venerdì, giugno 13, 2008

Stato ebraico e Stato democratico

Negli anni Novanta i giuristi israeliani hanno discusso fino allo sfinimento sul significato dell'espressione "Stato ebraico e democratico". La ragione è che Israele non ha una Costituzione, ma un insieme di leggi che hanno carattere costituzionale: e nel 1992 la Knesset ha approvato due leggi in cui stava contenuto quella espressione e che esplicitamente citavano il documento fondativo dello Stato, la Dichiarazione di Indipendenza - che, lo so che a molti sembrerà strano, non dice affatto: siamo in questo territorio perché lo ha deciso Dio.
Secondo alcuni (soprattutto il giudice Aharon Barak) esistono però dei valori che sono ebraici e democratici al tempo stesso (rispetto della dignità della persona, uguaglianza davanti alla legge, ecc. ecc.) e che devono essere i valori espressi dalla nostra Costituzione e dalle leggi di questo Stato. Altri, e particolarmente il giudice e professore Menachem Elon, rispondono che la tradizione giuridica ebraica (la halakhà ed i responsa rabbinici) dovrebbero essere presi in considerazione, laddove non contraddicono, ma anzi rafforzano i valori democratici - il diritto ebraico, per esempio, esclude l'incarceramento per debiti, consentito e anzi ampiamente comminato nelle due fonti del diritto democratico (romano e anglosassone). I primi a questo punto rispondono che uno Stato è democratico se la legge è abbastanza astratta ed universale da rendere nulle le appartenenze religiose. Ed i secondi ribattono che Stato ebraico e democratico significa che ci deve essere un terreno comune tra ebraico e democratico, non che uno deve escludere l'altro.
Il dibattito è ovviamente molto interessante, e io qui lo ho riassunto tagliando con la motosega: però è importante ricordare che non tutti sono entusiasti di questa attività iper-legislativa della Corte Suprema. Soprattutto nel gruppo che sta lavorando a un progetto di Costituzione c'è chi pensa che delle eventuali contraddizioni tra ebraico e democratico dovrebbe occuparsi il Parlamento e non i giudici. E che l'interventismo dei rabbini a tutela (dal loro punto di vista) di quello che è ebraico - e ai danni di questo interventismo ho già accennato- è la risposta all'interventismo dei giudici a tutela di quel che per loro è democratico.
Il dibattito sul significato dell'espressione "ebraico e democratico" è sorto in un momento particolare della storia di questo Paese, cioé dopo la fine dell'egemonia laburista e dell'ethos collettivo che il socialismo israeliano ha cercato di costruire, affiancando propri valori e delle proprie cerimonie a quelli della tradizione della Diaspora (o, in qualche caso, sostituendoli).
Ad un certo punto però quel progetto è fallito, vuoi perché il socialismo era in crisi in tutto il mondo, vuoi per la guerra del Kippur, vuoi per i colpi presi da Menachem Begin e i suoi discorsi sulla sopravvivenza, vuoi per l'ingresso del consumismo e l'immigrazione dei russi - che verso il socialismo erano, diciamo, un po' allergici. Di ragioni ce ne sono tante, fatto è che Israele negli anni Novanta è un Paese in cui si parla molto più di diritti individuali, molto di più di quanto se ne parlasse in passato.
La storia del sionismo, di qualsiasi corrente sionista, è sempre una storia di ideali collettivisti, non solo a sinistra. A destra la voce che contava era quella nazionalista, non quella liberale. E nemmeno i sionisti religiosi hanno mai considerato un valore la tutela dei diritti dell'individuo.
Perché il problema è di che individuo stiamo parlando. Gli amici che mi scrivono chiedendomi come fa uno Stato ispirato a una religione ad essere anche uno Stato democratico hanno in mente un tipo preciso di democrazia: quella americana neoliberale, laddove la sovranità appartiene a una entità astratta chiamata individuo, slegato da ogni comunità, privo di ogni appartenenza, religione, legami familiari e culturali; e l'obiettivo del sistema giuridico è la felicità di questo individuo. Che è una finzione, perché in realtà negli USA esiste un predominio dell'etnia WASP, che non può scalfire alcuna eguaglianza giuridica formulata per legge. Mentre invece la generazione dei fondatori dello Stato di Israele, che ha scritto quella Dichiarazione di Indipendenza dove gli aggettivi ebraico e democratico compaiono per la prima volta accanto, aveva presente la democrazia rappresentativa, ovvero -come in Italia- proclamava che la sovranità appartiene al popolo. Non a caso nessuno in Israele si oppose alla istituzione di un sistema di welfare.
Israele è uno Stato democratico ed ebraico. Democrazia non significa dispotismo dell'individuo, ma sovranità del popolo. Che in questo caso è il popolo ebraico, ovvero quegli individui che hanno in comune l'appartenenza al popolo ebraico e che hanno creato uno Stato per assicurarvi continuità e diritti. In Israele, proprio come in Italia, la sovranità appartiene al popolo; il che non significa che chi non è ebreo non ha diritti individuali. Ma, proprio come in Italia i diritti nazionali sono del popolo italiano e non dei Walser, e in Francia sono del popolo francese e non dei Bretoni o dei Corsi, e in Spagna appartengono agli spagnoli e non ai Baschi. E qui posso anticipare che tra i miei lettori (se sono sopravvissuti fino a questo punto) ci sarà chi tristemente mi dice: ma allora il conflitto con gli arabi non si risolverà mai! La mia risposta è sì, probabilmente è così. Perché Israele è uno Stato normale, e in nessuno Stato le minoranze nazionali sono completamente soddisfatte. Di più: ogni Stato nazionale accetta all'interno dei propri confini solo le autorità di quelle minoranze che con quello Stato vengono a patti, non certo quelle che vogliono farlo saltare per aria. Il che vuol dire che il conflitto con le aspirazioni nazionalistiche degli arabi non può essere risolto all'interno di una prospettiva sionista. Si può (e si deve, dal mio punto di vista) trovare una modalità di convivenza con coloro che accettano che questo è uno Stato ebraico e democratico, perché tra gli scopi di ogni democrazia c'è anche: sviluppare il Paese a beneficio di tutti i suoi abitanti. Ma uno Stato non si può suicidare cambiando le proprie caratteristiche nazionali.
So che dal punto di vista della democrazia neo-liberale americana non esistono conflitti che non possono essere risolti. Nella salsa New Age preferita dai pacifisti, questo significa: allargate l'area della coscienza (povero Allen Ginsberg, se avesse saputo cosa avrebbero fatto di lui...) e la vita vi sorriderà. Ma nel mondo reale in cui viviamo un po' tutti, le cose stanno in maniera diversa.

5 commenti:

Piero P. ha detto...

Post un po' lungo (per ovvia necessità), ma decisamente interessante e comprensibilissimo.
Complimenti per come sai rendere la realtà israeliana.

Andrea ha detto...

Molto, molto interessante. Una cosa però in particolare non mi convince. Gli Usa wasp. Per capirci, il candidato alla presidenza Obama non mi pare tanto wasp.
Altra cosa: che cosa intendi esattamente per "diritti nazionali" che non appartengono alle minoranze?
Andrea
ilbaco.ilcannocchiale.it

נחום ha detto...

ciao Andrea
Obama (se vincerà le elezioni) vale tanto quanto Kennedy - non muta il fatto che la classe dirigente, l'élite (nel senso di Gaetano Mosca) degli USA è prevalentemente WASP.
I diritti nazionali, per quanto riguarda Israele, sono la lingua, la bandiera, il calendario: utto quell'insieme di simboli di sovranità che trasforma un pezzo di terra in uno Stato e che implicano delle istituzioni per trasformarli in realtà (in Israele, sostanzialmente, esercito e scuola).

Andrea ha detto...

E ti chiedo, è intrinseco a tuo parere che in un paese individualista esista in realtà questa elite al potere? La democrazia rappresentativa rende al contrario l'intera comunità partecipe della vita politica?

E in ultimo, se i diritti nazionali che non spettano agli arabi sono lingua, bandiera e calendario, non vedo perché essere così pessimisti... Essendo l'arabo praticamente lingua ufficiale, a tuo parere il conflitto non si risolverà essenzialmente per un fatto di drappo e di festività?

Andrea
ilbaco.ilcannocchiale.it

נחום ha detto...

non so, Andrea. Ho l'impressione che tutta la retorica sulla libertà individuale e la ricera della felicità come scopo della società sia quello che Marx chiamava ideologia, e che in realtà nulla possa scalfire, in USA, la prevalenza WASP - per ragioni storiche: i WASP sono quelli che quel Paese hanno fondato. Per quel che riguarda gli arabi in Israele io sono pessimista perché non li vedo così disposti ad accettare uno Stato ebraico: hanno l'esempio dei drusi e non lo seguono.