parte d’Europa e descrive un fenomeno che ha toccato con mano. No, perché sono più diffidente di lei a proposito della riduzione a folklore. In tutto questo fiorire di cultura ebraica, io vedo molta gente alla ricerca dell’Altro, o della Alterità. E mi sembra di indovinare molta delusione quando si scopre che “gli ebrei sono come noi” – se non sono così diversi, sembra essere il sottinteso, perché occuparsene? Perché una Giornata della Cultura ebraica, se non ci si può ascoltare musica klezmer?
Hai voglia quindi a spiegare che ci sono angoli di mondo in cui gli ebrei non hanno mai ascoltato musica klezmer. Hai voglia a parlare dell’Amsterdam di Spinoza, dove gli europei hanno scoperto non gli ebrei ma la tolleranza, che pure dovrebbe essere uno dei valori fondanti di questa Europa unita – salta sempre fuori quello che ti deve raccontare la favola di Spinoza perseguitato dall’Inquisizione ebraica (per la cronaca, chi è andato a leggersi e carte d’archivio ha scoperto che le cose erano molto più banali). Perché, visto che ad Amsterdam gli ebrei non erano straccioni e sognatori come nella Belz visitata da Joseph Roth, allora erano poco ebraici, e quindi cattivi e intolleranti. Proprio come noi.
Ruth Ellen Gruber, Virtually Jewish: Reinventing Jewish Culture in Europe, niversity of California Press, 2002.
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